«Ma i soldati restano nelle fabbriche» di Bernardo Valli

«Ma i soldati restano nelle fabbriche» PER LA PRIMA VOLTA PARLA IL CAPITANO GORNICKI, CONSIGLIERE DI JARUZELSKI «Ma i soldati restano nelle fabbriche» Per quanto tempo? «E' difficile dirlo» - «Nessuna opposizione al fatto che i sindacati abbiano insegne consacrate alla Chiesa» - «Però la presenza dei militari in alcune aziende, e anzitutto nell'amministrazione statale, è ancora necessaria» «Per attuare l'indispensabile rinnovamento del Paese qualche volta bisogna accordarsi con i metodi brutali» - «Nel pas sato la Polonia ha perduto la sua indipendenza per eccessiva democrazia» - «La nostra società è portata all'anarchia» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE VARSAVIA — Il capitano Wieslaw Gornicki è consigliere del generale Jaruzelski. E' stato uno dei primi personaggi a emergere, il 13 dicembre, appena dichiarato lo «stato di guerra». Siamo in un edificio che si affaccia sulla Piazza della Vittoria, coperta di neve, un tempo teatro di manifestazioni e ora deserta. — Capitano Gornicki, ho l'impressione che siate drammaticamente isolati, circa due mesi dopo il colpo militare del 13 dicembre. «Chi è isolato?». — Voi, il governo, il regime. Cercate interlocutori rappresentativi e non li trovate, cercate di stabilire rapporti con la società e stentate ad averne. «E' un'impressione infondala. Certo, l'abisso tra gli estremisti, non solo di Solidarietà ma della società, e il governo si è ovviamente approfondito. E non vedo la possibilità che questo abissò venga colmato». Come Budapest — Quelli che lei chiama estremisti di Solidarietà rappresentavano un'ampia parte della società. «E' un equivoco. Solidarietà non contava dieci milioni ma otto milioni di aderenti. E nella sua maggioranza non era un movimento estremista. Per capire la situazione bisogna tener conto di due elementi. Primo: la Polonia è e rimane la Polonia. Come l'Ungheria dopo il '56 e la Germania Orientale dopo il '61 (n.d.r.: dopo la crisi del muro di Berlino), dobbiamo riprendere la vita. Al di là delle divergenze d'opinione tutti i polacchi devono far funzionare il Paese. Secondo: in Polonia come altrove c'è una maggioranza silenziosa, ce n'era una anche all'interno di Solidarietà. Non bisogna far confusione tra un operaio che voleva difendere i propri interessi e influenzare la politica economica del governo, e coloro che si nascondevano dietro il sindacato per svolgere un'attività antisocialista, contro lo Stato». — Senta capitano, avevate tutta la classe operaia contro, e lei mi parla della maggioranza silenziosa. «Lei che mi interroga per conto di un giornale stampato in una zona industriale, dove si ragiona in modo razionale, dovrebbe capirmi. In pratica il Paese aveva smesso di funzionare. In undici mesi, l'anno scorso, abbiamo avuto duemilacinquecento scioperi. Ed erano scioperi assurdi, che nessuno in Occidente potrebbe capire». — Di scioperi nel mio Paese, capitano, ce ne sono molti. Non per questo sono state fatte uscire le autoblindo. «Le cito un esempio. A Lubogora un autista ha litigato col direttore e tutta l'azienda agri- cola e poi anche il centro industriale sono rimasti paralizzati. Potrei farle altre centinaia di esempi, di scioperi inutili che sfuggivano al controllo di Solidarietà, della Chiesa e del governo». — La realtà, ripeto, è che avevate tutta la classe operaia contro, la protesta è nata nelle fabbriche. Pei un regime che si dichiara socialista pone qualche problema. Non è cosi? «Questa è un'esagerazione. La classe operaia non voleva ritornare alle strutture economiche'di prima della guerra, alla proprietà privata ». — Vuol dire che non contestava il sistema socialista, ma il modo in cui veniva applicato. Perché allora reprimerlo? «Non bisogna tirare conclusioni ideologiche sbrigative. Un sistema simile funziona bene in Ungheria e nella Germania Orientale, e anche qui ha funzionato bene negli anni scorsi. Gli errori della direzione del partito, commessi nel mezzo degli Anni Settanta, hanno condotto alla crisi. La rivolta della classe operaia, come ha detto il generale Jaruzelski, non era contro il socialismo: non ha deluso il socialismo ma la mancanza di socialismo. Nei primi quindici anni una pianificazione forte ha consentito la ricostruzione del Paese e la prima fase dell'industrializzazione». — Nei primi quindici anni avete avuto Poznan. Si è sparato sugli operai, come più tardi nel'70enell'81. «Per me Poznan è stata l'unica vera rivolta operaia dopo la guerra. Come negli altri Paesi socialisti c'è stata una rivolta contro lo stalinismo. E a questo punto devo dire che mi stupisce molto la posizione presa dai comunisti italiani, i quali dicono che in Polonia ha deluso il