L'ultimo mafioso fa la spia e sogna la pensione di Francesco Rosso

I segreti di Cosa Nostra I segreti di Cosa Nostra L'ultimo mafioso fa la spia e sogna la pensione La biografia di Troyat Per fare grande la Russia lo zar Pietro sacrificò il suo popolo definito dai giornali della California -il giustiziere della mafia per la West Coast». Un gran daffare anche nel gioco clandestino, nel controllo dei sindacati, nelle estorsioni, nei pestaggi, in ogni genere di truffa. Amicizie importanti: Frank Sinatra. Dean Martin, Chico Marx, l'ex sindaco di San Francisco, il democratico Joseph Alioto. Vantava: «Siamo in tutto il paese. Possiamo fare cose che nessun altro può fare». Ma tutto questo è abbastanza scontato nelle memorie di un mafioso. Di nuovo, c'è la delusione crescente. A un certo momento Fratianno si accorge che la mafia non è più la stessa, -oggi troppi ragazzi per un motivo o per l'altro tradiscono la "famiglia". I tempi sono cambiati». Le nuove reclute vogliono tutto e subito, contrastano i boss, non sono rispettosi. • Viviamo in un mondo traditore. Quelli che credi che ti siano vicini non lo sono». Boss che imborghesiscono, preoccupati soprattutto di far studiare i figli e avviarli a carriere lecite e di successo. Vestono abiti di taglio conservatore, tra di loro parlano di golf e la sera guardano la televisione, confessano il loro sogno di andare in pensione, a Miami Beach, che è il posto preferito del gangster in ritiro. Ma. quel che è peggio, è che in questa Cosa Nostra dove •devi essere coraggioso e leale», sono sempre più quelli che hanno segreti contatti con l'Fbi. E la «donnola» Fratianno diventa uno di loro. UNA linea politica comune ricollega gli attuali leaders politici russi ai grandi zar: dare compattezza nazionale allo sterminato mosaico etnologico della Grande Russia per riversare poi all'esterno gli effetti della maturata potenza. Leva già possente di dominio nelle mani di Ivan il Terribile, diventerà strumento di grandezza in Pietro il Grande, che rinsaldata la sua posizione all'interno ha dato spallate gladiatorie alle potenze che circondavano la Russia ed imbrigliavano le sue mire espansionistiche. Pietro il Grande, come ne esce da questa biografia di Henri Troyat. accademico di Francia, nato in Russia e famoso già per altri volumi sulla Grande Caterina e su Dostoevski, impersona le qualità travolgenti, le esuberanze, i vizi dissennati, le ferocie che hanno caratterizzato un lungo periodo della storia russa. Crapulone, sensuale, sincero negli affetti ed efferato nelle vendette, egli rivela una fosca, feroce grandezza quando punta l'avvenire della Russia Jimmy Fratianno ha 67 anni, la maggior parte dei quali vissuti nella mafia americana, implicato in undici omicidi, «non che gli piacesse uccidere. Era semplicemente qualcosa di spiacevole che andava fatto e più presto era finito tanto meglio». Un paio di anni fa ha saputo che la sua cosca intendeva eliminarlo, per beghe interne e perché lo riteneva infido. E' scampato costituendosi all'Fbi. ha vuotato il sacco e da allora è teste d'accusa nei processi mafiosi. Ora racconta le sue esperienze nel crimine organizzato. La stessa cosa fece una quindicina di anni fa il gangster Joseph Valachi, e allora il procuratore generale Robert Kennedy disse che Valachi aveva dato «con le sue rivelazioni il più grosso contributo mai offerto da un singolo individuo nella guerra contro organizzazioni criminali negli Stati Uniti». Fratianno detto «la donnola», invece, non fa rivelazioni esplosive, ma nella sua lunga intervista concessa a Ovid Demaris la mafia americana, o Cosa Nostra, è raffigurata