«Ecco come siamo riusciti a vincere l'Anonima sarda» di Remo Lugli

«Ecco come siamo riusciti a vincere l'Anonima sarda» A colloquio col giudice che ha istruito il processo di Cagliari «Ecco come siamo riusciti a vincere l'Anonima sarda» Un motivo importante è l'estensione delle agevolazioni per i pentiti del terrorismo a quelli dei sequestri - «Occorrerebbe anche assegnare l'inchiesta sui rapimenti in una regione a un giudice unico», afferma il magistrato Luigi Lombardini DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CAGLIARI — n processo contro la •Superanonima sequestri», in corso alla Corte d'assise di Cagliari rappresenta per la Giustizia un punto d'arrivo: fra i 93 imputati ci sono almeno una ventina di pentiti e ci sono dei latitanti che si sono costituiti, fatti che mai prima d'ora si erano verificati in Sardegna, Perchè questo successo? Lo chiediamo al giudice istruttore dott. Luigi Lombardini, che ha istruito il processo della 'Superanonima» e sta occupandosi di altri sequestri. Lombardini, assieme al Procuratore generale della Repubblica dott. Giuseppe Villa Santa, si è battuto per lungo tempo, affinché le agevolazioni della legge sui pentiti prevista per i terroristi venissero estese ai sequestratori. L'estensione si è ottenuta. «Certo — dice Lombardini — questa è una chiave buona. Ma non è solo per questo che la mia istruttoria di oltre mille pagine è cosi folta di nomi e oggi nelle gabbie della pale- Gelli: ho 2 lettere di Di Bella ROMA — Licio Gelli, dopo le dichiarazioni rese alla commissione inquirente sulla loggia P2 da Franco Di Bella, ha diffuso attraverso uno dei suoi legali, l'aw. Giovanni Aricò, la seguente precisazione: «1) con lettera 23/12/1977 il dott. Di Bella testimoniava al comm. Licio Gelli "riconoscensa e devozione' e dichiarava: «ambirei moltissimo essere ricevuto da lei dopo il 10/1/78». •2) con lettera 20/3/78 nuovamente insisteva per essere ricevuto al punto di a/fermare: 'sarà per me una gioia incontrarla quando lei lo riterrà, compatibilmente con i suoi impegni che so tanto gravosi». 'Risulta quindi documentalmente che le iniziative e le insistenze per qualsiasi contatto e incontro provenivano unicamente dal dott. Di Bella». Ogni contraria affermazione, come qualsivoglia atto di intemperanza, sono quindi parto di fantasia. In ordine poi alla dichiarata disponibilità di massima del dott. Di Bella all'iscrizione a una qualsiasi loggia massonica, si deve ulteriormente smentire l'interessato, il quale ebbe a chiedere espressamente l'iscrizione alla loggia P2. «Le lettere dianzi citate sono a disposizione nello studio del prof. Aricò, stra-aula d'assise ci sono tanti imputati. — Aggiunge: — Fin che si lasciano le scartoffie negli armadi senza le indagini, senza procedere nell'istruttoria, la giustizia non miete successi». Non ha peli sulla lingua. Dice chiaramente che in troppi palazzi di giustizia i magistrati che lavorano sono pochi rispetto al numero dei presenti. Lombardini ha 46 anni, è all'ufficio istruzione di Cagliari dal 1968. Da più di un anno ha l'incarico di giudice supplente anche presso il tribunale di Tempio Pausania e di Oristano. Una condizione di lavoro che lo costringe ' a correre avanti e indietro per l'isola quasi tutti i giorni della settimana e a orari di lavoro impossibili. Ma è anche la condizione da lui sempre auspicata, quella del giudice unico territoriale. «In questo caso — dice — ci sono arrivato occasionalmente, per la disponibilità delle altre due sedi vacanti. Ma in fatto di sequestri di persona la competenza territoriale, diciamo suddivisa per giurisdizione della corte d'appello che grooso modo coincide con le regioni, dovrebbe essere per legge assegnata a un unico giudice. Perchè sono troppe le connessioni, gli intrecci di. combinazioni, le concatenazioni che le bande di sequestratori sono solite realizzare su scala territoriale e solo un giudice unico può riuscire a mettere insieme le tante tessere di questo mosaico». E' un discorso, ammette Lombardini, che vale soprattutto per la Sardegna, ma anche per il Lazio e la Toscana, ad esempio, regioni nelle quali c'è stata una forte emigrazione del banditismo sardo. «Però questa tesi del giudice unico nessuno la vuole sposare, non interessa ai politici: i sequestri non servono dal punto di vista elettorale; e nemmeno, evidentemente, al ministero di Grazia e Giustizia che potrebbe farla sua e proporla come legge». La maggiore obiezione che che viene rivolta alle tesi del giudice unico è, secondo il dott. Lombardini, quella della necessita che il reo sia giudicato dal giudice naturale. «Afa — spiega il magistrato — non si deve travisare il significato di giudice naturale. Il "naturale" non sta per giudice di casa sua, del suo territorio, ma per giudice competente per quel determinato reato. Se facessimo giudicare un sequestratore da un pretore, certo quell'imputato avrebbe moti- vo di lagnarsi. Non è il caso che si verificherebbe per i sequestratori, dei quali si continuerebbe ad occupare un giudice regolarmente competente per materia». L'unica considerazione che si può fare è quella della opportunità di tenere gli imputati in attesa di giudizio in carceri vicine ai luoghi di residenza. «Ma — dice ancora Lombardini — non c'è alcun bisogno di spostarli perchè può essere il giudice che raggiunge le varie sedi della regione per gli interrogatori e tutti gli atti relativi all'istruzione. E non c'è nemmeno necessità di un nuovo ufficio, quindi nessuna spesa in più per l'amministrazione». La validità della legge sui pentiti anche per i sequestratori sta dando i suoi frutti, come si vede. Ma sulla legge si discute ancora, si disserta, ad .esempio, se uno è davvero pentito o se simula. «L'espressione "pentito" non è appropriata — dice il dott. Lombar- dini: —il pentimento è un termine confessionale, non adatto al nostro caso. A noi non deve importare di sapere se c'è stato davvero un pentimento. Per noi quello che conta è che il ravvedimento sia operoso ai fini della giustizia. Che vengano indicati nomi dei complici, basi operative, che si forniscano cioè elementi tali da evitare il compimento di altri reati». Al dott. Lombardini non interessa che un imputato si «penta» per rimorso o per calcolo. « Quello che a me preme è che il giudice possa, grazie a lui, andare avanti nella sua battaglia contro la delinquenza. D'altra parte possiamo stare tranquilli anche sul suo futuro, qualunque sia stato il movente che lo ha spinto a parlare, perché un "pentito' che ha collaborato con la giustizia, domani, se volesse ancora operare nella malavita, quale credito potrebbe trovare fraipossibili complici?». Remo Lugli