sistema socialista sovietico. Dal '56 in poi da noi non è stato realizzato un modello di quel tipo. Le caratteristiche polacche sono evidenti: la proprietà privata nell'agricoltura, la politica culturale, la libertà di viaggiare all'estero, i conti correnti in valuta estera autorizzati, i rapporti con la Chiesa, insomma una vita sociale adeguata alle specificità nazionali». — Non faccio parte del partito comunista italiano, ma penso che i comunisti italiani siano stati colpiti tra l'altro dal fatto che siete periodicamente costretti a sparare sugli operai. «E' un argomento... che ci porterebbe troppo lontano nella discussione. Negli Stati Uniti, in cinque anni, sono state promosse tremila azioni poliziesche, in cui hanno perduto la vita quasi trecento persone e più di centomila sono finite in carcere. Da questo dobbiamo trarre la conclusione che la democrazia americana non è valida? Gli avvenimenti polacchi sono una tragedia. Nessuno lo nega. Ma trarre conclusioni generiche ci porterebbe a trascurare la specificità polacca. Vorrei ricordarle che nel passato la Polonia ha perduto la sua indipendenza per eccessiva democrazia non per mancanza di democrazia. La nostra società è portata all'anarchia». — E' per curarla dall'indige¬ stione di democrazia che l'esèrcito è intervenuto? «Nell'ottobre e nel novembre scorso ho partecipato agli incontri con i rappresentanti delle banche occidentali che vantano crediti nei confronti della Polonia. Erano preoccupati per i loro soldi. Tutti senza eccezione chiedevano: "Quando riporterete l'ordine nel Paese?". Ho chiesto: "Come?". Hanno risposto: "E' affar vostro"». Una sconfitta — E' anche per questo che avete applicato lo «stato di guerra»? «Non si può valutare la situazione in Polonia senza tener conto che il reddito nazionale è diminuito del 13 per cento. Un record del ventesimo secolo. La grande crisi del '29 ha ridotto del 9 per cento il reddito americano. Spero che gli occidentali capiscano perchè chiamiamo la applicazione dello stato di guerra una sconfìtta. Lo è. Ho partecipato a tutte le trattative con Solidarietà fino dal febbraio scorso, come consigliere del governo, e so molto bene che fino all'ultimo momento il governo ha fatto il possibile per includere Solidarietà nel sistema al fine di modificare il sistema, per avere un organismo indipendente capace di controllare il governo. Il sistema socialista non può funzionare senza organismi che esprimano l'opinione pubblica». — Solidario esprimeva la società. «Non sono d'acca.. 'ù esprimeva la società? Rutew&ki che voleva cacciare i "rossi" dalle fabbriche? O Jurczyk che chiedeva di innalzare le forche? Jurczyk era addirittura un vice presidente». — In sedici mesi non ci sono stati atti di violenza commessi da Solidarietà. E come lei ha detto Solidarietà non chiedeva la soppressione del sistema socialista. Ma passiamo all'operazione militare del 13 dicembre, che è stata tecnicamente perfetta. La preparazione deve avere richiesto un bel po' di tempo. Non è certo avvenuta perche il giorno «x» qualcuno di Solidarietà ha lanciato qualche minaccia verbale, no? Non è un segreto che dal mese di marzo venivano fatti preparativi per affrontare un eventuale sciopero generale e per garantire il funzionamento economico del Paese in tal caso. Il SO ottobre il governo ha presentato alla presidenza del Parlamento il progetto di legge riguardante la sospensione degli scioperi per quattro mesi. Però il disegno di legge non è mai stato discusso. Ma non è comunque vero quel che dice Solidarietà: non ci sono stati preparativi per l'operazione militare. Il 2 dicembre le forze di sicurezza, non l'esercito, sono state messe in stato d'allerta, in seguito all'occupazione della scuola d'allievi ufficiali dei pompieri. L'occupazione è stata interrotta con la forza». — Era un avvertimento? «Pensavamo che quell'azione di forza calmasse gli estremisti di Solidarietà. Purtroppo ci sono poi stati due avvenimenti gravi: il 4 dicembre il Presidium del consiglio nazionale di Solidarietà, durante una riunione a Radom, ha usato la parola confronto. Modzelewski ha detto "questa sarà la lotta finale". Poi VII dicembre, a Danzica, durante la riunione del consiglio nazionale di Solidarietà, è stala approvata una risoluzione in cui si esprimeva ufficialmente il desiderio di creare il 17 dicembre un governo provvisorio. Solo VII dicembre è stata presa la decisione di far intervenire l'esercito». — La commissione nazionale, riunita a Danzica, non ha deciso ufficialmente di formare un governo provvisorio. Qualcuno ne ha parlato. Ma il documento finale della sera del 12 parlava di un referendum da organizzare all'interno di Solidarietà per «valutare e verificare i metodi di potere praticati