Ultima versione sulla morte di Mussolini: si uccise con il cianuro

Ultima versione sulla morte Ultima versione sulla morte di Mussolini: si uccise con il cianuro FORSE Mussolini e la Petacci non morirono sotto le raffiche del mitra del ragioniere Walter Audisio. alias «colonnello Valerio», ma si tolsero la vita in casa De Maria, con una di quelle fiale di cianuro che alcuni capi nazisti — come Goebbels, Himmler, Goering e lo stesso Hitler (almeno secondo gli storici sovietici) — usarono nei tragici giorni del crollo del Terzo Reich. Il doppio suicidio col veleno è l'inedita e sorprendente ipotesi adombrata da Artieri nella lunga conclusione di questo suo nuovo volume che, per il vero, ci sembra più incentrato sulla biografia del duce che sull'avventura vera e propria di Salò con le sue implicazioni ideologiche, sociali, politiche, militari. A differenza infatti di un altro noto storico, il Mack Smith, che della fine di Mussolini — nella sua recente biografia—non ha voluto neanche accennare (per cui si scorre invano l'indice dei nomi alla ricerca di un Audisio Walter). Artieri analizza accuratamente tutte le altre ipotesi — contestando soprattutto quella di «Valerio» —. quasi che nella spiegazione finale e ultima di quelle due morti vi potesse essere in qualche modo la giustificazione di Salò itessa: dalla tesi di Franco Bandini (Mussolini fucilato come al tirassegno da un Luigi Longo accorso appositamente da Milano a compiere la vendetta maturata fin dai tempi della guerra di Spagna) a quella del Ylanzù: «Il brigatista nero» (1943) francese Pierre Pascal, ex arnese di Vichy, il quale sostiene — sulla base di un discutibile referto d'autopsia — che Mussolini venne massacrato a colpi di bastone e di calcio di mitra. Nel 1978 Artieri aveva concluso la sua Cronaca del Regno d'Italia, opera interessante specie per quanto riguarda la figura di Vittorio Emanuele III (l'autore è forse l'unico giornalista che abbia potuto leggere il brogliaccio del re). Adesso ha deciso di completare la fatica con le «cronache» delle varie repubbliche italiane: e in questo volume, dopo un rapido excursus su quelle sorte prima e durante il regno (Mazzini. Trapani, la «Settimana rossa») affron¬ ta la repubblica di Mussolini. Il progetto è commendevole, naturalmente, perché da anni attendiamo di leggere una storia completa di Salò. Tuttavia, malgrado la puntuale ricerca condotta dall'autore (alcuni documenti, come la testimonianza di Umberto di Savoia su Graziani, sono inediti, mentre altri, pur di archivio, vengono accolti criticamente) il lavoro suscita perplessità: prima di tutto, l'economia dell'opera perché quasi metà del libro è dedicata alla morte di Mussolini, al processo di Verona e alle vicende di una presunta resistenza nel Sud contro gli alleati. In secondo luogo colpisce l'assoluto privilegio dell'autore per le fonti fasciste, comprese le più screditate (Canevari, Silvestri, Spampanato) mentre si ignorano non soltanto Battaglia o i Salvadorì ma anche lo stesso Deakin, fondamentale per i rapporti di politica estera della R.S.I. (e, principalmente, per i suoi documenti del St-Antony's College di Oxford). Infine ci sembra discutibile disegno storico contrapporre a una Italia felix del regno le repubbliche, antiche e vicine, inquinate da quello che l'autore definisce «il malcostume del partitismo nazionale», per cui. senza battere ciglio, mette sullo stesso piano la repubblica democratica dell'Ossola e quella sanguinaria di Salò. Giuseppe May da Giovanni Artieri: Mussolini e l'avventura repubblicana, Mondadori, 660 pagine. 25.000 lire.