Industrie e banche francesi con «uomini di Mitterrand»

Industrie e banche francesi con «uomini di Mitterrand» Nazionalizzazioni, fatto compiuto dopo otto mesi Industrie e banche francesi con «uomini di Mitterrand» Ieri decise le nomine per cinque gruppi e 18 istituti di credito passati sotto il controllo dello Stato - Ma il criterio di scelta dei nuovi «patrons» è stato quello dell'efficienza manageriale DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI — Il governo della sinistra ha suggellato ieri il lungo processo delle nazionalizzazioni, concludendo dopo otto mesi di battaglie politiche e giuridiche una delle principali riforme di struttura della presidenza mitterrandiana. Dopo la scontata approvazione la scorsa settimana da parte del consiglio costituzionale della legge-bis sulle nazionalizzazioni, ieri il consiglio dei ministri presieduto da Mitterrand ha nominato infatti i nuovi responsabili dei cinque grandi gruppi industriali (Puk, Saint-Gobain, Rhone-Poulenc, Cge, Thomson-Brandt), delle due compagnie finanziarie (Paribas e Suez) e delle 18 banche principali passate sotto il controllo statale. La nomina di questa trentina di personaggi chiave nel mondo dell'industria e della finanza rappresenta per la Francia un «terremoto», il maggior movimento di alti responsabili mai avvenuto nella storia della Quinta Repubblica, anche se fondamentalmente le scelte dell'Eliseo non hanno provocato grosse sorprese. Soltanto due patrons sono sopravvissuti al cambio della guardia all'Eliseo (Gandoix alla Rhòne-Poulenc e Fauroux alla Saint-Gobain); tutti gli altri sono stati mutati in ossequio al principio del «cambiamento». Molti poi, al potere da diversi anni, non nascondevano le loro simpatie golliste o giscardiane, come ad esempio Ambroise Roux (ex presidente della Cge), che era stato consigliere di Pompidou, e i finanzieri Claude-Pierre Brossolette e Jacques Calvet, amici personali di Giscard d'Estaing. Ma questo processo, che per i critici del governo ha assunto aspetti di «caccia alle streghe», è stato attuato in realtà con una certa prudenza, perché non si improvvisa un grande manager dell'industria o un finanziere, e il governo socialista non può rischiare di mettere alla testa dei nuovi gruppi nazionalizzati militanti politici sprovvisti d'esperienza. L'unico patron iscritto al partito socialista e cofondatore della sua corrente di sinistra (il Ceres) a essere incluso nell'elenco è stato Alain Gomez, «promosso» alla direzione della Thomson-Brandt. E anche se il panorama globale registra un'età media più giovanile e presenta tre donne-manaoer, tutti i nuovi dirigenti sono generalmente usciti dall'alta burocrazia, dall'industria, dai ministeri e dalle banche. E' finito, comunque, il regno degli allievi dell'Ecote polytechnique, degli ispettori del mini- stero delle Finanze (come era j anche Giscard d'Estaing) che per lustri avevano costituito la riserva ideale del potere. E in definitiva l'unica designazione di sapore «politico» destinata a far discutere è quella del comunista Valbon, nominato direttore dei «Cftarbonnages'. Dai nuovi dirigenti, il presidente Mitterrand ha fatto un marcato elogio, sottolineandone le capacità personali. Ma soprattutto il capo dello Stato ha colto l'occasione per precisare una volta di più quello che deve essere il ruolo delle nazionalizzate: 'Non appendici dell'amministrazione pubblica, ma imprese con un'autonomia di decisione e d'azione che sarà totale'. Insomma, nelle intenzioni del governo, i gruppi industriali e le banche nazionalizzate non devono trasformarsi in «carrozzoni» statali ma, seguendo l'esempio del dinamismo imprenditoriale della Renault, dovranno essere rette con i criteri di produttività delle imprese private, senza trascurare però gli imperativi di progresso sociale d'una azienda pubblica. E' una difficile «scommessa» cui la Francia socialista affida gran parte delle sue chances di successo. Dopo la prima ondata di nazionalizzazioni del «Fronte popolare» di Leon Blum nel '36 (armamenti e ferrovie) e la seconda raffica dell'immediato dopoguerra (Renault, energia, trasporti aerei, assicurazioni, qualche banca, una parte dell'industria aeronautica), lo Stato controlla adesso, dopo la nuova estensione voluta da Mitterrand, 3500 imprese e quasi un milione di lavoratori. In cifre, questo significa che lo Stato controlla il 75 per cento dei crediti e dei depositi e un terzo del fatturato industriale, che i gruppi nazionalizzati realizzano oggi un quarto delle esportazioni francesi. Paolo Pati-uno

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