E il design entrerà nella Certosa

E il design entrerà nella Certosa UN PROGETTO PER INGRANDIRE IL SINGOLARE MUSEO DI PARMA E il design entrerà nella Certosa Verrà ampliata anche l'attuale sede del palazzo farnesiano della Pilotta - Si conserverà tra l'altro la documentazione dei comportamentiso^ di satira politica PARMA — Incontrandosi il 15 gennaio con l'Università e l'amministrazione civica di Parma, il ministro per i Beni Culturali ha rilevato l'importanza, nell'ambito della più ampia promozione pubblica della cultura contemporanea, dell'attività del Csac («Centro studi e archivio della Comunicazione» interfacoltà, diretto da Arturo Carlo Quintavalle), nelle sue articolazioni dipartimentali e nella sua doppia e integrata funzione di ricerca scientifica nel territorio semiologico dei «media» e di raccolta di materiali; dalle proposte linguistiche e concettuali della pittura e scultura dopo il 1945 alla fotografia, dai comportamenti sociali ed economici illustrati (ma anche influenzati) dalla moda, dal manifesto, dall'illustrazione e dal «fumetto» alla progettazione architettonica e di «design». E' un incontro esemplare (anche nel superamento di arcaici limiti di «provincia» e di «centro minore») fra la ricerca scientifica nella sua imprescindibile fonte universitaria, la realtà umana e sociale della città e del territorio in cui essa ha sede e i compiti di coordinamento e tutela a livello nazionale del ministero per i Beni Culturali. Il riconoscimento delle esigenze tecniche e spaziali per la funzionalità e la vita del Csac e per la conservazione e l'utilizzo scientifico del suo eccezionale patrimonio in continua espansione, oggi ristretto in un'ala del grande Palazzo della Pilotta, comporta da parte del ministero la cessione in uso perpetuo di ulteriori spazi intorno al cortile centrale del palazzo farnesiano, per il centro-museo della Moda e per l'esposizione organica dei materiali di arte contemporanea e delle scuderie per le esposizioni temporanee, in cui il Csac vanta una ricca e decennale esperienza: dal 1968 con Concetto Pozzati, attraverso la «trilogia» sulla reclame e la stampa illustrata (La tigre di carta, 1970; Nero a strisce, 1971; La bella addormentata, 1972) fino alla mostra in corso sui disegni di moda di Brunetta, già recen¬ sita su queste pagine. Di mezzo Ceroli e Del Pezzo, «Klee fino al Bauhaus» e Schifano, Tilson e Tadini, Veronesi e Paolini, Castellani e Melotti, Birolli e Patella, Max Bill e Masson, le foto della Lange, di Mulas, della «Farm Security Administration», di Florence Henri, di Man Ray, i fumetti di satira politica di Chiappori, di Pericoli-Pirella, di Vincino, i manifesti di Sepo e di Ballester: tutte manifestazioni che hanno lasciato ampio sedimento nel patrimonio documentario del Csac. La collezione del dipartimento «arte» raggiunge le 400 opere di pittura e scultura — tutte di notevole qualificazione e rappresentatività —, organicamente significative delle esperienze degli ultimi trent'anni: Afro, Birolli, Cassinari. Consagra, Moreni, Pizzinato, Pignon, Santomaso, Scialoia, Spazzapan, Vedova e Burri, Capogrossi, Fontana, Melotti, Munari, Reggiani, Veronesi, Cascella, i Pomodoro; Max Bill e Masson; Baj, Schifano, Ceroli, Del Pezzo e Adami, Tadini, Bonalumi, Castellani, Bice Lazzari, Garcia Rossi; Canogar, Tilson, Spoerri, Vostell e Isgrò, Fabro, Pistoletto, Uncini, Paolini. L'intrinseca coerenza con la generale impostazione semiologica del Csac fa si che anche la collezione d'arte, nel suo insieme, non sia chiusa nella tradizionale «aura» museale — e tanto meno lo sarà nella futura organizzazione espositiva —, ma