Divulgare è dire no

Divulgare è dire no MASS-MEDIA E RISPETTO DEL PUBBLICO Divulgare è dire no Si è aperto ieri a palazzo Marino di Milano un convegno su mezzi, tecniche, principi e linguaggio della divulgazione. Vi partecipano giornalisti, docenti universitari ed esperti del settore. Presidente del convegno, che si chiuderà oggi, è Valentino Bompiani di cui pubblichiamo un intervento. «Che bisogno c'è della divulgazione?». La risposta naturale sarebbe: «Perché di divulgazione si vive o si muore». Noi nuotiamo in quell'acqua: dai disegni nelle caverne ai giornali, alla radio, alla televisione, al cinema, ai libri, ai fumetti, agli affreschi, alle mostre, fiere e musei, dai dischi ai comizi, all'etichetta, agli slogare, alla pubblicità, ai supermercati, ai nomi delle strade, fino ai semafori quale emblema del potere, tutto è divulgazione. Immaginate una giornata senza voci e senza segni: non sapremmo più se l'Infinito sta a destra o a sinistra. il sapere esclusivo, esoterico che per secoli è stato la base del Potere, adesso è frantumato dalla divulgazione: senza di essa, l'arroganza del Potere crescerebbe. Ma è sicuro che crescerebbe o forse no? La divulgazione è un campo minato. Su quel campo splendono le messi e le speranze del futuro, ma l'esperienza ci insegna a diffidare, diciamo meglio a distinguere. Viviamo in tempi didattici come non mai. Giorno per giorno, ora per ora siamo guidati nelle scelte, nelle opinioni e perfino nei desideri dalle informazioni pre-elaborate. Nei suoi vari modi e aspetti, la divulgazione agevola la vita, ma può condizionarla fino alla manipolazione. Nei nuovi mezzi tecnici che moltiplicano l'estensione e l'incidenza del fenomeno, predomina l'insegnamento orale. Come è stato detto da eminenti studiosi, siamo in mezzo a una rivoluzione più profonda e più vasta della invenzione della stampa. Allora si rimase nel campo di una cultura alfabetica, cioè della comunicazione affidata a segni, diciamo cosi, «eguali per tutti», che esprimevano concetti da leggere col tempo e lo spazio mentale per valutarli. Oggi l'acculturazione si rivolge non più a una élite capace di giudicare e di scegliere secondo se stessa, ma indiscriminatamente alla massa, che la riceve passivamente, perché non ha né l'abitudine né il tempo per la riflessione. ★ * In uno dei suoi ultimi saggi, il grande studioso della società di massa, David Riesman. scriveva: «Tutte le civiltà sono cresciute attraverso il lento passaggio da una fase di comunicazione orale a una fase di comunicazione scritta. La comunicazione orale favoriva un rapporto a senso unico anche quando era fondata sulla illuminazione del profeta e dello stregone. Con la parola scritta interviene la distanza, il ripensamento, il corpo a corpo coi concetti, l'assenso o il rifiuto dato a mente serena». Uno dei motivi di trauma e di crisi delle civiltà in via di sviluppo è dato proprio dal rapido passaggio che si è attuato presso quei popoli, da una fase di comunicazione orale alla fase post-analfabetica delle comunicazioni audio-visuali portata dai grandi mezzi di massa. Ove manchi la parola scritta, immense comunità passano dal consenso dato a una voce o a una immagine vicina, al consenso dato a una voce o a una immagine lontana. E" vero che si sono avute grandi civiltà umanistiche di sola tradizione orale, ma la differenza tra voce vicina e voce lontana è fondamentale. La voce lontana ha una carica miracolistica che può facilmente generare conformismo, servilismo e superstizione. La nostra civiltà arrivata alle comunicazioni audio-visuali attraverso quattro secoli di civiltà del libro, sempre di più è fatta su quelle suggestioni, che si sostituiscono alla funzione imprescindibile della pagina stampata. Scrive Marcuse: «L'apparato produttivo tende a diventare totalitario nella misura in cui determina non soltanto le occupazioni, le abilità o gli atteggiamenti socialmente richiesti, ma anche i bisogni e le aspettative individuali». Per quanto riguarda il campo delle scienze, il discorso sulla divulgazione può limitarsi ai modi, alle tecniche e ai problemi relativi al bene che si