Alla scoperta del vero Mubarak di Igor Man

Alla scoperta del vero Mubarak Da oggi per tre giorni il premier egiziano a Roma ospite di Pertini Alla scoperta del vero Mubarak Il successore di Sadat è ancora in gran parte un enigma - Il suo ultimo discorso: «Collaboreremo con tutti i Paesi che ci tendono una mano amica, ma respingiamo la subordinazione» - Al Cairo cresce il consenso intorno al nuovo Raiss - Vive modestamente, la moglie è molto riservata - Dopo l'Italia visiterà Parigi, Londra, Bonn, Washington ROMA — Alla ricerca di «ispirazioni e contatti» con il mondo occidentale, il presidente egiziano, Hosni Mubarak, giunge oggi a Roma dove si tratterrà tre giorni, ospite ufficiale di Sandro Pertini. Le altre tappe del viaggio sono: Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Germania Federale. A Roma tocca, dunque, 'l'onore specialissimo' di ospitare per prima il terzo Raiss e questo perché, nell'ottica egiziana, l'Italia per la sua posizione geo-politica può svolgere un ruolo, 'affatto particolare; fra l'Europa dei Dieci e l'America di Reagan tuttora alla ricerca di una ben definita strategia mediorientale. Oltre che per i «profondi vìncoli storici e di amicizia' — che certamente e per l'ennesima volta verranno rievocati a Roma e che, tutto sommato, hanno un preciso riscontro nella realta: il nostro, dopo la guerra dei 6 giorni, fu il primo Paese, su iniziativa di Fanfara, a fornire preziosi aiuti a Nasser —, l'attenzione verso l'Italia è motivata dalle dichiarazioni fatte dal ministro Colombo durante il suo recente viaggio in Medio Oriente (Cairo, Riad, Amman). L'Italia, l'Europa—disse Colombo, non vogliono che la tensione Est-Ovest si scarichi sul Medio Oriente provocando lacerazioni forse irreparabili. E' pur vero — aggiunse il nostro ministro degli Esteri —, °che gli europei dovrebbero avvertire con maggiore sensibilità il problema del Medio Oriente (che passa attraverso il nodo centrale della questione palestinese), affrontarlo in maniera più corretta tenendo conto delle istanze di tutte le parti interessate: Alla vigilia della partenza, nel discorso — mezz'ora in tutto — al congresso del partito di governo, il pnd, Hosni Mubarak ha detto che i suoi colloqui si incentreranno sui modi per giungere a un accordo globale di pace e sugli aiuti economici all'Egitto. «Tenen do conto della sicurezza nazionale dell'Egitto, dei suoi interessi, collaboreremo con tutti i Paesi che ci tendono una mano amica. Ma respingiamo la subordinazione. Gli interessi strategici dell'Egitto riposano nei suoi legami con le nazioni arabe, africane e islamiche, ma ciò non impedisce più strette e proficue relazioni con gli europei, con gli Usa e gli altri Paesi (leggi Urss, n.d.r.)». Il viaggio in Occidente del terzo Raiss sarà un test importante per Mubarak che, per molti versi, è ancora da scoprire; come uomo, soprattutto come leader. Fino al 15 aprile del 1975. quando Sadat cogliendo tutti di sorpresa lo nominò vicepresidente. Hosni Mubarak era quel che si dice un illustre sconosciuto. Durante i 6 anni della vicepresidenza il •delfino» ha fatto il possibile per defilarsi. Presiedeva il Consiglio dei ministri, compiva missioni all'estero anche delicate, assisteva agli incontri di Sadat con capi di Stato, personalità politiche, giornalisti, prendendo appunti con la diligenza di uno scolaro, epperò non concesse una sola intervista non fece mai dichiarazioni che non fossero di routine. Nato in un villaggio del Delta 53 anni fa, Mubarak entra giovanissimo all'Accademia aeronautica dove impara l'inglese. Dopo il brevetto di pilota, due anni di addestramento in Urss («impara il russo ma non si innamora dei sovietici'), poi il comando di una base aerea, la carica di Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica che riorganizza con mano ferma. La guerra del Kippur lo vede comandante delle forze aeree, lo consacra «eroe.. Subito dopo la morte di Sadat, a Tripoli, nel mio incontro con il generale Shazli che si autoconsidera il