essa rimane comunque ovviamente condizionata dall'«unicità» delle opere. Nei patrimoni degli altri dipartimenti può invece dispiegarsi pienamente il discorso scientifico e filologico dei «media», soprattutto attraverso la tendenziale compiutezza della documentazione, anche del processo creativo. I 400.000 pezzi del dipartimento fotografico comprendono quasi 300 «dagherroti pi», stampe originali d'epoca di Nadar, l'archivio bolognese del Villani, 135 lastre di Man Ray, ricchi fondi di Florence Henry e Dorothea Lange, di Veronesi e di Mulas. La sezione dei manifesti comprende la documentazione integrale di Sepo, con un migliaio di pezzi dal bozzetto al manifesto stampato, e allo stesso modo è documentato il manifesto cinematografico italiano di questo dopoguerra. Anche il fumetto di satira politica, o la sezione della moda italiana contemporanea, sono lontani da ogni genericità di «campionatura» sociologica o di «gusto». Il primo è organizzato in forma di gruppi integrali di chine originali, ovviamente aperti al futuro: Pericoli, Chiappori, Il Male, Calligaro. La seconda, anch'essa ad archivi completi in pro¬ gress, procede dallo schizzo all'abito realizzato: Versace, Armani. Tutto ciò costituisce l'unica possibile risposta, culturale e scientifica, all'incalzare odierno delle teorizzazioni ed esaltazioni dell'«effimero» o alle parallele genericità divulgative sui comportamenti sociali e individuali, sulle mode, sui revival; ma tutto ciò comporta anche grossi problemi di conservazione, di catalogazione, di archiviazione, irresolubili senza adeguati «spazi tecnici», che soddisfino anche il fine primario dell'opera di raccolta e di conservazione: lo studio, la consultazione, e. più ampiamente, la pubblicizzazione; senza di che, 1'«effimero», nella sua oggettività materiale, si prenderebbe la peggiore rivincita. Questa somma di problemi è particolarmente evidente nell'ultima, e veramente unica e fondamentale, sezione, quella della progettazione di architettura e design, dallo schizzo e dal progetto tecnico fino alla maquette tridimensionale e all'oggetto, con i suoi archivi completi di Nervi, Ponti, Gardella, Samonà, Portoghesi, Ajmonino e di Mari, Munari, Sambonet, Castiglioni, Nizzoli, «Archizoom». Il programma, che prende avvio dalla collaborazione fra il ministero per i Beni Culturali e l'Università di Parma, contempla la sistemazione del dipartimento «progetto» nel grande complesso nato nei secoli intorno alla Certosa cistercense di Valle Serena, oggi Paradinia (fondata nel 1298), forse corrispondente alla Chartreuse di Stendhal. Sconsacrata e venduta in età napoleonica, adibita nell'800 e nel primo '900 ad usi agricoli, fu riacquistata dallo Stato nel 1964 (la chiesa) e nel 1979 (i grandi resti del complesso monastico del XTV-XVIII secolo), in condizioni di abbandono, ed è attualmente in corso di restauro. Nell'incontro parmense, il ministro Scotti ha sottolineato anche il significato del progetto in ordine alla collaborazione fra Ministero, Università ed enti locali, dalle Regioni ai Comuni. Nel caso specifico, pragmatico, l'esempio è validissimo. Vi è da augurarsi che la validità, anzi la necessità, del principio generale trovi concreto riflesso istituzionale durante l'iter parlamentare del progetto di legge sulla tutela dei Beni Culturali, ben più e meglio di quanto è previsto nella bozza presentata al Consiglio Nazionale per i Beni Culturali e all'apposito comitato delle Regioni, in quelle sedi ampiamente e criticamente discussa e approvata venerdì scorso dal Consiglio dei ministri. Marco Rosei

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