Madrid, al limite di rottura il dialogo tra Est e Ovest di Paolo Garimberti

Madrid, al limite di rottura il dialogo tra Est e Ovest Scongiurato in extremis il fallimento della Conferenza Madrid, al limite di rottura il dialogo tra Est e Ovest Il presidente di turno, polacco, ha tolto la parola ad alcuni ministri occidentali dopo un durissimo discorso di Haig sulla repressione in Polonia - Il segretario di Stato abbandona l'aula - La riunione è poi ripresa, ma la tensione è molto forte DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE MADRID — La Conferenza di Madrid è sopravvissuta ieri ai contraccolpi dei fatti polacchi, ma 11 suo fallimento, che significherebbe il ritorno ufficiale alla «guerra fredda», non è ancora scongiurato, bensì soltanto allontanato nel tempo. L'Occidente, diviso fino alla vigilia, ha trovato una precaria unita attorno al vecchio principio di «aspettare e vedere» ; ma le divergenze potrebbero esplodere non appena si tratterà di decidere, qui a Madrid, o altrove, con quali sanzioni diplomatiche occorre rispondere alla repressione in Polonia. La crisi, che sarebbe stata letale per la Conferenza di Madrid e per l'intero processo distensivo apertosi sette anni fa con la firma degli accordi di Helsinki, è stata evitata all'ultimissimo momento (mancavano quindici minuti alle undici, l'ora fissata per l'apertura dei lavori) perché l'« imputato» polacco ha accettato di farsi processare. Ma poi ha usato con arroganza i suoi poteri di presidente di turno per sospendere il processo quando ne ha avuto abbastanza, togliendo la parola ad alcuni ministri occidentali. Il segretario di Stato americano Haig ha abbandonato l'aula per protesta e ha accusato i polacchi di «essersi ulteriormente discreditati, confermando il loro dispresso per gli accordi di Helsinki: Il ministro degli Esteri italiano Colombo ha parlato di 'grossolano errore politico e diplomatico dei polacchi e dei sovietici*. Le prospettive di Madrid e della distensione sono fosche. La conferenza, dopo la sospensione di ieri, è tornata a navigare nelle secche delle dispute procedurali, dove si era già incagliata prima di Natale. Ma ci sono alcuni ministri degli Esteri occidentali, tra i quali il francese Cheysson, che devono ancora parlare e non si sa se potranno farlo prima di venerdì, ammesso che intendano restare qui a Madrid o tornarvi tra due giorni. I Paesi della Nato, sia pure con sfumature diverse, hanno deciso che, nei giorni e nelle settimane a venire, continueranno a denunciare la repressione in Polonia in tutti i loro interventi, senza discutere altri argomenti che vengano eventualmente posti all'ordine del giorno, almeno finché la situazione a Varsavia non tornerà alla normalità. Ma quanto potrà durare questo sfibrante esercizio oratorio contro formidabili incassatori quali si sono confermati anche ieri sovietici e polacchi? E, soprattutto, che risultati concreti potrà dare? Questi sono gli interrogativi rimasti senza risposta ieri sera, al termine di una giornata convulsa e drammatica, nella quale la Conferenza madritena ha davvero rischiato di chiudersi prima ancora di cominciare. Il delegato polacco, infatti, aveva ripetuto per tutta la notte della vigilia e nelle prime ore della mattinata che, in base agli accordi presi prima della pausa natalizia, avrebbe chiuso la seduta alle 13,30, dedicando il pomeriggio a 'Contatti informali'. Ma nella lista degli oratori erano iscritti una quindicina di ministri degli Esteri occidentali: in due ore era impossibile che esaurissero i loro interventi. E i Paesi della Nato affermavano che, in base al «libro blu» delle procedure concordato a Helsinki, nessun presidente di turno può sospendere una seduta prima che tutti gli iscritti abbiano parlato. Alla fine il polacco ha ceduto a patto di inserire se stesso nella lista degli oratori al quarto posto (prima degli Stati Uniti) ed inserire il sovietico Ilicev al settimo posto, subito dopo l'Italia. E' cominciato cosi uno dei più violenti combattimenti verbali che la storia della diplomazia ricordi, nel quale si sono particolarmente distinti da una parte Haig e il canadese Mac Guigan, e dall'altro lato il sovietico Ilicev, il quale, avendo negoziato per dieci anni con i cinesi senza accordarsi neppure su una virgola, si è fatto una fama di 'negoziatore di granito» e di «muro di gomma». Al canadese, che, dopo aver denunciato l'intervento sovietico in Afghanistan, la sistematica violazione dei diritti civili, Vtantisemitismo di Stato» in Urss e la repressione in Polonia, aveva concluso affermando che fare nuovi accordi quando non sono rispettati i vecchi è come 'Costruire sulle sabbie mobili», ha fatto eco Haig elencando puntigliosamente tutti i prìncipi degli accordi di Helsinki violati in questi mesi in Polonia (non meno di sei), accusando i generali polacchi di avere agito •sotto l'istigasione e la coercizione dell'Unione Sovietica», per concludere: 'Ignorare questi fatti equivarrebbe a trasformare questa conferenza in una farsa (...), negoziare come se niente fosse, discutere nuove intese sarebbe come condonare le grossolane violazioni dell'Atto finale che avvengono in Polonia». Il polacco prima ed il sovietico poi hanno completamente rovesciato le accuse con incredibile arroganza. Il polacco ha accusato gli occidentali di interferire negli affari interni del suo Paese sotto l'or¬ chestrazione degli Stati Uniti ed ha affermato che il caso polacco è il primo esempio di un tentativo di smantellare l'ordine europeo basato sulle intese di Yalta e di Potsdam e avallato dagli accordi di Helsinki. Il sovietico ha rincarato la dose affermando che gli americani non possono dare lezioni ad alcuno visto che sostengono 'dittature in America Latina, regimi fascisti in Sud Africa e incrementano ogni anno la produsione di armi chimiche». La posizione degli europei occidentali, almeno quelli che sono riusciti a parlare (il belga Tindemans, quale presidente di turno della Cee, l'italiano Colombo e il tedesco Genscher), è stata altrettanto dura che quella di Haig nel denunciare la repressione in Polonia e la complicità sovietica, ma più dialettica circa gli sviluppi della Conferenza di Madrid. Colombo ha detto che gli europei intendono 'proseguire il negosiato e portarlo a positive conclusioni, nonostante le avversità della congiuntura», senza tuttavia «mai avallare interpretazioni speciose ed artificiose dell'Atto finale, che possano ricondurne l'alto significato ad una semplice ratifica del diritto del più forte ad imporre a popoli e Paesi d'Europa anacronistici modelli politici in patente contraddizione con le loro libere scelte». In pratica ciò significa che gli occidentali vogliono evitare una rottura traumatica della Conferenza di Madrid: attendono di vedere come si evolverà la situazione in Polonia e poi decideranno che fare. A questa impostazione si è adeguato anche Haig, e, in una conferenza stampa, ha detto: 'Restiamo qui per esprimere la nostra preoccupazione per la situazione in Polonia. Vedremo come reagiranno polacchi e sovietici. Ci vorranno giorni, forse settimane». La verifica, per gli occidentali, arriverà con la prima riunione della Nato: a quel momento il fragile compromesso di ieri, tra le pressioni americane e le resistenze europee, potrebbe anche franare. Paolo Garimberti

Persone citate: Haig