I mestatori del Sinai di Giorgio Romano
I mestatori del Sinai OSSERVATORIO I mestatori del Sinai Il governo israeliano ha deciso di vietare l'accesso al Sinai — e in particolare alle località che sono al centro dell'attuale contestazione, Ofira e Yamit — a tutti coloro che non siano in possesso di uno speciale lasciapassare. La decisione, presa venerdì dal ministro della Difesa d'accordo con il capo del governo, intende prevenire nuove iniziative del Movimento contro il ritiro dal Sinai e di analoghe organizzazioni Queste intendevano occupare scuole e case, accelerando quel processo di insediamenti selvaggi che ha conosciuto tanti episodi negli ultimi mesi e che ha visto perfino esponenti dei partiti della coalizione governativa fondare nuove colonie nell'area a Sud di Khan Yunis, occupare abusivamente le case di quei coloni che le avevano già abbandonate, ostacolare gli operai addetti alle demolizioni. E questo senza parlare dei gruppi di pressione che hanno inscenato manifestazioni e indotto gli abitanti ad un braccio di ferro con le autorità, oltre le loro intenzioni. Il gabinetto ha mostrato finora grave debolezza, e gli occupanti abusivi ne sono stati incoraggiati. Lo smantellamento delle infrastrutture (serre, tubazioni, prefabbricati) è stato ritardato, e in alcuni casi compromesso irrimediabilmente con grave danno. Era stato annunciato che coloni e cittadini avrebbero dovuto abbandonare le loro case entro il 30 marzo per consentire nei 25 giorni di aprile lo sgombero ordinato di impianti e installazioni. In realtà invece di un'emigrazione ordinata c'è stata un'immigrazione disordinata e clandestina di estremi¬ sti che ha aggravato le cose e aumentato il perìcolo del caos. L'attuale decisione di impedire nuovi movimenti verso il Sud mediante blocchi stradali e intervento di truppe è stata causata probabilmente dalla notizia che un migliaio di giovani aveva deciso di stabilirsi nei prossimi giorni a Yamit, mentre il Movimento Bene Akiba intendeva trasferirvi le sue scuole, accrescendo il rischio di un conflitto armato. Meno probabile appare la voce che gli egiziani, preoccupati, abbiano chiesto al governo di intervenire. La reazione della destra, e specialmente del Movimento Tehiya (i cui tre deputati si sono da tempo stabiliti a Yamit) è stata durissima: Geulla Cohen ha inviato un telegramma a Begin accusandolo di «aver agito sotto l'influenza dell'isterismo dello sgombero e tirato il primo colpo di fucile della guerra civile», e aggiungendo che questo non impedirà che la resistenza continui. Il premier ha risposto con parole sdegnate. Yuval Neeman ha chiesto al premier di non mettere l'esercito contro la popolazione. Il morale degli abitanti è a terra. La decisione del governo, per quanto tardiva, appare opportuna, e dovrebbe porre fine ai dubbi e alle speculazioni sul ritiro dal Sinai, anche se tra gli attivisti contrari all'abbandono dell'ultima fetta della penisola ci sono deputati e perfino sottosegretari dei partiti governativi, i quali, con la loro presenza, hanno fatto dubitare delle intenzioni del gabinetto. Il governo Begin ha oggi l'occasione di mostrare la sua serietà. Giorgio Romano
Persone citate: Akiba, Begin, Cohen, Khan Yunis, Yuval Neeman
Luoghi citati: Yamit
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