Il cantante è uno strumento

Parla Mogol, l'ultimo autore puro Parla Mogol, l'ultimo autore puro n cantante è uno strumento FISSANDO nella memoria una canzone, si abbina logicamente il titolo al nome del cantante; si legano le emozioni, provate all'ascolto di alcuni versi, con i timbri vocali che le hanno colorate. Si privilegiano le qualità dell'interprete, ben poca notorietà spetta agli autori dei testi, a meno che non si decidano di salire sul palcoscenico, diventando cantautori. Ma non è sempre cosi, in Italia c'è un autore che ha raggiunto la popolarità scrivendo solamente testi e ha imposto, in coppia con Lucio Battisti, un nuovo modo di comporre canzonette. E' Mogol, nome d'arte di Giulio Ranetti, milanese, quarantenne figlio del famoso editore di canzoni Mariano Rapetti. Mogol ha cominciato giovanissimo a scrìvere canzoni. La prima pubblicata fu «Brìciole di baci», canta da Mina nel 1960. Da allora ne ha scrìtto centinaia, non c'è cantante famoso che non abbia un suo brano in repertorio. «J miei successi? E' un discorso difficile e complicato — dice —perché la mia mente si rifiuta di compiere una simile ricerca: La canzone cui è più legato è «Giardini di marzo», una delle numerose nate dalla collaborazione con Battisti. A Mogol abbiamo rivolto alcune domande per capire il mestiere di autore, le caratteristiche. —Agli inizi lei si ispirò a qualche modello? «Sono diventato autore incoraggiato dal fatto che mancavano grandi esempi da seguire. Sono uno che non crede molto in se stesso. Almeno in partenza ero molto modesto, se avessi letto testi eccezionali, non avrei mai cominciato: — Ma neanche all'estero non c'erano modelli cui rifarsi? •All'estero era peggio che in Italia, a parte i francesi e il primo Bob Dylan. Con Dylan ci litigai persino. Fu per la versione di una canzone poco famosa. Generalmente approvava le mie traduzioni per telegramma, ma quella volta mi convocò a Londra per un colloquio. Discutemmo a lungo. Cercavo di fargli capire che non riuscivo a tradurre ciò che non comprendevo, a meno di ulteriori spiegazioni. Mi rispose che non sapeva neanche lui chiarirmi certi significati. Allora stracciò la canzone, disse "Dimenticala. Andiamo avanti come prima" e mi con¬ segnò un pacco enorme di nuove composizioni. Capii in seguito che aveva ragione lui: se uno deve dire qualcosa di originale è meglio che non faccia delle versioni: —Lei compone da solo o In équipe? •Lavoro solo con il musicista. Non mi interessa e non lavorerò mai in équipe. Non accetto consigli e suggerimenti da parte di nessuno. Farei doppia fatica: —Trae gli spunti dalla realtào dai libri? «Li traggo leggendo la mia vita, quella degli altri. Mai leggendo libri. Sono uno che è più impegnato a vivere che a scrivere. Ogni tanto mi fermo e scrivo*. —Negli anni ha cambiato metodo di lavoro? •E' cambiato sostanzialmente dodici anni fa. Alllncirca dai tempi di "Pensieri e parole", da quando ho cominciato a scrivere cose che interessavano a me. Rimango professionista, però scrivo quello che sento. Ho abbandonato qualsiasi tipo di condizionamento: — Perché secondo lei oggi nascono più cantautori che autori puri? •Non c'è differenza tra autori e cantautori. Rimangono fondamentalmente tutti autori, alcuni dei quali hanno anche la voce per cantare. Sarebbe piaciuto anche a me, se non fossi stonato, se avessi avuto una voce meno gracchiante. Ma non ci sono gruppi privilegiati, il fatto che uno viene chiamato cantautore non può assumere una veste particolare in più. o in meno di un altro che non canta. Così si fa del settarismo, sema fondamenti. L'Italia è stata presa da fobie, etichettature, non solo musicali, che derivano dal Sessantotto. Prendiamo le cose come sono, è ora di disfarsi di certi preconcetti. Non riesco a capire questi, come non riuscivo a capire tempo fa certe presunte differenze tra coloro che cantavano canzoni politiche e gli altri. C'erano personaggi allora che facevano distinzioni addirittura di caste: quella superiore che si interessava di questioni e dogmi politici; quella inferiore che parlava del privato, cui ho sempre avuto la fortuna di appartenere. Poi, finita la moda, la casta superiore si è gettata sul privato, che automaticamente è stato nobilitato. Alessandro Rosa

Luoghi citati: Italia, Londra