La coscienza dei greci nasce dagli eroi dell'Iliade
Il concetto di giustizia da Omero a Platone Il concetto di giustizia da Omero a Platone La coscienza dei greci nasce dagli eroi dell'Iliade Davanti a voi una persona maiala di epilessia. La sua è una malattia come il raffreddore o il cancro, non uno stato irreversibile o una condanna a vita. Con una terapia adeguata l'epilessia è infatti guarìbile in 8 casi su dieci. La cura è lunga, almeno 5 anni, non difficile. E persino nei casi più gravi, l'epilessia rimane solo una malattia senza mai essere causa diretta di comportamenti antisociali oppure di permanenti minorazioni fisiche e mentali. Davanti a voi. in Italia, ci sono attualmente 3(X).(MN) persone malate di epilessia. II loro vero, enorme dramma è che non sanno * di poter guarire. «. DIKE, la nascita della coscienza», di E. A. Havelock è il titolo, tradotto in modo piuttosto arbitrario, d'un saggio che meglio si sarebbe dovuto intitolare: «/I concetto greco di Giustizia dalla sua comparsa in Omero fino alla sua definizione in Platone». L'indagine si muove contemporaneamente su un piano socio-antropologico, linguistico e filosofico e parte dall'assunto che l'epica omerica sia stata concepita per esser trasmessa oralmente e non scritta; essendo l'orecchio, e non l'occhio, il mezzo recettivo a cui i poemi si rivolgevano, la struttura formale di essi, nonché il contenuto, dovevano anzitutto tener conto delle tecniche di memorizzazione che l'ascolto utilizza: Omero si servi del ritmo, dell'effetto eco, delle formule sd epiteti ripetuti, sfruttò tutti gli accorgimenti possibili per rendere gradevole e duratura l'impressione dell'ascolto. A differenza di altri studiosi —come ad esempio A. Heubeck. autore dell'introduzione nella recentissima Odissea edita da Mondadori —, Havelock non riconosce ai poemi omerici un piano compositivo, un'architettura prestabilita e attribuisce ad essi un ruolo prevalentemente pedagogico: si notino le frequenti esortazioni, gli ammonimenti, le massime, le regole di condotta formulate via via da chi parla. Solo attraverso situazioni reali possiamo ricostruire l'ideale omerico del bene e del male: per Omero, è giu¬ Ed è questa la ragione profonda dell'ostilità di Platone per la tragedia e la poesia: avendo egli raggiunto, attraverso l'uso ormai consolidato della scrittura, una definizione assoluta e perenne del concetto di Giustizia, si rifiutava di sottomettere questo concetto ai casi umani. La Giustizia per Platone non era solo un principio morale ma una norma trascendente, eterna: un'Idea, e come tale destinata ad essere contemplata nella sua radiosa immutabilità, non rappresentata in azioni. Vale dunque anche per Platone ciò che s'è detto per Omero: è il mezzo della comunicazione che condiziona il contenuto. La posizione di Havelock. a quanto risulta dalla sua dichiarazione conclusiva, deriva dalla scuola americana di McLuhan, il quale, valutando le immense conseguenze sociologiche derivate dalla diffusione dei mass-media, giunse alla conclusione che -il mezzo è il messaggio», che è come dire che non solo la lingua e la speculazione dei Greci derivano dal mezzo di comunicazione, ma anche la religione, la politica e la cultura in generale: una tesi che, priva del supporto d'uno studio comparato di altre società orali o di motivazioni psicologiche e sociologiche, lascia in chi legge fondate perplessità. voce provocherà in lui. Esiodo potè già contare sul supporto della scrittura e nelle sue opere la Giustizia comincia ad essere reificata e a volte presentata anche come una divinità: è il primo passo verso un processo di astrazione che. attraverso i filosofi presocratici e i tragici, culminerà in Platone. Il lettore moderno, secondo Havelock. commette l'errore di interpretare le tragedie come se ai tempi in cui furono scritte esistesse un codice morale indiscusso. Alcuni studiosi, come ad esempio il Vernant. vedono nelle tragedie greche addirittura la rappresentazione di «casi» processuali nel momento di formazione delle leggi: per Havelock, al contrario, essendo anch'esse destinate all'ascolto, le tragedie servivano allo stesso fine dell'epica, quello cioè di proporre e raccomandare determinate regole di condotta, dimostrando nella trama quel che accade a chi le trasgredisce. sto semplicemente attenersi agli usi dell'Eliade e, nel contempo, è Eliade ovunque ci si attenga a tali usi. Non è mai contemplata l'eventualità d'un criterio individuale di condotta, dato che la Giustizia è sempre sentita come esigenza sociale, come norma dei rapporti nella comunità, il giusto e l'ingiusto non definiti ma rappresentati in azioni. Poiché il mezzo di comunicazione era la parola, l'epica non potè mai esprìmere concetti astratti, definizioni: non sarebbero stati recepiti. In Omero non esistono definizioni tipo: Giustizia è: ma proposizioni, tipo: il tale agi in modo giusto, il talaltro invece no. Nelle società pre-letterarie è la voce che determina il contenuto della comunicazione; attraverso lo studio della lingua si ricerca il destinatario, o meglio il mezzo percettivo di cui questi dispone e quindi gli effetti che il suono fugace della Lidia Storoni E. A. Havelock, Dlke. La nascita della coscienza, a cura di M. Piccolomini. Laterza, 464 pagine, 34.000 lire.
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