Equazioni vitali

Settimanale di scienza e tecnologia Settimanale di scienza e tecnologia Equazioni vitali Il dibattito sul principio antropico: perché l'universo è governato da misure che sono le uniche compatibili con l'uomo? CIRCOLA da tempo negli ambienti ben informati della fisica il cosiddetto principio antropico. Alcuno lo prendono molto sul serio, altri si dimostrano estremamente scettici, gli epistemologi sembrano ignorarlo (aspetto una smentita). Cercherò di spiegarne in breve il contenuto. La fisica riesce a chiarire una gamma vastissima di fenomeni naturali condensandoli nel minor numero possibile di equazioni. In questo modo è possibile calcolare i livelli atomici e quindi il colore della luce emessa dagli atomi mediante la cosiddetta equazione d; Schroedinger, che regola il moto degli elettroni negli atomi. Analoghe considerazioni valgono per il moto dei pianeti con la legge di Newton o per la struttura dei nuclei. Tutte queste equazioni contengono delle assunzioni che non sono ancora state giustificate in modo ancora più semplice. Nessuno sa perché la costante di gravitazione universale abbia proprio il valore che ad essa viene attribuito dalle osservazioni. Se io pongo due masse di un chilogrammo alla distanza di un metro tra di essa sì manifesta una forza ben definita, se rapportiamo questa forza alla massa della Terra, otteniamo la forza di gravità. Nessuno sa perché la natura abbia scelto questo valore per l'attrazione newtoniana. Sappiamo tuttavia che se il suo valore fosse differente, anche di poco, allora l'universo ci apparirebbe molto diverso. Per esempio, se fosse più grande, il Sole si contrarrebbe soito il proprio peso, assestandosi su di una configurazione più piccola e densa. Le reazioni termonucleari nel suo centro aumenterebbero di velocità, sviluppando più calore e il Sole aumenterebbe di splendore. Posto alla stessa distanza che ha adesso dalla Terra ci arrostirebbe. Inoltre la sua vita sarebbe molto più corta di quella attuale e non avremmo avuto a disposizione i 5 miliardi di anni necessari per il nostro sviluppo. Considerazioni analoghe e opposte varrebbero per una gravità debole. Dunque la forza di gravità va bene cosi come è, altrimenti non fisteremmo. Il cambiarla causerebbe un vero terremoto nell'universo, la composizione chimica della materia sarebbe diversa, dunque il suo valore ò fissato da misure di emergenza. Ma lo stesso discorso si può fare anche per le altre costanti universali della fisica. Non parlo qui della velocità della luce o della costante di Planck, che dipendono essenzialmente dalla scelta storica delle unità di misura di lunghezza, tempo e massa. Mi riferisco invece a quelle, meno note, che regolano i fenomeni microscopici e non dipendono dalla scelta di queste unità di misura. Tra di esse è importantissima la costante di struttura fine, che regola le interazioni elettromagnetiche, proprio come quella di Newton regola quelle gravitazionali. Se la cambiassimo verrebbero a cambiare le dimensioni degli atomi e la luce da essi emessa, con risultati imprevedi¬ bili, ma uniformemente disastrosi per l'umanità. Se il ghiaccio diventasse più pesante dell'acqua provocherebbe sconquassi terribili nella nostra ecologia, anche mutazioni minime nelle permeabilità delle membrane cellulari sarebbero letali. Dunque, anche qui, guai a mutare questa costante universale. Da miliardi di anni viviamo con questo valore e nessuno vede vantaggi a cambiarlo, tranne qualche fisico mattacchione. Commenti simili valgono per il ruolo di questa costante nella stabilità dei nuclei atomici. Se la aumentassimo, certi nuclei diventerebbero instabili, sparirebbero dal creato e non resterebbero le tracce minime necessarie per i fenomeni biologici. Ma anche la costante universale che regola il decadimento beta (le interazioni deboli) è soggetta allo stesso fato, il cambiarla muterebbe radicalmente la luminosità solare con effetti disastrosi. Dunque, ragionano gli antropici, la nostra stessa esistenza forza queste costanti ad avere il valore attuale, assumiamo dunque questa esistenza come principio costruttivo, come metodo di calcolo per queste quantità finora inspiegabili. Già nel nome il principio fa sfacciatamente centro sull'uomo. Il programma é stato condotto fino in fondo da alcuni fisici con conseguenze divertenti. Quasi tutte le costanti naturali sembrano