Cagliari, il superpentito racconta le macabre storie dell'Anonima di Remo Lugli

Cagliari, il superpentito racconta le macabre storie dell'Anonima L'udienza dominata ancora dalle confessioni di Gregoriani Cagliari, il superpentito racconta le macabre storie dell'Anonima «A Genova pagammo 5 milioni per le armi, ma nel pacco trovammo solo mattoni e calcinacci» - La deposizione di un altro pentito: «Feci anche fallire un sequestro» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CAGLIARI — .Quando si entra in un giro di sequestri è difficilissimo uscirne — spiega il dottor Antonio Felline. 44 anni, laureato in legge, imputato nei sequestri Locci e Trofia e nel tentativo di sequestro del "polacco" Cassel — ed è pericoloso cercare soluzioni alternative a quelle proposte perché l'alternativa può consistere solo in due pallottole in testa e allora tra il rischio di 30 anni di galera e la certezza di due pallottole, si sceglie il primo: Felline è invitato dal presidente della corte a fare il suo racconto perché Luciano Gregoriani, il •superpentito» che già lunedi ha cominciato la sua lunga rassegna relativa a quasi tutti gli episodi di cui si discute nel processo della superanonima, è in ritardo. Felline sa dimostrare di essere uomo colto, il suo linguaggio sembra da libro stampato e il tono è quello giusto per uno che si deve difendere: gli accenti danno l'immagine del pentimento, del rammarico di essere stato costretto a percorrere questa strada della delinquenza. S'inserisce nella banda quando il bimbo Luca Locci è già stato rapito. Ha occasione di parlare con Mario Ladu che aveva conosciuto anni prima per una vendita (Felline si occupava del commercio di autocarri) e Ladu gli parla di Locci dimostrando di sa perne molto, poi gli presenta Gregoriani. Apprende che hanno difficoltà a riscuotere il riscatto e allora è lui, Felline, che suggerisce di fotografare il bimbo con la Polaroid e di mandare la foto al padre per dimostrare che il figlio è vivo. Ormai è nel giro e c'è attivamente. Propone di sequestrare Antony Hubert Cassel, ricco inglese di origine polacca con villa a Porto Raphael, vicino a Palau. L'idea gli viene ricordando che la sua amica. Elsa Sotgia (una delle due uniche donne di questo processo) anni prima era stata ospite con amici in quella villa. Organizza, studia, ma il progetto non va mai in porto. Felline, sapendosi difendere bene pur nella sua ansia di grande pentito, vanta 11 merito di questo insuccesso. «Sa, presidente, in questo caso, più che un sequestro tentato si dovrebbe parlare di un sequestro pensato. Tutto è andato a monte perché io mi comportavo in modo da non realizzarlo'. Luciano Gregoriani arriva, riprende il suo posto sulla pedana. Ier l'altro ha parlato del sequestro Locci, ora deve continuare con quello di Salvatore -Pupo» Trofia, industriale di Sassari. Il suo discorso non risulta cosi filato e pulito come quello di Felline, ma tuttavia è particolareggiato, con evidente sforzo di precisione. E qui. tra gli altri compagni del sequestro Troffa (gli imputati di questo episodio sono 16) c'è anche Felline, che appare molto attivo e influente più di quanto lui stesso, poco prima, attraverso le sue parole, cercava di far credere d'essere. Dalla narrazione affiora con evidenza il meccanismo della macchina sarda dei sequestri. Un gruppo che deve effettuare il rapimento (e Gregoriani appartiene a questo), un altro che deve custodire l'ostaggio, un terzo che si occupa delle trattative. E tra gli uni e gli altri qualche personaggio resta misterioso, non si fa conoscere, magari si presenta incappucciato non solo per non essere riconosciuto dall'ostaggio, ma anche dai suoi compagni d'azione. Cosi qua e là c'è «quello di Orune» o .quello di OrgosoZo», che poi in questo modo è riuscito a mantenere fuori dalle carte processuali il proprio nome. Un meccanismo che sembra perfetto, ma che tuttavia si muove un po' rozzamente con appuntamenti mancati proprio nel momento cruciale, oppure con una vettura che resta senza benzina mentre si sta trasferendo l'ostaggio. Poi c'è la vicenda genovese delle armi che dà a questi banditi della superanonima lo sberleffo della beffa. Per sequestrare Troffa la banda vuole avere armi nuove, importanti: -Avevamo solo pistole arrugginite e un vecchio fucile... Partono Gregoriani, Felline e la Sotgia. Un primo contatto a Genova li rinvia a Milano. In un ufficio di una ditta che tratta armi si fanno mostrare prospetti di pistole e mitra, ma poi Felline chiede anche un bazooka; «non so perché', commenta Gregoriani. Fatto sta che da parte dei venditori c'è un irrigidimento, rispondono che loro possono cedere soltanto partite di 500 mitra a 60 mila lire l'uno, e si devono ritirare da una nave in acque internazionali. «Non era una cosa per noi'. Escono. L'accompagnatore si dimostra stupito: .Strano — dice — in altre occasioni le hanno vendute regolarmente, anche in pochi pezzi. Devono aver creduto che tu. Gregoriani, sia un questurino'. Il gruppo ripiega nuovamente a Genova. In un bar di via Prè c'è un primo contatto con un ragazzino, il quale offre una pistola. Ma loro vogliono qualcosa di meglio e di più. Si passa a un giovane sui 30 anni e poi a uno di 50. SI, le armi ci sono, basta pagare in contanti. Felline si raccomanda: vuole anche un fucile di alta precisione. Benissimo. Si compila l'elenco delle pistole e del fucile, precisissimo. L'uomo, sui 50 anni, telefona, dà ordine di preparare il pacco. .Andiamo a ritirarlo — racconta Gregoriani —: con una mano prendiamo il pacco, con l'altra allunghiamo 5 milioni e 300 mila lire (messi fuori di tasca da Felline, attingendo dal suo ricavato dalla percentuale per il riciclaggio del riscatto Locci). Raggiungiamo la macchina, apriamo il pacco. Conteneva mattoni e calcinacci. Così l'indomani siamo tornati in Sardegna, sema armi'. Remo Lugli

Luoghi citati: Cagliari, Genova, Milano, Orune, Palau, Sardegna, Sassari