In una moneta, computer grandi come un armadio

In una moneta, computer grandi come un armadio I microprocessori, ultimo stadio sinora raggiunto Si chiama microprocessore, è piccolissimo ma fa molte cose che fino a qualche anno fa non riuscivano a fare neppure i suoi più massicci progenitori, cioè i computer della prima e della seconda generazione. Il bisnonno, battezzato Eniac (Electronic numerical integrator and computer), nasceva nel 1943 all'Università di Pennsylvania. Ora potete vederne un esemplare al Museo di Los Alamos, dove è raccontata la storia della bomba atomica, nel Nuovo Messico. Naturalmente funzionava a valvole. Il suo compito era rigido: poteva solo fare calcoli balistici. Poi John von Neuman «inventò» il software, i programmi, e le nuove macchine elettroniche diventarono flessibili, si potè parlare di «intelligenza artificiale». Ma una valvola è grande quasi quanto una lampadina, e quindi quei calcolatori occupavano intere stanze pur avendo ancora capacità modeste. Poi vennero i transistor: nel volume di una valvola ce ne stavano più di cinquanta. E poi ancora vennero i circuiti integrati, e allora nel volume di un transistor divenne possibile stipare le funzioni di parecchie decine di valvole. L'integrazione è andata avanti rapidamente. I microprocessori sono il punto d'arrivo: in un centimetro quadrato di silicio ci sono fino a centocinquanta funzioni. Un calcolatore grande come un armadio ora sta nello spazio di una moneta. L'intelligenza artificiale cosi è diventata enormemente più disponibile, economica e poco ingombrante. L'elemento essenziale del microprocessore è il chip, parola che non ha traduzione. E' un microcircuito integrato, generalmente con un'area di appena cinque o sei millimetri quadrati. Su di esso — è una piastrina sottile di silicio purissimo — un raggio di luce laser «disegna» i componenti elettronici: transistor, resistor!, condensatori. A decine di migliaia. Con questo procedimento, che prende il nome di «stampa ottica», si è riusciti a ridurre la distanza minima tra i componenti a 5 millesimi Ma qualcuno non era ancora soddisfatto. Recentemente in Gran Bretagna si è messo a punto un nuovo procedimento di stampa che utilizza un pennello di raggi X invece del laser. Questo sistema consentirà, appena sarà operativo su scala commerciale, di ridurre la distanza minima tra i componenti a un solo millimetro. Fra tre anni potremmo avere dei chip che ospiteranno un milione di componenti su un'area grande come un'unghia. Oltre sarà difficile andare, perché in uno spazio cosi ristretto e affollato diventa impossibile smaltire il calore prodotto dal circolare della corrente elettrica (per quanto essa sia bassissima). Proprio In una moneta, computer grandi come un armadio per ovviare a questo inconveniente i sistemi elettronici più sofisticati vengono ormai come «surgelati» (anche perché alle bassissime temperature — si parla di elio liquido — è possibile mettere a profitto il fenomeno della superconduttività). Non si creda che i microprocessori riguardino solo alcuni laboratori scientifici avanzati. La loro rivoluzione è tra di noi, fa parte della nostra vita quotidiana. Un microprocessore è il cervello della vostra calcolatrice tascabile; un minuscolo chip lavora nell'orologio da polso elettronico; microprocessori misurano per voi diaframma e tempo d'esposizione quando scattate una fotografia. E via via, salendo ad applicazioni più complesse, troveremo microprocessori nel videoregistratore, nelle telecamere portatili, nei 'personal computer» che vanno diffondendosi ormai anche in Italia (si pensi al «Nanocomputer» costruito dalla Sgs-Ates), e infine nei grandi computer a integrazione su larghissima scala, o nei robot che in molte industrie stanno sostituendo il lavoro manuale degli operai. Le possibilità offerte da questa «intelligenza artificiale» sono sorprendenti e in buona parte ancora inesplorate. Un microprocessore può programmare la lavatrice domestica, funzione quasi banale, o gestire il bilancio della vostra famiglia o della vostra azienda. La sua flessibilità è altissima: dipende dal «programma» con cui lo pilotate. I microprocessori del futuro verranno dallo spazio. Raggiunto ormai un limite praticamente invalicabile nella concentrazione di funzioni in uno spazio piccolissimo, si pensa di migliorare la qualità e la competitività costruendo microprocessori con cristalli ancora più puri e con una composizione nuova rispetto al convenzionale «silicio drogato»: per esempio in arseniuro di gallio. Ma per fare queste cose occorre lavorare in assenza di gravità. L'Esa, Ente spaziale europeo, ha un vasto programma di lavorazioni in microgravità con un investimento di circa sessanta miliardi di lire in quattro anni. Il laboratorio sarà quello spaziale, nella stiva dello Shuttle. p.b. L'antenna del Cerri a Ginevra vaagvgccupem

Persone citate: Neuman

Luoghi citati: Ginevra, Gran Bretagna, Italia, Messico