Da New York al Cremlino

Da New York al Cremlino Da New York al Cremlino neggia alla rivoluzione! Secondo il biografo Robert Rosenstone (John Reed rivoluzionario romantico, uscito a New York nel '75, da noi l'anno dopo per gli Editori Riuniti) questa scelta mera profondamente radicata in premesse che egli non riuscì mai a articolare compiutamente: La vita di Reed, scrive Resenstone, è «te storia di un. bambino paurosa che lotta per diventare uomo: E che lotta per capirci qualcosa, nel mondo contraddittorio che lo circonda. E' nato nell'Ovest, fra le foreste e le acque tumultuose dell'Oregon. Lo hanno mandato a studiare all'Est, nei sussiegosi college* della Nuova Inghilterra. Cosi gli tocca paragonare la gente della frontiera, generosa c brutale, con la soffocante ipocrisia del perbenismo puritano di Boston. Naturalmente a Harvard coglie tutto quello che c'è da cogliere, cultura classica, duri allenamenti di football, nuoto, pallanuoto, esperienze letterarie sui periodici universitari, una laurea da festeggiarsi a Parigi, nel pellegrinaggio rituale dell'intellettuale americano alla ricerca delle radici europee. Quando toma in America, il futuro rivoluzionario ha un duplice obiettivo: •Fare un milione di dollari e sposarmi.. C'è di mezzo un'affascinante Madeleine, lasciata in Francia a struggersi d'amore fino a che John non avrà deciso di lasciar perdere. Lui s'è tuffato nella giungla di New York, dove il sospirato milione non gli appare esattamente a portata di mano. Deve infatti accontentarsi dei cinquanta dollari al mese che gli passano come redattore della rivista The American. Compone versi e saggi letterari, è convinto che la poesia redimerà l'America. L'uomo dell'Oregon si è accorto che « siamo una razza romana conquistatrice, volgare e ottusa... abbiamo bandito una crociata contro la sensibilità e la bellezza: Accantonato l'obiettivo milionario, adesso lo spettacolo della corsa al denaro lo offende, cosi come lo turbano la miseria spirituale del businessman, l'individualismo materialistico che pervade l'America. E la grande questione negra. Lui vive naturalmente al Oreenwich Village, centro della bohème newyorkese: e ne scriverà, di questa bohème, in versi e in prosa. Ormai Reed si è reso conto che 11 problema sociale è la vera questione del secolo. E che là poesia non basterà a risolverlo. Dunque si occupa si di poesia, redattore nella rivista radicale The Masses, ria comincia anche a misurarsi con più concrete contingenze. SI schiera con gli operai di un setificio, attaccati dalla polizia durante uno sciopero per le otto ore, viene arrestato e condanna¬ Lenin in un manifesto della rivoluzione russa to. Venti giorni in cella: cosi può scrivere con personale cognizione di causa del problema carcerario, inaugurando una caratteristica estetica del protagonismo. John sta diventando famoso, e lo investono critiche. Ma non tutti hanno argomenti da opporre, al raffinato intellettuale di Harvard che vede nella classe operala la •protagonista delia sto-, ria: Più facile far polemica sul modo di vivere. Quando se ne va in Italia, opite di una bella ereditiera, gli piovono addosso etichette perbeniste: playboy della rivoluzione, ragazzo d'oro del Village. Scrive Lippmann che quest'uomo «gode di esistere». Nel suo destino c'è un paio di appuntamenti con la storia ai quali non mancherà II primo è la rivoluzione messicana: nel '13 un giornale di New York, 11 Metropolitan, incarica 11 ventiseienne giramondo di seguire le imprese di Pancho Villa. Lo accompagna la trepida ereditiera, di cui è ben felice di sbarazzarsi al confine. A Chihuahua incontra Villa: il rude capo della rivoluzione chiacchiera volentieri con questo gringo pieno di fegato, che lo segue nelle campagne e manda a New York, dicono quelli che sanno leggere, ammirevoli corrispondenze di guerra. * ★ Pancho lo chiama chatilo, per via del naso schiacciato, e gli offre impressioni e confidenze per un impareggiabile ritratto. - John Reed, si dirà in seguito, ha dimostrato in Messico che il giornalismo può diventare un'arte-. E come ogni arte, con le sue licenze: i tempi di chiusura del giornale non inducono forse Reed a anticipare la descrizione di certe battaglie? Dall'esperienza del '13 uscirà Messico in fiamme, il secondo per fama fra i libri di Reed. Lui intanto è di nuovo sul fronte interno, in attesa di perfezionare il passaggio dalla Cucaracha aìl'Internazionale. Nel Colorado ci sono i minatori in sciopero, e John si butta nella mischia. Poi lo riceve Wilson alla Casa Bianca. Nel '14 e nel '15, ancora per il Metropolitan, è corrispondente di guerra dall'Europa. Ma questa,, maledizione, non è più la bella guerra messicana, la guerra per la vita e per la terra, la guerra di Villa e Zapata. Sul fronte orientale. Reed s'Imbatte nell'esercito dello zar, descrìve da par suo quell'armata di contadini ignari, •facce forti, attonite e indifferenti, rivolte a Occidente verso ignote battaglie, che si svolgono per ragioni a loro incomprensibili'. Non ne può più, e torna negli States a battersi contro l'entrata in guerra del suo Paese. Quand'ecco che si avvicina il secondo storico appuntamento: si accavallano infatti le tumultuose notizie della rivoluzione russa. Reed non ha dubbi: con la moglie Louise eccolo sulla scena del dramma. Dal settembre del '17 al febbraio del '18 è a Pietrogrado e a Mosca. Vede nell'ottobre l'assalto al Palazzo d'inverno, vive intensamente, con partecipazione profonda, 1 «dieci giorni». Li descriverà in modo magistrale. Il suo libro ha un impianto teatrale: il prologo, il primo atto (l'insurrezione), il secondo atto (il trionfo), l'epìlogo. Ci sono inesattezze, e perfino leggende prese sul

Persone citate: John Reed, Lenin, Lippmann, Pancho Villa, Robert Rosenstone, Zapata