Dalla «provincia» Italia Cecchi guardava ai romantici inglesi di Giovanni Raboni

11 Monti di Binni 11 Monti di Binni Dalla «provincia» Italia Cecchi guardava ai romantici inglesi Walter Binni è lo studioso che ha indagato più assiduamente tra i nodi critici della nostra letteratura a cavallo tra Sette e Ottocento, tra resistenze neoclassiche e istanze preromantiche, illuminando intrcghi e intrecci spesso complessi. Dentro questa ricerca ad ampio raggio si colloca anche la sua interpretazione di Vincenzo Monti ora stampata da Sansoni (Monti poeta del consenso, 214 pagine. 7000 lire). Il saggio si pone come passaggio fondamentale sia nella storia della critica montiana, di cui è aggiornato il conto fino agli studi più recenti, sia della storia del metodo del Binni e della sua nozione operativa di poetica, (g. t.) CREDO proprio (e spero di non sbagliarmi) che la frettolosa, ingiusta condanna pronunciata qualche decennio fa — ai tempi del neorealismo e dell'«impegno» — nei confronti della prosa italiana fra le due guerre, giudicata in toto evasiva, reazionaria e provinciale, stia per essere revocata. Non si tratta, naturalmente, di negare i limiti di quella cultura, ma di riconoscerne la complessità e la qualità, di distinguere in essa le figure primarie dalle secondarie, i movimenti originali dalla maniera, e cosi via: insomma, di fare delia storiografia crìtica e non della polemica après coup. Alcuni avvenimenti di questi ultimi mesi sembrano indicare che, ormai, il processo di revisione si è messo decisamente in moto. Basti ricordare la ristampa delle deliziose prose di Antonio Baldini, Michelaccio e Rugantino, apparsa da Longanesi, o la monumentale edizione delle opere di Cardarelli pubblicata, a cura di Clelia Martignoni, nei «Meridiani» di Mondadori: occasioni da non perdere per verificare con mano, e non per sentito dire, la verità testuale, e. perché no. umana di quelle esperienze. Sullo stesso sfondo mi piace vedere — anche se. come cercherò di mostrare, si tratta di un'opera affatto diversa e davvero sui generis — la riproposta, ad opera dell'editore Adelphi. dello splendido saggio di Emilio Cecchi su / grandi romantici inglesi uscito per la prima volta nel 1915 col titolo Storia della letteratura inglese del secolo XIX e non più ristampato dal 1961. quando lo stesso Cecchi ne curò un'edizione rivista e accresciuta e ne mutò il titolo, giustamente, in quello attuale. Sia cronologicamente che tematicamente, il libro esce dal quadro -ambien¬ Gainsborough, I coniugi Andrews è a e i a r tale» cui alludevo poco fa: è stato composto non fra le due guerre, ma all'inizio, o addirittura prima, della grande guerra; precede, dunque, sia l'esistenza stessa della «Ronda» che quella, diciamo cosi, «ideologica» del rondismo; senza contare che si tratta di prosa critica e non (come sarà per lo stesso Cecchi di Pesci rossi o di Corse al trotto) di prosa che riflette sulla realtà e su se stessa. Ma proprio per questo, credo. / grandi romantici inglesi ci offre alcune indicazioni essenziali. Innanzitutto, lo straordinario livello culturale (europeo, europeissimo, altro che provinciale!) da cui prosa d'arte e rondismo prenderanno le mosse : e poi — cosa ancora più notevole e generalmente ignorata — l'intreccio di compostezza e inquietudine, ordine e delirio o. per riprendere i termini usati nella bella presentazione di copertina, «nitore toscano» e 'tenebra romantica', che caratterizza l'intera esperienza di Cecchi scrittore e anche, di riflesso, l'ambiente culturale e letterario di cui egli fu certamente, con Cardarelli, il maggiore e più tipico esponente. * * A questo punto il discorso sul significato letterario di quest'opera finisce col coincidere, col fare tutt'uno con quello sui meriti specificamente critici. A parte, infatti, la straordinaria qualità di una scrittura capace di evocare con fulminea, miracolosa vivezza figurativa l'intima verità d'un testo o d'un personaggio — una qualità che Cecchi condivide, forse, soltanto con un altro grandissime della critica italiana. Roberto Longhi —. quel che più colpisce nei capitoli de / grandi romantici inglesi è la lucidità con la quale, in epoca davvero •non sospetta», vengono colte le ragioni dell'impor- (National Gallery di Londra) tanza e della modernità di autori considerati allora, perlopiù, dalla stessa critica inglese come oscuri e stravaganti, da Blake a Coleridge, mentre si prendono le distanze, con implacabile ironia, da figure sopravvalutate o indebitamente mitizzate come Walter Scott o Lord Byron. Insomma, dall'angusta, ritardata, provinciale cultura italiana salta fuori, nel 1915. una lettura della poesia e del romanzo inglesi tra fine '700 e prima metà dell'800 assai più acuta, aggiornata, spregiudicata, per non dire profetica, di quelle correnti nella stessa cultura inglese... Che sia anche questo, sia pure per paradosso, un segno di «provincialismo», cioè di dipendenza della nostra cultura da altre culture? Si potrebbe anche sostenere, e qualche maligno lo farà di sicuro, magari ricordando come il fenomeno si sia poi più volte ripetuto, in Italia, con il lavoro di grandi specialisti di altre culture come Macchia o Ripellino. Ma. se cosi fosse, ben venga il provincialismo; che sarebbe, in questo caso, il contrario dello sciovinismo, della chiusura, dello spirito «autarchico» di cui. con opposta malignità, la cultura italiana degli Anni Venti e Trenta è stata tante volte accusata e che invece, guarda caso, caratterizza piuttosto una cultura per definizione non provinciale, e per tanto tempo e tanti aspetti dominante, come quella francese... Ma qui il discorso rischia di farsi troppo ramificato e capillare. Per quanto mi riguarda, m'accontento di aver suggerito alcuni — solo alcuni — dei motivi che rendono questo libro, al tempo stesso, esemplare e sorprendente. i Giovanni Raboni Emilio Cecchi. I grandi romantici Inglesi. Adelphi. 472 pagine. 15 000 lire.

Luoghi citati: Italia, Londra