Gromiko: «Con Stalin a Yalta...»

Gromiko: «Con Stalin a Yalta...» ESCE IN ITALIA IL, SUO LIBRO, «AMBASCIATORE NEL MONDO» Gromiko: «Con Stalin a Yalta...» Da venticinque anni ministro degli Esteri di Mosca, spiega la sua politica e racconta la sua vita - Gli incontri con Roosevelt e Churchill - Il rimpianto per Moro - Freddezza verso i «leaders» comunisti italiani Andrei Anatoli Gromiko è ministro degli Esteri dell'Unione Sovietica da un quarto di secolo, n venticinquennale, festeggiato lunedi scorso, è un record assoluto: nessun altro ministro degli Esteri al mondo è restato in carica per un tempo tanto lungo, nello stesso periodo negli Stati Uniti si sono succeduti ad esempio otto ministri diversi, e da noi poi non ne parliamo. E' anche l'occasione della pubblicazione in Italia, editore Napoleone, del suo libro Ambasciatore nel mondo: interventi, discorsi e articoli degli ultimi dieci anni, scelti in modo da 'dare al lettore unidea il più possibile completa della politica estera sovietica e della sua massima aspirazione a mantenere e consolidare la pace*. Magari appassionanti per gli specialisti, ma preceduti da un'autobiografia e da un'introduzione all'edizione italiana che risultano interessanti per tutti. n linguaggio diplomatico, si sa, non è brillante né schietto, quello sovietico lo è ancora meno, e ha un gusto tutto speciale della pomposità e della ripetitività; in più, la traduzione italiana ha un rigido impaccio moscovita. Eppure... rivolgendosi al lettore' italiano, tra l'altro Gromiko ricorda con piacere gli incontri e i colloqui con Saragat, Pettini, Andreotti, Colombo, Fanf ani, Forlani e Spadolini, persino con Medici e Rumor; racconta che i papi Montini e Wojtyla gli hanno fatto («nonostante le differenze esistenti nelle nostre posizioni ideologiche*) buonissima impressione; rievoca con rimpianto Moro, 'rimasto nella mia memoria come uomo di vasta cultura e di grande fascino personale*. Ma verso i leaders comunisti risulta molto più freddo, si limita a un secco: *Più volte mi sono incontrato con Luigi Longo ed Enrico Berlinguer*. L'autobiografia è ovviamente reticente ed eccessivamente sintetica, ma raccontata nello stile d'una riduttiva semplicità più elegante dell'autoesaltazione o autoindulgenza tipiche delle memorie vanesie d'altri diplomatici anche meno rilevanti: figlio di contadini Gromiko, che ha oggi 73 anni, è stato presente alle grandi conferenze-chiave di Teheran, Yalta e Potsdam, ha incontrato tutti i presidenti americani da Roosevelt in poi e tutti i leaders internazionali, ha vissuto tutte le ore ! fiammeggianti dell'ultimo mezzo secolo. Dominante, indimenticata, resta nel ricordi la figura di Stalin. La prima volta che venne da lui convocato, racconta Gromiko: 'Stalin mi chiese tra l'altro in quali rapporti fossi con la lingua inglese. Risposi che mi battevo con essa e poco a poco speravo di vincere, benché lo studio fosse molto complesso specialmente per la mancanza della necessaria pratica colloquiale... Stalin disse: "Potrebbe fare ogni tanto una capatina nelle chiese americane per sentire le prediche dei parroci. Di solito parlano una lingua corretta, hanno una buona dizio¬ ne. Non per nulla, infatti, molti rivoluzionari russi, all'estero, ricorrevano a questo metodo per perfezionare la loro conoscenza d'una lingua straniera". Ricordo di essermi sentito confuso: come mal Stalin, un ateo, raccomandava a me, ugualmente ateo, di visitare chiese straniere? Stavo quasi per chiedere: "Voi, compagno Stalin, avete fatto ricorso a questo metodo?". Ma mi trattenni e non glielo dissi: sapevo die Stalin non parlava lingue straniere e la mia domanda sarebbe stata fuori luogo, ovviamente*. Ovviamente. E se Gromiko ricorda Roosevelt, è ancora Stalin il protagonista crudele dell'aneddoto: 'Alla conferenza di Yalta Roosevelt prese un raffreddore e Stalin, Molotov ed io andammo a fargli visita. Stava riposando nella grande stanza da letto della zarina nel Palazzo di Livadia. Finita la visita, mentre scendevamo la scalinata, Stalin ci disse: "In che cosa quest'uomo è peggiore degli altri? Perché la natura lo ha handicappato?". Naturalmente non alludeva al raffreddore, ma alla poliomielite che aveva dato al presidente la paralisi di entrambe le gambe. In realtà, Stalin nutriva simpatia per Roosevelt*. E nutriva personalmente qualche superstizione. Churchill invece appare un vecchio chiacchierone e furbacchione: -Mi offri del whisky, assaggiò della vodka. MI chiese se mi piaceva Londra. Risposi che mi piaceva, soprattutto in quei giorni, addobbata com'era in occasione dell'imminente incoronazione della regina Elisabetta II... Churchill sorrise con la furbizia che gli era propria e disse: "Si, la città si presenta bene. Noi inglesi pensiamo che sia meglio sostenere grosse spese una volta nella vita dei nostri re o regine, Invece che ogni quattro anni, come fanno gli americani per l'elezione dei loro presidenti". Non nasconderò che questa osservazione spiritosa mi fece impressione*. E la vita privata? Niente, o quasi: 'Nel 1931 ho sposato Lidia Dimitrievna Grinevic, figlia di contadini bielorussi. Abbiamo due figli: Anatoli) è professore di scienze storiche e dirige l'Istituto africano del l'Accademia delle scienze del l'Urss, Emilia è libera docente di scienze storiche. Abbiamo quattro nipoti*. E via, con quella distrazione dai sentimenti e quella vergogna delle passioni umane intese come segni di frivola fragilità che è caratteristica dei politici. Nostalgie? Soltanto una, pare, simpatica e un poco puerile, da personaggio di film o romanzo americano: il rimpianto di non aver potuto imparare a volare, diventare pilota d'aereo, -lo desideravo tanto ma ero ormai troppo vecchio, avevo già venticinque anni*. Il giudizio storico è, in Ambasciatore nel mondo, positivo: nei cinquantanni in diplomazia di Gromiko «il mondo e visibilmente cambiato in meglio*, anche se lui non può dirsi interamente soddisfatto di sé perché guerre, armamenti e oppressioni «non sono ancora diventati, come dice Pushkin, "leggende di un'antichità remota"*. Il bilancio esistenziale e partigiano è ottimista: 'Mattone su mattone: così si costruisce l'edificio d'una pace stabile. E' il compito che ha assorbito tutta la mia vita, e al quale dedicherò tutta la vita che mi resta*. I.t. Roma, 11 ottobre 1970. Gromiko è ricevuto da Moro (G. Neri)