vero artefice della «vittoria» del 6 ottobre 1973, chiesi al capo della cosiddetta opposizione ester¬ na un giudizio su Mubarak. Eccolo: 'Hosni è un uomo pulito». Per un giudizio politico occorre rifarsi al principe Feisal d'Arabia (• Un arabo pragmatico. I Paesi arabi bisogna che siano pazienti, flessibili nei suoi riguardi: il presidente Mubarak deve poter lavorare in pace almeno un anno. Merita fiducia') e all'intervista di Eric Laurent a Mohammed Hassanein Heykal, il giornalista principe arrestato da Sadat nel settembre dell'Ol, liberato da Mubarak il 25 novembre. Domanda: 'L'ascesa al potere di Mubarak è il princi¬ pio di una nuova era?'. Risposta: -Si. Io sono sicuro che egli agirà nell'interesse dell'Egitto. Sadat aveva mischiato gli interessi del Paese ai propri sogni o illusioni. E' questo che ha fatto precipitare la situazione. Mubarak, lui, dirà, farà ciò in cui crede: (L'Express 15 gennaio 1982). Per il momento, in Egitto tutti lo lodano: •£' onesto, non fa tre discorsi alla settimana né fa appendere propri ritratti in grandezza naturale a ogni incrocio'. Sadat aveva sette residenze e, si dice, 200 servitori; Mubarak è rimasto nel modesto alloggio di Heliopolis che acquistò a riscatto quando era un semplice ufficiale. Ha pregato cortesemente la libreria Hachette di ritirare una rivista che pubblicava foto di sua moglie e dei suoi due figli. Jihan Sadat compiva incursioni nella politica e negli affari, Susan Mubarak, giovane, bella, «non compare di continuo sulle prime pagine dei giornali e non si è fatta assegnare una cattedra universitaria subito dopo la laurea». Insomma, alla gente il nuovo Raiss comincia a piacere non fosse altro perché liquidando Abdel Meguid, sostenitore della politica di apertura economica di Sadat, reo di aver pubblicato falsi, illusori bilanci, ha detto chiaro e tondo che per uscire dal pauperismo, bisognerà sacrificarsi tutti, nessuno escluso. L'epoca delle iene grasse, gli speculatori arricchitisi grazie alla infitah (apertura) a spese dei miserabili, è oramai finita. Ma il 'liberalismo economico produttivo', postulato insieme con la lotta alla corruzione, preoccupa gli uomini d'affari egiziani che temono un •secondo Nasser». A esser preoccupati sono anche gli israeliani. A parte il progressivo disgelo con l'Urss, Mubarak ha liberato e riabilitato uomini politici e giornalisti nasseriani o dichiaratamente comunisti, ha messo in libertà il capo dei fratelli musulmani, lo sceicco Telmassani e, più grave ancora ai loro occhi, un altro inflessibile imperialista, Gabir Rizk e il celebre predicatore cieco Abdel Hamid Kishk: i suoi affollatissimi sermoni del venerdì, erano sempre dedicati alla denuncia delle ingiustizie sociali, -frutto della pace monca di Camp David'. «Che strada prenderà l'Egitto dopo il 26 aprile, quando avremo sgomberato il Sinai?», si domandano a Gerusalemme. Pure Mubarak ha le sue preoccupazioni. Ha un bisogno disperato di aiuti da parte dell'Occidente per evitare un disastro economico che fatalmente lo travolgerebbe; lo turba l'insistenza di Israele per giungere a un accordo sull'autonomia dei territori occupati prima del 26 aprile. Le due parti hanno una concezione opposta dell'autonomia: per Mubarak si tratta di una prima tappa verso l'autodeterminazione, in vista di uno Stato indipendente palestinese. Per Begin è solo la concessione a una minoranza d'una amministrazione locale. Mettersi sul cammino degli israeliani significherebbe, per Mubarak, votarsi al suicidio, non solo politico. «Stando cosi le cose, che farà Begin di qui al 26 aprile?», si chiedono gli egiziani. Oggi è dunque nel segno dell'incertezza e della speranza che comincia il viaggio di Mubarak in Occidente. Dell'incertezza abbiamo detto; la speranza è che l'Europa riesca a convincere gli Stati Uniti che il fallimento di Mubarak sarebbe, per la pace, più pernicioso della tragica fine di Sadat. Igor Man 11 Cairo. Mubarak, al centro, dinanzi al monumento al Milite Ignoto dove è sepolto Sadat (Tel. Ap)