Telefono, cento anni di vita ma in Italia s'è perso tempo

Telefono, cento anni di vita ma in Italia s'è perso tempo Solo dal 1947 l'impulso decisivo per un servizio nazionale Telefono, cento anni di vita ma in Italia s'è perso tempo Il telefono italiano ha superato appena i cento anni. Poco di più è trascorso dalla prima telefonata a lunga distanza, effettuata U 9 luglio 1876. tra Boston e Cambridge su una linea telegrafica di 3 chilometri. Il sistema muoveva i primi passi ma 11 buon fiuto dei business-man avverti subito l'importanza della «torta» e i profitti da capogiro che avrebbe potuto produrre. Tanto che, alcuni mesi dopo, venne costituita la Bell Telepriorie Company: l'offerta dei telefoni e la gestione delle linee assumevano un carattere industriale. Oli abbonati telefonici italiani, pochi privilegiati, che erano 6553 alla fine del 1883. salirono a più di 8000 l'anno successivo. A quell'epoca, se si esclude il tratto a brevissima distanza Genova-Sampierdarena, l'interurbana era inesistente. Oggi una famiglia su due ha in casa il prezioso apparecchio e gli impianti a disposizione del pubblico sono circa 400 mila, il 10% dei quali nelle cabine disseminate per le strade, nei bar, nei luoghi i più variati. Apparecchiature e reti hanno subito, nel corso di un secolo di vita straordinaria grazie ad una evoluzione tecnologica senza respiro, continue trasformazioni. Le distanze tra gli utenti si sono miracolosamente accorciate, le comunicazioni più agevoli. Per molte categorie di cittadini, penalizzate dal tempo e dagli acciacchi, il telefono si è trasformato in uno strumento per non uscire dal circuito del reale, un mezzo per sentirsi ancora vivi. Dai vecchi apparecchi a manovella con commutazione manuale da parte della operatrice si è passati ai telefoni automatici che utilizzano le reti nazionali ed internazionali in teleselezione. Se con i primi impianti era un'autentica «avventura» una conversazione tra due città vicine, oggi non fa più meraviglia la possibilità di collegarsi, grazie al prezioso ausilio dei satelliti artificiali, con l'altra sponda dell'Atlantico o con i più sperduti paesi di qualsiasi continente. In Italia lo sviluppo della rete telefonica ha avuto caratteristiche particolari: non è azzardato affermare che il ritardo con il quale si è creduto nel futuro del telefono ha parzialmente frenato lo stesso sviluppo del Paese. Un esempio: mentre nel 1887 venne attivata la prima linea di collegamento internazionale tra Parigi e Bruxelles, in Italia nel 1890 fu effettuato il primo tentativo di collegamento interurbano tra Roma e Albano, un paese distante qualche decina di chilometri. Fu un fiasco clamoroso tanto che gli impianti vennero smantellati e bisognerà attendere quattro anni per vedere funzionare la linea Milano-Monza. Il governo decise di muoversi con una certa serietà nel 1898 collegando Milano con Bergamo. Novara, Torino e successivamente con Roma via Voghera. Si può dire che il primo «boom» degli utenti ha inizio nel 1900 quando il loro numero raddoppia in appena tre anni superando le 42 mila unità. Alla fine della prima guerra mondiale, dopo oltre un decennio di gestione statale, gli abbonati collegati alle reti urbane sono 75 mila per quelle governative e 30 mila per le reti dei concessionari. Ma le condizioni tecniche erano pressoché disastrose e il servizio ne risentiva in misura notevole. A questo punto la prima rivoluzione: il governo decide di trasferire nuovamente alle società private i telefoni a suo tempo riscattati, stabilendo però condizioni particolari. L'Italia viene così suddivisa in cinque zone, una spartizione che durerà a lungo: la Stipe] per Valle d'Aosta. Piemonte e Lombardia; la Telve per le tre Venezie. F. 1 ali e Zara: la Timo per Emilia, Marche. Umbria, Abruzzi e Molise; la Teti per Liguria, Toscana, Lazio e Sardegna; la Set per Mezzogiorno e Sicilia. Nel periodo della grande depressione, a cavallo tra il 1929 e il '30. la telefonia non restò immune sotto i colpi della crisi economica mondiale. Cosi nell'ambito dell'Iri. fu costituita la ciambella di salvataggio statale, la finanziaria Stet che rilevò dalla Sip (Società idroelettrica Piemonte) le aziende telefoniche. La Teti e la Set restarono nelle mani dei privati. Le telecomunicazioni non si sono sottratte alle distruzioni del secondo conflitto mondiale. Ed è necessario arrivare al 1947 per veder funzionare tutto il servizio sia pure con le inevitabili imperfezioni tecniche dell'epoca. Comunque, con uno sforzo massiccio, non solo si pose riparo allo stato disastroso in cui versavano gli impianti dopo la guerra, ma si diede un nuovo impulso al traffico: gli abbonati superarono i due milioni. Nel giugno del 1964 si ha la fusione delle cinque concessionarie in un'unica società, la Sip. che da quel momento sarà il maggiore interlocutore verso lo Stato per quanto riguarda i servizi telefonici. Con la gestione unificata, lo sviluppo delle telecomunicazioni assume un ritmo progressivo crescente, al punto di diventare un elemento costante di riferimento nell'evo¬ luzione civile ed economica di tutta l'Italia. In sei anni di attività, si completa la teleselezione integrale su tutto il territorio nazionale. Alla fine del 1980 gli abbonati sono diventati 13 milioni, la densità telefonica sale a 33,7 apparecchi ogni 100 abitanti: nei diciassette anni di gestione Sip gli apparecchi sfiorano i 20 milioni. Nuove tecnologie hanno avuto il sopravvento. I circuiti integrali hanno sostituito le valvole termoioniche negli amplificatori e. al posto delle linee aeree e dei cavi interrati si sono utilizzati ponti radio e, per le comunicazioni internazionali, i satelliti artificiali. Il cammino, iniziato lentamente un secolo fa, tra mille difficoltà, continua oggi a ritmo vertiginoso con nuove rivoluzioni tecnologiche alle porte. e. pa.