Petroli: si chiude il primo capitolo con 50 richieste di rinvio a giudizio

Petroli: si chiude il primo capitolo con 50 richieste di rinvio a giudizio Da Treviso partirono le indagini sulla truffa di 2 mila miliardi allo Stato Petroli: si chiude il primo capitolo con 50 richieste di rinvio a giudizio L'inchiesta nella città veneta è durata tre anni e mezzo - Sotto accusa industriali, ufficiali della Guardia di Finanza e funzionari dell'Urti - Forse questa estate il processo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE TREVISO — Con la truffa petroli Treviso sta per chiudere. E' pronta e depositata la requisitoria del p.m. che chiede il rinvio a giudizio di una cinquantina di imputati, ne proscioglie una decina, fa un quadro completo del losco traffico continuato per anni. Preparata in due mesi, la requisitoria del dottor Domenico Labozzetta costituisce il primo atto formale che precede la vera e propria sentenza di rinvio a giudizio degli imputati. Questa, secondo le previsioni a Palazzo di Giustizia, sarà pronta entro un mese. La scriverà il giudice istruttore dottor Felice Napolitano, l'altro grande inquisitore a Treviso dei responsabili del contrabbando di petroli. Il processo, visto che sei imputati sono ancora in carcere, sarà messo a ruolo con priorità e potrebbe celebrarsi già prima dell'estate. Tutto dipenderà dalle decisioni della Corte d'appello di Venezia, che deve pronunciarsi sulle istanze di scarcerazione presentate dai detenuti. Sono 40 le cartelle dattiloscritte che costituiscono il «j'accuse» del p.m. Labozzetta contro petrolieri di pochi scrupoli, ufficiali e sottufficiali della Finanza infedeli, funzionari Utif corrotti. Soltanto a Treviso gli inquirenti hanno accertato un contrabbando, negli Anni 70, di 150 milioni di chili fra benzina, gasolio e olio combustibile, per una evasione d'imposte pari a 40 miliardi. Ma questa è solo la punta del traffico illecito scoperto nei tre anni e mezzo dell'inchiesta affidata a Labozzetta e Napolitano. Non hanno potuto, per incompetenza territoriale, portare a termine le indagini su altro e più consistente contrabbando. I relativi fascicoli sono stati inviati a Venezia, Torino, Milano. Per altri fatti sono partiti rapporti diretti all'autorità giudiziaria di Novara, Alessandria, Padova. Trento, Varese, Crema, Parma e Ascoli Piceno. Ecco perché nell'elenco dei proposti al rinvio a giudizio, preparato dal dottor Laboz¬ zetta, non si trovano i nomi dei presunti «big» del contrabbando e del suo favoreggiamento come i petrolieri Bruno Masselli e Mario Milani, i generali Raffaele Giudice e Donato Loprete, ai vertici della Guardia di Finanza ali'epoca della truffa dei 2000 miliardi. Per tutti questi stanno procedendo i giudici Vaudano e Gosso a Torino, Coffano e Silocchi a Milano. Nel capitolo trevigiano si trovano i nomi di altri ufficiali delle Fiamme gialle (Ausiello, Favilli, Battistella, Vissicchio. Bove, Orlando) accusati di aver coperto in qualche modo l'attività truffaldina dei petrolieri Brunello, Bonetti e Morelli. Al processo in estate costoro si troveranno vicini i due più alti funzionari della direzione generale delle dogane, l'ing. Ernesto Del Gizzo. arrestato un mese fa e il dottor Fernando Olevano in libertà provvisoria per malattia, responsabile a Roma dell'ufficio personale. Nell'elenco c'è, oltre ad autisti e figure di secondo piano, anche l'ing. Vieri Tafi, direttore Utif a Ve- rona, latitante da anni, accusato di vari intrallazzi e di aver accettato bustarelle. La presenza di questi personaggi al di sopra di ogni sospetto, tra i 50 che saranno giudicati dal tribunale di Treviso, dà già un'idea di quanto fosse estesa la rete delle complicità nel piano predisposto per saccheggiare le casse dello Stato e rimpinguare quelle personali. A Treviso e ai suoi inquirenti, spetta il merito di aver individuato e smascherato per primi questo piano messo in funzione con uno zelo pari all'impudenza. Non casualmente la requisitoria del p.m. Labozzetta parte da una data storica, un altro 8 settembre, quello del '78: è il giorno del primo mandato di cattura. Riguarda Silvio Brunello, petroliere di provincia. Nessuno sospettava all'epoca che Brunello fosse soltanto un anello e anche modesto di una catena con dimensioni nazionali. Lo si intuirà qualche mese dopo. A Torino i giudici Griffej e Vaudano, scoprivano nello stesso periodo illeciti analoghi a quelli registrati a Treviso. Decisive furono le perquisizioni, in particolare quella nel febbraio '79 e nel consolato del Cile a Milano, occupato allora dal miliardario Bruno Musselli. Qui e altrove si trovarono montagne di documenti compromettenti, assegni, false bollette. Le attività incrociate dei vari magistrati, le reciproche consultazioni, la collaborazione della stessa Guardia di Finanza se pur decapitata e colpita duramente da arresti e denunce di autorevoli suoi rappresentanti, hanno fatto crollare uno dopo l'altro i tasselli del «puzzle» costruito da contrabbandieri e soci. Era la fine dell'autentico saccheggio alle casse dello Stato, la fine delle impunità, la pubblica denuncia che alcuni apparati statali erano gravemente inquinati. Le confessioni di alcuni petrolieri «pentiti» hanno fatto il resto. Per corrotti e corruttori, l'ultima parola spetta ora ai tribunali. Guido J. Paglia