Anonima sarda: i «pentiti» cambiano idea? La banda progettava di rapire l'Aga Khan di Remo Lugli

Anonima sarda: i «pentiti» cambiano idea? La banda progettava di rapire TAga Khan Cagliari: seconda giornata al maxiprocesso, con qualche sorpresa e momenti di tensione Anonima sarda: i «pentiti» cambiano idea? La banda progettava di rapire TAga Khan Una ventina dei 93 imputati aveva reso ampie confessioni in istruttoria - Ora tentennano e il presidente li ammonisce: «Comportatevi da uomini» - Lunedì, forse, l'interrogatorio del superaccusatore Luciano Gregoriani DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE CAGLIARI — Almeno una ventina di imputati, dei 93 della «superanonima sequestri» che vengono giudicati dalla corte d'assise di Cagliari, hanno confessato le loro colpe. E taluni, come Luciano Gregoriani e Giovanni Crudu, hanno indicato i nomi dei complici, rompendo clamorosamente quel muro dell'omertà che è sempre stato per la Sardegna un baluardo insormontabile. I voluminosi fascicoli dell'istruttoria sono pieni di pagine con queste confessioni. Eppure, adesso che si tratta di venire in aula a ripetere le stesse cose già ammesse c'è chi dimostra ritrosia. Nel processo globale i capi d'imputazione sono 98, vanno dal duplice omicidio aggravato al triplice sequestro di persona a scopo di estorsione, dalla detenzione e porto d'armi da guerra al riciclaggio delle banconote dei riscatti, dal favoreggiamento al furto di armi e di autovetture che dovevano servire per i rapimenti. Ci sono episodi principali come i due omicidi, gli otto sequestri di persona e i tre tentativi di rapimento per ognuno dei quali sono indicati un certo numero di responsabili. Taluni nomi compaiono in uno o due elenchi, altri sono presenti in quasi tutti. Lo specchio di questi nomi può dare un'idea della maggiore o minore vocazione criminale di ognuno, della maggiore o minore assiduità delinquenziale. Al sequestro di Luca Locci, ad esempio, avevano partecipato in dodici, a quello di Giampiero Arba in sei, al sequestro e all'omicidio dell'ingegner Giancarlo Bussi in nove; e questi nove sarebbero anche responsabili dell'uccisione del pastore Severino Piliu. probabile testimone del rapimento dell'ingegnere. Del sequestro di Pasqualba Rosas devono rispondere in quattordici; quindici per quello di Pupo Troffa; solo due per i tre Schild e tredici per i fratelli Casana. Prima di incominciare ad affrontare gli episodi fondamentali, il presidente della corte. Mauro Floris, vuole sbarazzarsi di reati e fatti minori. Si comincia cosi da un furto d'armi in vista di parecchi rapimenti compiuto — secondo l'accusa — da sei imputati, Antonio Soru, Lussorio Angioni, Roberto Fenudi, Salvatore Fais, Antonio e Francesco Porcu, neìla notte tra il 9 e il 10 maggio '76 a Paulilatino. La meraviglia nasce invece quando il presidente, approfittando della presenza di questi imputati davanti a lui, gU chiede di parlare, seppure sommariamente, anche dei fatti più importanti sui quali qualcuno di loro ha già dato ampia confessione. E qui ognuno si ritrae, si chiude, rinvia il momento: «JVe parleremo quando si tratterà di quell'episodio». Salvatore Fais, 26 anni, custode di Marina Casana, che aveva ingannato il tempo abbandonandosi a raccontarle la propria vita e fornendole cosi elementi che erano poi risultati preziosi per la sua individuazione, chiarisce il perché di questa ritrosia: «JVon vorrei che qualche giornalista, con la sua perspicacia, scriva che sono stato io il primo a parlare». Ecco dunque il grosso problema di questa gente: in carcere, davanti al giudice istrut¬ tore e al p.m., è riuscita a superare lo sbarramento dell'omertà, ma adesso, in aula, di fronte a tucti gli altri tra cui, quindi, anche i «duri», fatica a trovare il coraggio per continuare a percorrere questa strada. Per ora l'incitamento del presidente, «è questione di carattere, di essere o non essere uomini», è rimasto inascoltato. Si vedrà più avanti. Lunedi forse inizierà l'interrogatorio di Luciano Gregoriani, il super accusatore soprannominato «gola profonda» per tutto quello che finora ha raccontato sui maggiori sequestri. E' a piede libero, per motivi di salute. Pare che sia rimasto negli ultimi | mesi sul Lago di Como, protetto dalla polizia. Si è presentato ieri l'altro all'apertura del processo, in disparte, in mezzo ai carabinieri. Ieri non era più presente. Gregoriani non solo ha raccontato tutto quello che sapeva sui fatti accaduti, ma anche sui programmi dell'Anonima, come del resto Giovanni Crudu. Nella relazione introduttiva del giudice Lombardini, si racconta di progetti ambiziosi, che prevedevano, tra gli altri, i sequestri di Agnelli, di Rovelli e dell'Aga Khan. «Tutto questo, si badi bene — scrive Lombardini —, non sulla base di vane chiacchiere e di velleitari propositi, ma da parte di persone che di sequestri ne hanno fatti parecchi e con preparativi talvolta avansati». Per il rapimento Agnelli avevano studiato la sua villa a Porto Rotondo, per Rovelli avevano progettato di usare un'auto falsa della polizia, per il principe Karim, l'Aga Khan, avevano previsto di sequestrare prima l'avv. Paolo Riccardi, presidente dell'Alisarda e segretario del Consorzio della Costa Smeralda. Attraverso questo sequestro erano convinti di riuscire a conoscere tutte le informazioni che avrebbero poi consentito loro di porre a segno il rapimento più importante, del principe, cui miravano. La «superanonima», comunque, aveva già studiato ed applicato talune tecniche delle bierre, come l'uso delle macchine fotografiche Polaroid. Per la cronaca di ieri, c'è da registrare una chiassosa protesta dei detenuti contro il trattamento loro riservato nel carcere cagliaritano di Buoncammino: perquisizioni lunghe, con denudazione completa, vitto cattivo, sporcizia, celle piccole con sei persone su una superficie di quattro metri per quattro. Il presidente ha assicurato il proprio interessamento, sebbene, ha precisato, sia un argomento al di fuori delle sue competenze. Remo Lugli

Luoghi citati: Cagliari, Como, Paulilatino, Sardegna