in modo meno convenzionale di quella dei romanzi e dei film di successo. Quella in cui si trova a operare è una mafia che sta cambiando pelle, o già l'ha cambiata, e il gangster sembra rimpiangere l'epoca min cui i duri cadevano come mosche». Quando è entrato nella «famiglia» gli hanno insegnato che «questo Cosa Nostra viene prima di tutto, prima di tua moglie e dei tuoi bambini, del tuo paese, persino di Dio. Quando ti chiamano devi andare anche se tua madre sta morendo». Ha imparato la lezione e nel 1959 era già su alcuni punti basilari: sbaragliare le potenze nemiche, prima fra tutte la Svezia, e dotare il suo Paese di una grande flotta che arrivi a dominare il Baltico. Il primo colpo gli riesce quando, a Poltava. annienta l'esercito di Carlo XII di Svezia e impone all'attenzione del mondo la nuova potenza che si affaccia ai confini della grande politica europea, per cui Francia, Inghilterra, Austria e Prussia sono costrette, loro malgrado, ad accogliere nel club dei privilegiati il parvenu russo. Il secondo Luciano Curino Ovid Demaris: L'ultimo malioso. SugarCo, pagine 442, lire 12.000. Pietro il Grande colpo lo realizza creando dal nulla una grande flotta che riuscirà ad imporre la legge russa sul Baltico. Pietro il Grande fu il fondatore non soltanto della flotta russa, ma anche della Russia moderna. Schierandosi contro la tradizione, rappresentata dal clero e dai boiari, egli apri la Russia alle correnti di pensiero del secolo XVII, assoldò tecnici, architetti, carpentieri, meccanici in Occidente, egli stesso si dilettò di carpenteria e di fusione dei metalli, frequentando officine ed arsenali nei Paesi esteri che, primo monarca russo, visitò quasi in privato, con stranezze che divertivano i suoi ospiti a Parigi ed a Vienna, però mettendoli in imbarazzo coi suoi travestimenti. Ma per giungere ad inserire la Russia nella storia d'Europa, egli passò sopra cataste di cadaveri di russi poveri e ricchi. Ordinò ai suoi sudditi di tagliarsi le fluenti barbe, provocando una mezza rivoluzione, e gli impose di portare la parrucca, avvilente scimmiottatura dell'Occidente. Arrivò al trono sfidando la potenza della zia Sofia, lussuriosa ed intrigante, ed annientò gli streltsy, pretoriani al di sopra della legge e che ubbidivano soltanto alla reggente Sofia. Volle Pietroburgo, città creata dal nulla su insani acquitrini, perché la vedeva in funzione della potenza marittima che la Russia avrebbe esercitato in Europa. Per giungere a tanto, egli sacrificò la vita di migliaia e migliaia di suoi sudditi, tanto che di lui si disse: «JVon amava i russi, amava la Russia». Lascivo e grossolano, ubriacone e beffardo, si innamorò di una prussiana, di nome Caterina, sguattera e vivandiera in un reggimento. La sposò, anche se era già passata per molte mani. Benché elevata al trono, la donna lo tradì, e lo avrebbe fatto uccidere se egli non avesse scoperto il complotto. Non fece in tempo a vendicarsi, perché mori prima di lei. che divenne cosi zarina, ma ebbe tempo di uccidere il figlio Alessio, ch'egli sospettava tramasse contro di lui. Forse nemmeno pensò che anche Ivan il Terribile aveva ucciso il proprio figlio. Ciononostante, egli fu un grande zar, grande nella crapula, nel vizio, nella lussuria, ma anche nel forgiare lo spirito della nuova Russia. Fu un gigante (era alto due metri) che apri la strada della potenza russa che, trentanni dopo, un'oscura principessa prussiana, divenuta Caterina II, la Grande, avrebbe percorso con altrettanto successo nelle conquiste verso i mari caldi. Francesco Rosso Henri Troyat: Pietro il Grande. Rusconi, pagine 353, L. 20.000.