vuole rendere accessibile ai più. Ma per tutta l'altra divulgazione generica, indiretta che in pratica, e sotto varie forme, provoca i comportamenti individuali e collettivi, la pre-determinazione del fine che ci si propone, passa in prima linea. La massa, si dice, non ha volto, ma non è vero: la massa ha il volto della coscienza di chi ad essa si rivolge. Che vuol dire «coscienza»? Vuol dire il rispetto della persona e del suo libero pensiero. Per dirlo con le perfette parole del presidente Pertini, il «rispetto della dignità dei destinatari». I tanti «spiegoni» che ogni giorno ci insegnano come si fa a vivere, quale spazio, quale possibilità lasciano a chi ascolta di «pensarci su»? Secondo la nota tesi di MacLuhan, nei mass media «il mezzo è il messaggio» perché arriva da lontano come la voce di uno stregone esiliato. L'ascoltatore sprovveduto, alla fine della giornata che fa? Si sveglia di notte per riflettere? Al più scrolla le spalle, il giorno dopo un po' meno e alla fine si abbandona, accettando supinamente. La divulgazione comincia dal rispetto di quella «stanchezza», come fa la pagina stampata che lascia tempo e libertà. Tanto più lo fa, quando sia una fonte di smentita e di obiezione. Con crescente urgenza spetta alla divulgazione il compito di dire di no, per risvegliare il giudizio individuale, tenendo vivo il discorso dell'uomo con se stesso. L'obiezione è un suono più alto ed ha perciò maggiori possibilità di essere udito. E' ovvio che l'obiezione può essere sbagliata, ma il correttivo a questo rischio sta nel fatto che tante obiezioni in contrasto le une con le altre rendono improbabile che prevalga l'errore. In ogni caso noi conosciamo la funzione formale, metodica e provocatoria di un atteggiamento critico selettivo. Mentre sociologi, filosofi e artisti denunciano l'invasione e la prevaricazione di quei mezzi che livellano i cervelli, il libro appare come l'estrema difesa della vita intellettiva. La sua incidenza, ahimé! è tuttavia scarsa, quale, per raffigurarla con una immagine, la voce dell'arpa in una orchestra. Nelle ventiquattr'ore filate i grandi mezzi di massa ci perseguitano e ci stordiscono. L'esaltazione del godereccio e del provvisorio fa da sottofondo a «spettacoli» di violenza e di disonestà col solo miraggio del denaro. Non basta: non abbiamo più una lingua comune di cui servirsi. Non mi riferisco ai dialetti ma ai vari tipi di gergo in uso. I tossici che inquinano il linguaggio li conosciamo: la retorica populista e la consorteria, due mali antichi che hanno raggiunto la perfezione tecnologica. La mistificazione sistematica del linguaggio è tale che ascoltando alla radio e alla televisione un discorso o un dialogo, per capire che cosa significa dobbiamo sapere chi è che parla e da che parte sta. Dopo, dobbiamo farne la traduzione col «Dizionario degli interessi particulari». Si sa che nel tempo le parole si distorcono, caricandosi di significati impropri o ambigui, ma qui si accenna all'uso che ne viene fatto, diciamo così, «strizzando l'occhio». Quegli avverbi usati come schermi o scappatoie, quando non come alibi; quegli aggettivi a tutto fare; tutto mezzo detto e mezzo no. L'uso improprio delle parole è vicino all'uso improprio del pubblico denaro. La divulgazione è anzitutto onestà del linguaggio. Come si fa a non preoccuparsi, parlando di attività divulgativa, di questa realtà e non combatterla? Sapienti di tutto il mondo unitevi*., per fare delle masse la somma di persone libere e civili. Se la divulgazione è soltanto piena di intenzioni culturali, di tecnica, di uffici studi, si dissolve nella figura anonima del moltiplicatore, destinato ad essere sopraffatto dal cattivo uso che la massa può fare di quanto le viene offerto. Solo le parole autentiche spettano alla misura dell'uomo, alla sua dimensione interiore che è grande quanto lo spazio tra il diabolico e il divino. Valentino Bompiani Me Luhan visto da Levine (Copyright N.Y. Revlew of Boote. Opera Mundi e per l'Italia .La Stampa).

Persone citate: David Riesman, Levine, Marcuse, Mass, Pertini, Valentino Bompiani

Luoghi citati: Italia, Milano