I figli della provetta

-Tutto -Tutto A che punto è la più rivoluzionaria esperienza dell'umanità: vivono già 29 bambini concepiti in vitro I figli della provetta zione terapeutica, perché la fecondazione in vitro non richiede che poche decine di migliaia di spermatozoi). Due tecniche principali sono in uso nel mondo, quella di Edwards-Steptoe e quella degli australiani Cari Wood e Alan Trounson, dell'università di Melbourne. La prima tecnica prevede tre tappe: prelievo di un uovo che abbia concluso la maturazione: sua fecondazione a contatto con gli spermatozoi in provetta e coltura dell'embrione durante la primissima parte del suo sviluppo; inserimento dell'embrione nell'utero materno per indurre la gravidanza. Per determinare il grado «ottimale» di maturazione dell'ovocita — uno dei momenti più importanti della terapia — gli inglesi si affidano al test di Gonavis, con ripetute analisi delle urine, fino alla rilevazione del picco naturale della gonadotropina luteinizzante. L'avvento di quel picco predice il momento teorico dell'ovulazione ed è allora che l'ovocita viene prelevato con una sonda inserita nell'addome (la paziente è in anestesia) qualche ora prima che l'ovulazione si manifesti naturalmente. Edwards e Steptoe ritengono che la fase successiva, la breve coltura dell'embrione in vitro, debba avvenire per le ore strettamente necessarie alla costituzione di 12-16 cellule (siamo alle piccolissime dimensioni: un millimetro e anche meno) prima del trasferimento nell'utero materno. Operazione quest'ultima che avviene tramite un sottile, speciale catetere, a paziente sveglia, senza particolari difficoltà d'ordine tecnico. L'esperienza australiana differisce dall'inglese in tre fondamentali operazioni: Wood e Trounson non si affidano all'ovulazione naturale, ma la pilotano con somministrazioni ormonali alla paziente, anche per stimolare la maturazione di più ovociti e moltiplicare cosi la possibilità di colture embrionali; lasciano in coltura l'ovocita per qualche ora prima di metterlo in contatto con gli spermatozoi, accorgimento che faciliterebbe la penetrazione del gamete maschile; eseguono il trasferimento nell'utero materno a tempi ravvicinati anche di embrioni formati da due-quattro cellule. Con l'una o con l'altra tecnica i risultati, in assoluto, non sono eccezionali. Ecco una statistica relativa a 100 pazienti sterili trattate: 62 hanno prodotto degli ovociti, poi messi in contatto con gli spermatozoi in vitro; sono avvenuti 36 concepimenti e altrettanti embrioni hanno cominciato la segmentazione; solo 7 embrioni (su quei 36 trasferiti negli uteri materni) si sono annidati, determinando delle gravidanze, concluse con 4 aborti e 3 nascite normali. Ma le previsioni sono ottimistiche. Con l'affinamento della tecnica di fecondazione in vitro si spera di raggiungere in breve almeno il 30 per cento di successi. Chi lavora in questo settore segnala un dato che dovrebbe essere confortante: non si sono riscontrate anomalie nei figli della provetta tranne una grave cardiopatia in un bimbo nato a Melbourne. Franco Giliberto isegno di Leonardo da Vinci Finora nel mondo si sono ottenute 29 gravidanze portate felicemente a termine: 13 in Gran Bretagna, 12 in Australia. 4 negli Stati Uniti. Però sono oltre diecimila le donne in lista d'attesa (oltre cento in Italia, benché da noi ci si trovi agli esordi del programma di trasferimento d'embrione). Nella maggior parte dei casi si tratta di donne sterili per ostruzione tubarica, endometriosi, ostilità cervicale; oppure infeconde per colpa del partner maschile affetto da oligospermia (in quest'ultimo caso esiste l'indica-

Persone citate: Alan Trounson, Franco Giliberto, Leonardo Da Vinci, Steptoe, Wood

Luoghi citati: Australia, Gran Bretagna, Italia, Melbourne, Stati Uniti