deducibili dalla sola assunzione della nostra esistenza. Ma si tratta di una vera spiegazione? Le tentazioni teologiche sono molte, ovvie, e fin troppo facili. Si potrebbe sostenere che l'universo è stato costruito per noi e solo per noi e che qualcuno ha provveduto al sollecito calcolo di queste costanti universali, in modo da rendere la Terra la culla dell'uomo, dopo appena alcune decine di miliardi di anni di evoluzione. Più modestamente il principio antropico ammette che tutti i valori della costante di gravitazione sono possibili, ma uno solo di essi è compatibile con la nostra esistenza e va accettato. Dunque non spiega questo valore, proprio come nessuno spiega la distanza Terra-Sole o la lunghezza del Po. Non possiamo dire che se il Po fosse molto più corto, forse non ci sarebbe la città di Torino, dunque il sindaco Diego Novelli prova che il Po è lungo almeno 600 chilometri. Il valore di queste costanti viene ridotto a un fatto accidentale, si rinuncia a una teoria per dire semplicemente che siamo posti in un angolo dell'universo in cui queste quantità hanno il valore ad esse attribuito, altri angoli o altri universi conterranno altri valori, ma nessuno é 11 ad osservarli o può comunque comunicarcelo. Per queste ragioni penso che l'accettazione acritica del principio antropico sia esattamente l'opposto di una teoria, si pongono in effetti dei limiti aprioristici invalicabili alla ricerca, si spiega tutto, ma non si prevede nulla. E' vero che la fisica ha storicamente rinunciato a spiegare certi fenomeni per ottenere in cambio visioni più ampie. bruciare gli alimenti. Se è alto si può mangiare il doppio del necessario senza aumentare di un grammo; se è basso può rendere pericolosa per la linea anche una semplice zolletta di zucchero. Si è creduto a lungo che il metabolismo inalterato in ogni individuo fin dal momento della nascita. Recenti studi hanno invece dimostrato che può variare e adattarsi a diverse situazioni. Chi ha sperimentato qualche dieta si è sicuramente accorto che dopo un rapido dimagrimento, il peso si stabilizza: il metabolismo infatti si abbassa, impara cioè ad utilizzare meno energia. n professor Peter Wood. della Stanford University, ha rilevato che le donne americane tra 155 e i 64 anni di età consumano soltanto 1360 calorie al giorno, un livello da Paese sottosviluppato, pur non avendo certamente in media una linea invidiabile. Jean Mayer, presidente della Tuf t University, afferma che nel 1900 l'americano medio pesava meno e mangiava di più dell'americano di oggi. In •Obesity*. un libro pubblicato negli Stati Uniti nel 1980, Richard Keesy cita uno studio condotto su persone che durante la seconda guerra mondiale erano state costrette ad adottare una dieta di sopravvivenza per 24 settimane. All'inizio avevano perso peso rapidamente, ma negli ultimi mesi il loro peso si era stabilizzato. Il loro metabolismo era più basso del 28,9 per cento rispetto all'inizio dell'esperimento. Se il metabolismo è in grado di bloccare la perdita di peso, un esperimento condotto in Germania dal ricercatore Neuman ha dimostrato che non sempre basta mangiare per ingrassare. In due anni, Neuman ha consumato 390 mila calorie più del necessario. Se queste calorie si fossero traformate in grasso, avrebbe dovuto pesare al termine dell'esperimento cinquanta chili in più. In realtà aumentò solo di qualche etto. Che succede dunque nell'organismo durante una dieta? n corpo perde tre tipi di componenti organici: grasso, tessuti e acqua, la cui proporzione varia tal funzione del tipo di organismo e di dieta. La maggior parte del peso perso all'inizio è costituito da acqua. Più tardi si riduce il grasso, ma si verifica anche una riduzione, spesso allarmante, del tessuto muscolare. Nel suo libro -In forma o grasso?* Covert Bailey afferma che le diete ad sito contenuto di proteine e a basso contenuto di carboidrati prevedono di solito un livello di calorie cosi ridotto da ricordare l'alimentazione in un campo di prigionia, e devastano il sistema muscolare se vengono seguite per lungo tempo. Quando una dieta è terminata, l'organismo continua a lavorare ad un tasso metabolico basso, bruciando lentamente le calorie. Si torna quindi inevitabilmente a ingrassare, ma in un modo ancora più pericoloso; una persona sedentaria, che abbia Tullio Regge

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