I falò del Salvador di Igor Man

I falò del Salvador I falò del Salvador (Segue dalla l'pagina) La guerriglia è lontana ma i guerriglieri sono vicini. Il 10 febbraio scorso un «commando» ha attaccato con bazooka nel cuore della città, colpendo la centrale delle telecomunicazioni. Da allora è lo stillicidio, notte dopo notte, degli attentati al plastico, eseguiti avendo cura di non far vittime, degli automezzi incendiati. La giunta militare afferma che pressoché quotidianamente l'esercito impegna i guerri- glieri, infliggendo loro gravi perdite. In realtà i soldati, spesso mascherati, compiono vendette a freddo massacrando contadini sospettati di collusione con gli estremisti. Il presidente della giunta, il democristiano Napoleon Duarte, sostiene che sono le squadracce irregolari della destra a compiere gli eccidi: «Noi colpiamo i malfattori e, al tempo stesso, sia pure con discrezione, purghiamo l'esercito». Le atrocità non vengono commesse solo dagli estremisti, come ha detto in un'intervista alla «Welt am Sonntag» il vice di Haig, Walter Stoessel, ma anche dalle forze regolari del governo. (Secondo calcoli ufficiosi, 32 mila persone sarebbero rimaste vittime della guerra civile dall'ottobre del 1979 ad oggi). Un diplomatico americano dice: «Il problema cui ci troviamo di fronte è quello di un governo che combatte una guerra in cui i soldati uccidono i civili mentre i ribelli combattono una guerra in cui uccidono i soldati». / cartelli esortano: «Tu voto: la solucion». Ma stando così le cose possono le elezioni fissate per il 28 marzo risolvere la tragedia del Salvador? Un sondaggio effettuato dalla democrazia cristiana dice che il 12 per cento della popolazione appoggia i guerriglieri. Alcuni diplomatici americani vanno oltre affermando che se le sinistre partecipassero guadagnerebbero dal 25 al 30 per cento dei voti. Certo le sinistre sono state invitate, «con le massime garanzie», a tener comizi ma Cayetano Carpio, il decano della guerriglia in Salvador, replica: «Se fossimo tanto ingenui da presentarci in piazza ci farebbero fuori senza pietà». Molto probabilmente le elezioni si terranno, anche perché i vescovi le hanno approvate. (Ma non tutti i vescovi, lascia capire Duarte, sono per la de). Epperò, come ha dichiarato l'ambasciatore Usa a San Salvador, Hinton, le elezioni non metteranno fine alla tragedia. In ogni caso i guerriglieri sono decisi a sabotarle proponendo come alternativa un negoziato con la de di Duarte. Ma Duarte non può trattare coi ribelli: se lo facesse la destra lo spazzerebbe via. C'è di più: se Duarte vincesse le elezioni, la destra scenderebbe in campo, poiché come afferma Roberto D'Abuisson «non permetteremo mai che il Paese finisca nelle mani dei comunisti». Per gli estremisti di destra salvadoregni, infatti, Duarte è «come un cocomero: verde fuori e rosso dentro». Se, infine, vincessero le destre, allora come dice Jorge Bustamante, presidente della commissione elettorale: «Invece di 3000 ribelli ne avremmo 300 mila e sarebbe il più spaventoso bagno di sangue della nostra storia, la guerra civile alla spagnola». Attendendo le idi di marzo. San Salvador fa carnevale ogni sera. Clubs, bordelli di lusso, ristoranti, discoteche straripano di gente festosa. A questa capitale schizoide si addice, invero, il paragone col 'TitaniC'. Igor Man (Altro servizio a pag. 4)

Luoghi citati: Salvador, San Salvador, Usa