Diamante, splendido traditore

Diamante, splendido traditore IL «MIGLIOR AMICO DELLE RAGAZZE» NON E' PIÙ* FOREVER, PER SEMPRE Diamante, splendido traditore Un brillante di un carato due anni fa si pagava 65 mila dollari, ora 32 mila - La corsa all'investimento (aperta dagli italiani nel 1973) ha gonfiato i prezzi: ora c'è il collasso -1 «certificates» che hanno ingannato anche Elizabeth Taylor - Vendite dimezzate per la titanica Central Selling Organization, per la prima volta dalla grande avventura di Cecil John Rhodes DAL NOSTRO CORRISPONDENTE LONDRA — Marilyn Monroe cantava: «Diamonds are a girl's best friend». Ian Fleming scriveva: «Diamonds are forever». Due precetti famosi, ma oggi, ahimé, sema molto credito. Tra V81 e 182, il diamante ha cessato d'essere «il miglior amico di una ragazza» e, finanziariamente almeno, non è più forever, non è più «per sempre». La gemma scotta, e non soltanto perché riflette tutti i colori dell'iride: scotta, perché è sferzata da una crisi drammatica e complessa, che colpisce tutti, dal minatore sudafricano al contrabbandiere della Sierra Leone, dai mercanti israeliani ai tagliatori di Anversa. Come l'oro, anche il diamante si è rivelato un pericoloso, malfido 'bene-rifugio,. Tre cifre bastano a chiarire le idee. Prendiamo un brillante di un carato (un quinto di grammo) di quelli che il mercato internazionale definisce D-flawless, ovvero di qualità superiore, senza imperfezioni. Nel marzo 1980, questa pietra era venduta, e avidamente acquistata, in tutti i negozi del mondo, soprattutto in America, in Giappone, in Italia, in Germania, per 65.000 dollari. Oggi, il medesimo diamante può essere comprato per 32.000 dollari: e chi già ne possedesse uno e volesse disfarsene non riceverebbe che 22.000 dollari. Non ci si rimette né facilmente né rapidamente da un terremoto di questo genere: il che spiega gli umori tenebrosi che opprimono la cosmopolita comunità dei diamantaires. E' l'ennesima rappresentazione di una commedia antichissima, la caccia alla sicurezza finanziaria o all'arricchimento. Nella febbre di una ucorsa agli acquisti' quasi decennale, troppa gente ha pagato prezzi troppo alti: e, al culmine del delirio, nella primavera dell'80, la bolla è scoppiata. Oggi, gli alti tassi d'interesse ostacolano la ripresa, perché i grossisti di diamanti esitano a chiedere i consueti finanziamenti bancari e, in misura minore, perché il privato rilutta dallo spendere: tuttavia il collasso non sarebbe stato tanto vio- lento se minore fosse stata la smania d'investire nella gemma, senza preoccuparsi troppo del suo vero valore e senza tener presente la sua scarsa liquidità in tempi brevi. vano d'aver pagato quattro, cinque volte più del prezzo reale». Negli anni successivi, la 'Corsa all'investimento» dilagava in quasi tutti i Paesi. I rischi, trascurati persino da banchieri e finanzieri, derivavano principalmente da due fatti. Anzitutto, dall'eccessivo divario, fino all'80 e al 100 per cento in più, tra il prezzo all'ingrosso e il prezzo nel negozio, per cui chi comprava non aveva quasi nessuna possibilità di vendere entro pochi anni con un profitto, anche piccolo. In secondo luogo, così come non esistono due impronte digitali eguali, non esistono due diamanti eguali. E' una scienza, un'arte: P.N. Ferstenberg, il decano dei diamantaires di Anversa, dice: «Dopo 50 anni in questo mestiere, trovo ogni giorno diamanti mai visti». Gli elenchi ufficiali indicano tremila categorie •base*. Le possibilità di errore sono pertanto infinite e ancor più lo sono le possibilità d'inganno. Ma le 'garanzie»? Il mondo è pieno di 'Certificates» di dubbio valore, non sono molti i gemmologi la cui parola è