Zweig e Erasmo bellicosi pacifisti di Carlo Carena

Zweig e Erasmo bellicosi pacifisti ATTUALISSIMA BIOGRAFIA DEL SAGGIO DI ROTTERDAM Zweig e Erasmo bellicosi pacifisti Lo scrittore ebreo austriaco vede nel predicatore olandese un uomo come lui, esule e vittima dei fanatismi - Ne tratteggia il carattere in modo da stabilire una vicinanza inconsueta con la nostra generazione Uno dei romanzi di Stefan Zweig prende il titolo daìl'amok, la follia che investe gli indigeni delle Isole Malesi e li travolge fino a renderli assassini di quanti incontrano per strada. Era appena conclusa la prima guerra mondiale quando Zweig scriveva Amok; ma il calvario dell Europa era appena agli inizi. Austriaco, ebreo, Zweig sarebbe da allora vissuto esule e pellegrino tra il Vecchio e il Nuovo Continente. Avrebbe assistito agli orrori di interi popoli travolti dall'arno*:, senza mai rinunciare al suo messaggio di segno opposto. A Ginevra aveva fraternizzato con Romain Rolland già nel corso del primo conflitto mondiale; la sua idealità pacifista non conoscerà eclissi fino al tragico epilogo del suicidio a Rio, durante il carnevale del '42. Essa non era che l'applicazione estrema, il rifugio di una visione dell'uomo esemplificata anche nel capolavoro narrativo dei racconti di Sovvertimento dei sensi, altro titolo emblematico. Su tale linea va posto, nell'altro genere praticato cosi fortunatamente da Zweig — la biografìa —, il rapido Trionfo e tragicità di Erasmo da Rotterdam, proposto ora in edizione italiana da Rusconi nella traduzione di Lavinia Mazzucchetti. Zweig non era Bainton né Huizinga, gli altri due classici biografi di Erasmo. Non fa dell'umanista, come Bainton, un uomo essenzialmente di religione, un «Erasmo o della cristianità»; né lo analizza in dettagli di fatti e di opere come il suo compatriota Huizinga. Ne incide piuttosto alcuni tratti essenziali del carattere in modo da stabilirne una vicinanza inconsueta al nostro secolo, forse più ancora alla nostra generazione che alla sua. Questi tratti sono riassumibili nella formula di «primo europeo cosciente e primo bellicoso amico della pace». Olandese, Erasmo non ebbe patria; frate e prete, non ebbe chiesa. Abitò sporadicamente a Parigi, in Italia, in Inghilterra, a Lovanio, a Basilea, a Friburgo. Amò tutti i popoli e tutta l'umanità. Non parlava una lingua, ma la lingua, il latino; studiava sant'Agostino e Platone; colloquiava con principi protestanti e cardinali romani. Mentre gli scismi e le guerre di religione (le più spietate) travolgevano il mondo, tutti e tutto, egli, che aveva avuto involontariamente la sua parte nel provocarli, non prese mai partito per nessuno, per quanto minacciato o allettato, e rifuggi come nessun altro dall'esserne coinvolto. Due cose lo impensierivano e angustiavano: l'asservimento a qualcuno e il fanatismo di un'idea; due cose lo attraevano irresistibilmente: il raziocinio e la libertà. Perciò questo precursore di Lutero fu la persona a lui più aliena e da lui più distante. Gli occhi neri ardenti sopra gli zigomi rilevati e la bocca sensuale del monaco di Wittenberg contrastavano totalmente con quelli azzurri e acquosi dd dotto di Rotterdam dalle labbra sottili; la corporatura sanguigna del contadino tedesco bevitore di birra non s'accordava col figlio incerto di un prete dei Paesi Bassi mercantili, centellinatore di vini, malato di stomaco, sempre infreddolito nel suo studiolo, dove evi- Erasmo in una caricatura di Levine (Copyright N.Y. Review of Books. Opera Mundi e per l'Italia -La Stampa-) tava le brine e le controversie. ! due ritratti di Cranach e di Holbeih che quasi si fronteggiano nelle linde sale del Kunsthaus di Basilea emanano dal primo volto una sicurezza indomabile, mentre l'altro vela una calma acuta, un pensiero limpido, un brio e una fantasia inesauribili, un'ironia sottile, che ci seducono ancora attraverso le lettere, gli opuscoli, gli Adagia e i Colloqui o l'immortale satira dell'Elogio della pazzia. Consapevole come pochi della follia del mondo, nell'enormità delle guerre scelte in luogo della pace o nei frustuli quotidiani dei tribunali, dell'amóre, dall'ambizione, dell'avarizia, della poesia, della religione, Erasmo resta prò se a contemplarla e a frustarla, predicatore indi/ferente al suo uditorio, proiettando le sue parole troppo lontano perché troppo in alto. L utopia è dei freddi, non ha mai sconvolto il mondo, perché annidata nell'angolo più riposto dell'anima, quello più puro e più malinconico. Cosi fu sempre Erasmo, da grande quando dominava la cultura europea nel pieno fulgore del primo Cinquecento, scrittore potente solo della sua penna, secondo un sogno di tanti suoi precedessori e successori; e cosi nella vecchiaia tormentata dalla got¬ ta e dalla solitudine, in una Basilea raggelata dalla Riforma, dopo che la mannaia aveva fatto strage dei suoi amici e dei suoi nemici. Fallimento totale, condanna dell'irrazionalità della storia contro questo avversario implacabile di ogni fanatismo, questo ricercatore instancabile dell'intesa ad ogni costo, per fiducia nelle qualità mediatrici e nel trionfo finale della ragione? Come Erasmo «esce dal vuoto» secondo l'espressione di Zweig, cosi deve risiedere nel vuoto per non essere travolto dagli intolleranti e dagli esagitati. Aveva preso a emblema il dio Termine, luogo d'incontro e dirimente delle parti. Per restar tale, lui che aveva la verità per chiarezza fu costretto a scegliere vie tortuose e l'assenza dai luoghi della disputa. Mentre Carlo condannava Lutero a Worms e sanciva la definitiva divisione ad Augusta, Erasmo riposava nella quiete della campagna belga di Anderlecht o lavorava a Friburgo intorno all'£cclesiaste, un trattato di predicazione. Zweig non si nasconde i limiti e i vizi di un atteggiamento come quasto, che può rasentare o cadere nell'indifferenza, nella viltà, nel sogno; ma non vi calca la mano come Huizinga. Spettatore e vittima egli stesso dei fanatismi, vede Erasmo come una di quelle solitarie figure che proprio per la loro solitudine irradiano una luce che il moggio sotto cui é posta rende meno percettibile ma più durevole, e di cui la cecità dei riguardanti prova la luminosità. E' che, se di Erasmo si è pronti ad abbracciare il cosmopolitismo e l'orrore della violenza, espressi anche allora mentre tutto sembrava urgere nella direzione opposta, bisogna anche accettarne il nfiuto di certe premesse, o certi corollari: la lucidità costante, l'ampiezza degli orizzonti, la derisione delle superstizioni, il disprezzo del gregarismo, la fiducia nella parola: anche la sfiducia che tutto questo sia più spesso predicato a vuoto, come venne predicato e incarnato a vuoto cinquecento anni or sono Carlo Carena Lo scrittore Stefan Zweig