Usa, Egitto e Israele sono d'accordo per il Sinai (rinvio su Cisgiordania) di Ennio Caretto

Usa, Egitto e Israele sono d'auorao per il Sinai (rinvio so Cisgiordania) Conclusa la missione Haig, mentre l'Orni discute ancora sul Golan Usa, Egitto e Israele sono d'auorao per il Sinai (rinvio so Cisgiordania) DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK — Il premier israeliano Begin ha garantito a Haig il ritiro delle sue truppe dal Sinai 'Senza alcun intoppo» entro la data stabilita, il 25 aprile prossimo. Ha inoltre dato il suo assenso alla presenza della forza di pace europea, formata da truppe italiane, francesi, inglesi e olandesi. Su quest'ultimo punto, egli chiederà l'approvazione formale dell'intero gabinetto domani. Le truppe dovranno presiedere il confine tra Egitto e Israele, insieme con altre australiane, americane e di altri Paesi. Queste notizie sono state fornite alla stampa da un membro dell'entourage dello stesso Haig durante il viaggio in aereo dal Cairo a Londra, ieri pomeriggio. Il segretario di Stato americano si è recato dalla capitale egiziana a quella inglese per conferire col premier Thatcher sulla crisi polacca. Ma i colloqui sono serviti anche a mettere a fuoco il ruolo della forza di pace europea. Inizialmente, Begin si era opposto a essa per protesta contro il tentativo della Cee di «associare» ai negoziati di Camp David anche l'Organizzazione per la liberazione della Palestina, da lui definita «ungruppo terroristico: La restituzione del Sinai all'Egitto, ha reso noto l'entourage di Haig, avverrà separatamente dal previsto accordo sull'autonomia limitata dei palestinesi in Cisgiordania e a Gaza. Il motivo è che l'intesa a questo proposito è ancora lontana. Il risultato principale della missione del segretario di Stato in Medio Oriente e consistito nel convincere le due parti a rinunciare alla «guerra di parole» delle ultime settimane, e ad accettare una mediazione americana. Né Haig né i suoi funzionari hanno svelato come Begin si sia indotto a rinunciare al Sinai, il suo asso nella manica, prima di risolvere il problema palestinese. AU'Onu, dove ieri è incominciato il dibattito dell'assemblea generale sul Go¬ lan, si sospetta che gli Stati Uniti abbiano assunto un impegno segreto a prevenire qualsiasi conflitto tra Israele f I Egitto. Si sospetta altresì < ie sia Tel Aviv sia II Cairo non scorgano nessun problema nel trascinare avanti per molti altri mesi, più di un anno, le trattative su Cisgiordania e Gaza. Un segno negativo dato da Israele è quello sugli insediamenti nella stessa Cisgiordania. Il ministro della Difesa israeliano Sharon li ha definiti «un indispensabile bastione contro eventuali attacchi giordani, siriani o iracheni: Ciò fa temere che Israele vo¬ glia aumentarne il numero (attualmente sono 85) in modo da garantirsi che una limitata autonomia palestinese non possa mai trasformarsi in autonomia completa. La questione verrà ancora dibattuta da Haig col presidente egiziano Mubarak la settimana prossima, quando quest'ultimo andrà a Washington per il suo primo incontro con Reagan dopo l'assassinio di Sadat. In questo momento, avendo quasi raggiunto l'obiettivo principale, il ritorno del Sinai all'Egitto, alla diplomazia Usa interessa soprattutto evitare una nuova crisi. Essa segue perciò una tattica temporeggiatrice. Il dibattito all'Orni sul Golan non la preoccupa. Al Consiglio di sicurezza, l'altro ieri, non ha cercato di evitare che la questione venisse demandata all'assemblea generale: si è semplicemente astenuta dal voto. La ragione è che la delibera dell'assemblea non è vincolante. Israele verrà duramente censurata per l'annessione del Golan, ma non vi saranno sanzioni obbligatorie. Le discussioni al Palazzo di Vetro saranno probabilmente ancora in corso all'ai rivo di Mubarak. Haig non vede una relazione tra i due eventi. Sul l'agenda dei lavori del segretario di Stato, per quanto concerne il presidente egiziano, figurano in primo luogo i rapporti bilaterali, poi la questione palestinese. I rapporti bilaterali sono estremamente importanti perché Mubarak ha accennato di recente all'adozione di una linea meno vicina a Washington e meno lontana da Mosca, anche se non di equidistanza. Nella visione americana, egli dovreb be invece essere il perno di un consenso strategico antisovietico. Mubarak si tratterrà negli Stati Uniti dal 2 al 5 febbraio. Si propone di chiedere nuovi aiuti militari ed economici, ma senza contropartite che non ritiene di poter dare. Sarà la prima tappa di un dopo-Sadat che potrebbe risultare diverso da quanto la superpotenza si ripromette. Ennio Caretto