dagli organismi dell'amministrazione centrale e regionale». Un referendum tra i milioni di iscritti a Solidarietà che sarebbe equivalso a una consultazione elettorale su scala nazionale. Mi hanno detto che i telefoni sono stati interrotti prima che la riunione fosse conclusa. E' vero? «Non è vero. I telefoni sono stati interrotti puntualmente a mezzanotte, e la riunione si è conclusa a mezzanotte meno un quarto. Se poi c'è stato qualche guasto da qualche parte non lo so». E Walesa? — L'ordine di internamento di Walesa è stato firmato il 12 dicembre ma è stato formalmente annunciato soltanto il 26 gennaio. Questo significa che pensavate di poter recuperare nel frattempo Walesa in qualche modo e che poi vi siete rassegnati al fallimento, visto che lui non mollava? «Preferisco non parlare di Walesa per non nuocere all'avvenire del movimento sindacale polacco, al quale tengo personalmente». — Quale avvenire? «Penso che il governo presenterà un documento sui sindacati, senza imposizioni ma con alcune condizioni. E due proposte». — Quali condizioni? «Rispetto dell'ordine legale da parte dei sindacati, rispetto dei principii della Costituzione, del ruolo dirigente del partito e delle alleanze internazionali. Questa è la prima condizione. La seconda è che lo statuto dei sindacati deve garantire che essi non si trasformeranno in partiti d'opposizione. La terza è che i sindacati siano indipendenti dall'amministrazione dello Stato e dai datori di lavoro statali». — E le proposte? «La prima è che i sindacati nascano dalla base, dalle fabbriche, e non dall'alto. La seconda è che nei rapporti internazionali i sindacati polacchi, indipendentemente dal loro numero e dalla loro forza, non possano ricevere un sostegno finanziario da quelle centrali sindacali che appoggiano in modo attivo il Patto Atlantico e le sanzioni contro la Polonia. Nessuna opposizione al fatto che i sindacati abbiano insegne consacrate dalla Chiesa». — Lei ha detto bene sindacati nati dalla base, dalle fabbriche? «Il governo non vuol stabilire, fissare quante devono essere le centrali sindacali. Questo spetta agli operai. In linea di principio si pensa che ve ne siano tre: quello di Solidarietà, uno autonomo e infine di categoria». — Ed elezioni con liste aperte? «Sì, sì». — E se venissero eletti i dirigenti di Solidarietà internati nei campi? «Non ci sarebbe niente di male. A una condizione, che si occupino dell'attività sindacale e non della distruzione dello Stato. Solidarietà aveva un apparato di quarantaduemila persone e di queste non più di millecinquecento sono state internate. Gli altri internati sono esponenti di movimenti sovversivi». — E tutto questo nel quadro della legge marziale? «Certo, prima che essa venga annullata i sindacati non possono nascere». — Possono nascere con i commissari militari nelle fabbriche? «Lo stato di guerra è composto da diversi elementi. L'ora del coprifuoco, i controlli sui movimenti da una provincia all'altra potrebbero essere sospesi entro la fine del mese. Però la presenza dei militari in alcune fabbriche e anzitutto nell'amministrazione statale è salutare. A livelli bassi, nei duemilacinquecento Comuni, dove c'è corruzione, settecento funzionari sono già stati radiati». — Come possono nascere dei sindacati, magari col nome di Solidarietà, dalla base, come dice lei, con il controllo dei militari nelle fabbriche, con i commissari che verificano e premono... «Non è una questione di pressioni: è semplicemente perché il nostro sistema non può funzionare in un altro modo. E' necessario un periodo di limitazioni severe per superare la crisi, è necessario per un certo periodo il controllo militare in alcune aziende». — Per quanto tempo? «£' difficile dirlo». — Un'ultima domanda, personale. Nel '68 lei faceva il giornalista e stando a quel che mi hanno detto è caduto in disgrazia perché aveva criticato alcuni aspetti della repressione contro gli studenti e gli intellettuali. E adesso è riemerso, in divisa di ufficiale di complemento, accanto a chi ha imposto la legge marziale. Un bel cambiamento, no? «Per attuare il rinnovamento del Paese, indispensabile alla Polonia, qualche volta bisogna accordarsi con i metodi brutali. Le garantisco però che le mie principali opinioni politiche sono rimaste quelle del '67 e ' 68». — Sarà! „ Bernardo Valli (A pagina 5: -Glemp a Roma ha ribadito la linea morbida della Chiesa»; -Si è riaper| ta l'università di Varsavia i Varsavia. La prima immagine di Ledi Walesa uscita dalia Polonia dopo la proclamazione dello stato d'assedio: scattata di nascosto, risale ai primi di gennaio. Il leader di Solidarietà è nella stanza di una villa alia periferia della capitale in domicilio coatto dal 13 dicembre (Foto «Epoca»)