sacra. In America, la credulità dei compratori ha raggiunto punte paradossali. Schiere di medici hanno investito in diamanti somme vistose, senza esplorare la fondatezza delle stime negli atti di vendita: e cosi hanno pagato 50 ciò che valeva 25 o 100 ciò che valeva 50. Vero è che Elizabeth Taylor ha venduto nel 79 per 2 milioni e mezzo di dollari il diamante di Cartier compralo 10 anni prima da Richard Burton per 1 milione. Un bel profitto, ma l'attrice sperava di ricevere 4 milioni di dollari. Purtroppo, il colore della gemma non corrispondeva esattamente a quello attribuitole dall'autorevolissimo certificato. Con le sue mille ramificazioni, e con la sua tradizionale segretezza, il mercato dei diamanti eccita la curiosità dell'osservatore senza però soddisfarla del tutto. Neppure il labirintico mondo del petrolio è tanto ricco di anfratti. Delle nuove pietre estratte ogni anno per un valore di quattro miliardi di dollari, mezzo miliardo arriva alle gioiellerie dopo aver percorso di contrabbando uno o più tratti della lunga strada. I diamantaires hanno due eufemismi per questi brillanti dall'origine oscura: outside goods o submarine goods, merce esterna o sottomarina. Nessun bene si presta all'illegalità come questo minuscolo cristallo. Ian Fleming ha scritto: «Ne puoi nascondere abbastanza sul tuo corpo ignudo da sistemarti per tut ta la vita». ciascuno una scatola con una selezione di diamanti. Non c'è negoziato. Possono comprare il box o respingerlo: e basta. La De Beers Central Selling Organization non agisce per conto di altri: ma vende sia la propria produzione, principalmente sudafricana, per quasi 15 milioni di carati l'anno, sia quella da essa acquistata in altri Paesi. (La produzione mondiale è sui 47 milioni di carati, dei quali V80 è per uso industriale e il 20 per cento per gioielleria. La De Beers smercia V80 per cento di questi 47milioni, ma sono le future gemme a fruttare i profitti più pingui). Anche te eccellenti gemme russe, siberiane, arrivano alla De Beers: non direttamente, perché Mosca non vuole avere rapporti ufficiali con una società che ha le sue radici in Sudafrica, ma tramite intermediari. La Central Selling Organization fa parte della potente Anglo American Corporation sudafricana, le cui varie società estraggono quasi ogni minerale noto all'uomo, dall'oro aì carbone. E' un titano su cui si sono scritti volumi, anche perché il suo passato è ricco di pagine avventurose e pittoresche. La storia comincia nel 1870 con le prime scoperte di diamanti lungo il fiume Vaal, attorno all'attuale Kimberley. Arriva sulla scena, a soli ventanni, l'inglese Cecil John Rhodes, il quale compra con un partner i terreni della fattoria De Beer (ecco l'origine del famoso nome. Era quello di due umili agricoltori boeri, Johannes e Diedrich), è il primo passo verso l'acquisto di altre miniere, altre società. Nel 1888, a 35 anni, Cecil John Rhodes controlla il 90 per cento della produzione mondiale di diamanti. Festeggia il trionfo affondando con voluttà le dita in una rozza secchia di metallo colma di gemme. Questo straordinario individuo, che sarà ricordato poi come un pioniere dell'imperialismo britannico ma anche come un munifico benefattore, diviene primo ministro della Cape Colony, muore nel 1902 e le redini dell'impero diamanti/ero del gruppo De Beers, estrazione e vendita, passano al figlio di un mercante di Amburgo, Ernest Oppenheimer. Nel 1917, nasce VAnglo American Corporation, a Ernest Oppenheimer succede il figlio Harry, oggi, a 72 anni, presidente e della Anglo American e della De Beers Consolidated Mines. Londra - Un esperto della De Beers versa una cascata di piccoli diamanti, inferiori al carato