Nel sangue di montanari c'è più piombo che in quello di chi vive nello «smog» di Clemente Granata

Nel sangue di montanari c'è più piombo che in quello di chi vive nello «smog» Sorprendente risultato di un'indagine condotta da un'equipe di studiosi Nel sangue di montanari c'è più piombo che in quello di chi vive nello «smog» Le valli piemontesi di Lanzo e Viù erano state scelte come campioni da contrapporre all'area metropolitana - Accertati valori tra i 28 e i 30 microgrammi (a Torino 21 e 22), inferiori comunque ai livelli di guardia - La cause forse sono genetiche: la piombemia è più elevata nei membri di nuclei familiari che abitano le vallate da alcune generazioni TORINO — C'è un mistero in Val di Viù, che gli scienziati tentano da tempo di decifrare: nel sangue degli abitanti della vallata si notano tracce di piombo più consistenti di quelle che risultano all'esame del sangue degli abitanti di un qualunque altro centro della provincia di Torino e dello stesso capoluogo. Idem per la Val di Lanzo. Colpa dell'acqua? Un tempo, in effetti, c'era una miniera di piombo ed essa potrebbe aver inquinato le falde acquifere. Le analisi però hanno escluso questa possibilità. Colpa del cibo? L'alimentazione a Viù e Lanzo non è diversa da quella di altri centri. Colpa dell'aria? Non sembra che ci siano particolari addebiti da muovere all'inquinamento atmosferico. Viù e Lanzo, anzi, erano state scelte proprio come zone «bianche» da contrapporre all'area metropolitana, dove si presume che la concentrazione di «smog» sia più elevata. Gli esperti ora battono un'altra strada: l'ipotesi genetica. Si è osservato infatti che la presenza di piombo nel sangue, la piombemia, è più elevata nei membri di nuclei familiari dimoranti a Viù e a Lanzo da alcune generazioni. Chi è immigrato ha una piombemia più bassa, anche se risiede nella zona da una ventina d'anni. L'ipotesi genetica comunque è ancora ben lontana dal mostrarsi fondata. Si è imbattuta in questo mistero l'equipe dell'università di Torino (professori Gilli, Corrao e Scursatone), istituto diretto dal prof. Vanini. E' la stessa équipe che per conto del laboratorio della Cee di Ispra lavora al progetto «Ile», il cui scopo è accertare quanta parte del piombo presente nel sangue sia addebitabile al gas di scarico delle auto. E' noto il grido d'allarme lanciato nei giorni scorsi dalla stampa britannica sulla deleteria influenza esercitata dal piombo contenuto nella benzina, soprattutto sulle giovanissime generazioni che sarebbero soggette a gravi neuropatie e addirittura a un ot- tundimento delle facoltà intellettive. Gli scienziati procedono con cautela prima di pronunciarsi in modo definitivo, vogliono compiere accertamenti rigorosi prima di emettere un giudizio sempre difficile e complesso. E a riprova delle complessità che s'incontrano nello spiegare certi fenomeni citano appunto il singolare caso di Viù e Lanzo. Zone collinari e montane, che si presumono impermeabili a certe forme d'inquinamento e i cui abitanti, invece, hanno una piombemia più elevata di quella che si registra nelle congestionate aree urbane. Detto questo, bisogna però precisare che le tracce di piombo nelle due zone citate sono inferiori ai livelli cosiddetti di guardia. E, a maggior ragione, ciò può consolare gli abitanti di Torino. Posto che il livello di guardia per i lavoratori «esposti», svolgenti cioè attività vicino a fonti di piombo, è di 70 microgrammi ogni 100 millilitri di sangue e che per le persone non esposte il livello si colloca a 35 microgrammi ogni 100 millilitri, negli esami compiuti a Lanzo e Viù sono stati accertati valori medi tra i 28 e i 30 microgrammi mentre in quelli compiuti a Torino e in altri centri della provincia i valori hanno oscillato tra i 21 e i 22 microgrammi. Gli esami dell'equipe torinese hanno coperto un periodo che va dal 1977 al 1981 (altri accertamenti ora sono in corso) e sono stati condotti su diverse categorie di soggetti, suddivisi per sesso, età, attività lavorative. La maggior parte dei soggetti risultavano iscritti all'A vis, il che forniva la possibilità di avere a dispo¬ sizione individui sicuramente sani e di sottoporli a controlli. Un'indagine su un campione molto interessante ha poi riguardato 82 aspiranti vigili urbani tenuti sotto controllo per circa un anno e mezzo, vale a dire in un periodo in cui svolgevano le manziohi di segnalatori ai più importanti incroci della rete viaria torinese, luoghi d'intenso traffico automobilistico. L'esame ha messo in rilievo che: 1) non ci sono state nell'arco di tempo considerato particolari variazioni della piombemia (valore medio: 23,5 microgrammi ogni 100 millilitri di sangue); 2) non ci sono state neppure particolari variazioni nell'arco di una giornata in seguito all'esposizione dei vigili al traffico cittadino per circa 7 ore. Gli esperti rilevano: «£' probabile che un'esposizione, seppure protratta nel tempo, in un'atmosfera che non contenga tracce di piombo superiori a 3-5 microgrammi il metro cubo (è il livello massimo di piombo atmosferico accertato a Torino dall'apposito servizio di rilevamento comunale) non sia in grado di determinare incrementi del tasso ematico di piombo analiticamente registrabili. Ciò può far presupporre che l'organismo umano reagisca liberandosi dal tossico assunto per via respiratoria-. Se la situazione di Torino e provincia non presenta segnali d'allarme, ciò non significa che ci si debba accomodare in una sorta di ottimistica e fiduciosa inerzia. E' opportuno dunque vigilare sempre e svolgere un'adeguata opera di prevenzione. Fondamentale, come si diceva, è quantificare l'apporto fornito dai diversi agenti (cibo, aria, acqua) nel determinare il livello di piombo presente nell'organismo. Se l'apporto più rilevante è dato dall'aria, è chiaro che bisogna intervenire sulla benzina riducendo la presenza del piombo come si richiede in Inghilterra. Indicazioni precise potranno venire da una riunione di esperti a Bruxelles i primi di marzo. Clemente Granata

Persone citate: Corrao, Gilli, Scursatone, Vanini