Papandreu e gli yankees di Creta

Papandreu e gli yankees di Creta A cento giorni dalla svolta continua la presenza americana in Grecia, malgrado le promesse elettorali Papandreu e gli yankees di Creta Gli aranceti e i vigneti dell'isola sono spettatori di una sofisticata guerriglia elettronica tra russi (al largo) e americani, che qui hanno due delle quattro basi nel Paese - Le installazioni per ora sono state isolate «come un altro mondo» - Dal programma di smantellarle alla richiesta di esercitare un controllo - A marzo la trattativa; Atene cederà, e intanto rincara il prezzo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE HERAKLEION — Allungata sull'Egeo, l'isola naviga il Mediterraneo come una grande nave di terra. I bastioni del Sammichell e di Morosini che difendevano gli antichi approdi dall'assalto dei turchi sono oggi sostituiti dalle sofisticate guerriglie elettroniche che combattono russi e americani, perché le rotte che traversano il Mediterraneo continuano a passare tutte da qui, e non c'è portaerei che valga quanto quest'isola verde di aranci e di vigne. Le stazioni d'ascolto e di puntamento della Nato sono in basso tra le rocce, o mostrano le loro apparecchiature ben alte sui costoni delle montagne; ma di fronte, dondolando nel mare a qualche decina di chilometri dalle punte di Grabusa e Sideros, due piattaforme sovietiche ancorate offrono buon appoggio, e buoni pretesti, alle navi della flotta russa. Il traffico qui d'attorno fa impazzire i radar. Ogni giorno s'incrociano su questo mare un migliaio di navi d'ogni bandiera con rotta oceanica; quasi la metà di esse sono petroliere che caricano 25 milioni di barili di greggio, ma vi sono anche le formazioni della Sesta Flotta americana, gli squadroni della flotta del Mar Nero, le unità navali di Francia, Italia, Grecia, Turchia Aerei-spia sorvolano questo carosello affollato muovendo da Nord e da Sud. e non sempre le loro scie verdi sugli schermi elettronici hanno rotte di crociera. Il gioco della gì ?rra trova qui una delle sue caselle stra tegiche, e la linea di demarca zione tra gl'interessi occiden tali e quelli sovietici si perde drammaticamente tra le acque attorno all'isola. Quando Papandreu era venuto qui tre mesi fa, durante la chiusura della sua travolgente campagna elettorale, c'erano state follie ed entusiasmi straordinari lungo le strade che vanno a Herakleion: lo slogan « Yankee go home» era ritmato da migliaia di voci, e il turbinio delle bandiere verdi ne accompagnava la cadenza Papandreu è tornato l'altro ieri, ma l'entusiasmo era assai più contenuto. Forse è anche colpa della pioggia fredda che in questi giorni sta inzuppando Creta; però certamente la mobilita- zione del Pasok ha voluto essere più prudente e cauta che nell'ottobre scorso, perché Papandreu non intendeva davvero trovarsi di fronte a qualcuno che gli chiedesse quando verrà il tempo perché gli yankees se ne vadano a casa. L'entusiasmo facile della battaglia elettorale va cedendo spazio a un amaro realismo, e il problema delle basi americane comincia a sperdersi nelle vaghezze d'un negoziato ancora tutto da definire. Dopo l'avventura dei colonnelli e l'attacco turco contro Cipro, i rapporti tra Atene e Washington sono piuttosto tesi. 13500 uomini che assicurano il funzionamento delle quattro basi si vedono assai poco in giro, e non vanno mai in divisa; da una parte e dall'altra si preferisce evitare ogni occasione di frizione, e il governo greco sembra soprattutto intenzionato a isolare al massimo le installazioni americane. ^Debbono essere come un altro mondo; si dice ora ad Atene. Ma isolare è un conto, abbandonare un altro. Le dichiarazioni programmatiche il Papandreu suggeriscono la definizione di un calendario per la rimozione delle basi, però intanto chiedono che sia concordato un controllo greco sulla loro attività, una supervisione sull'operato militare e un diritto di sospensione di ogni piano che appaia dannoso agli interessi nazionali greci. Il pacchetto di richieste è assai gravoso, perché da queste basi muove gran parte del controllo strategico americano sul Mediterraneo meridionale, fino al Medio Oriente. Ogni giorno, per esempio, dalla base di Hellinikon si leva in volo uno dei due C-130 destinati alle missioni di ascolto elettronico e dì ricerca fotografica: la rotta dell'aereo, che è dotato di attrezzature sofisticate simili a quelle degli Awacs. non punta però mai a Nord, verso le regioni del Patto di Varsavia, e muove invece con un largo giro verso Sud-Ovest per seguire un tracciato che accompagna assai da presso l'incavo della costa libica. La base, che serve d'appoggio anche al Comando aereo militare statunitense (Mac) sta attaccata all'aeroporto di Atene, quasi sul mare di Gufaci a; ma per i piloti dell'aviazione greca è come se non esistesse nemmeno. Stessa rigida riservatezza a Nea Makri, che ha le sue installazoini a pochi chilometri dalla collinetta di Maratona: la rete di comunicazioni della difesa americana crea da qui un triangolo con il terminale napoletano di Licola e con quello di Morón, in Spagna; un sistema ausiliario d'intercettamento passa dalla stazione di Monte Pateras, collegata con il terminale cretese del monte Ehedri e con Smirne, in Turchia. Le altre due basi statunitensi sono qui. a Creta: c'è quella vicina ad Herakleion, che serve per la sorveglianza elettronica delle attività sovietiche nel Mediterraneo orientale; ma c'è soprattutto quella marittima di Souda Bay, che è forse la più importante area di servizio americana nell'intero Mediterraneo. La strada che da Herakleion porta all'antica Canea dei veneti passa in alto, a strapiombo; e il golfo della piccola baia non mostra granché a chi s'arresta a curiosare dalla cima delle rocce. L'unica rapida visione si ha prendendo uno dei voli civili che dalle isole portano al piccolo scalo di Kania, ed è l'immagine d'una grande frattura dentro lo strapiombo, come un taglio netto e fondo nel corpo della montagna. A Souda Bay ci sono installazioni sufficienti a dar appoggio e assistenza all'intera Sesta Flotta, in superficie; poi, dentro, in camminamenti e percorsi scavati all'interno della roccia, protetti come nei più arditi film fantabellici, ci sono le attrezzature portuali dei sottomarini nucleari e i grandi serbatoi dei missili a medio raggio e intercontinentali. Le richieste di Papandreu vorrebbero anzitutto arrivare a interrompere la rete di comunicazione che lega le basi greche a quelle turche, -per ragioni evidenti di sicurezza* diceva l'altro giorno il premier conversando con i giornalisti. Ma questo concetto di sicurezza contrasta decisamente con gli obiettivi strategici che guidano il collegamento internazionale delle basi americane nel Mediterraneo, e non sembra possibile trovare una forma di composizione del contrasto. Le trattative, che riprenderanno a marzo, partono perciò segnate da un destino difficile. Almeno in apparenza. Ma poi. nella realtà degli equilibri politici, il braccio di ferro sembra già deciso a vantaggio del contendente più forte; resta solo da stabilire quale sia il prezzo che verrà pagato per questa soluzione. Le scaramucce verbali e le punzecchiature vanno tuttora avanti, perché si tratta di guadagnarsi una migliore posizione contrattuale: la Grecia fa sapere, da una parte, di aver ripreso l'accordo per fornire su un'isola delle Cicladi assistenza e attracco alle navi-appoggio della flotta sovietica; dall'altra, fonti americane fanno filtrare la notizia che, se si dovessero chiudere realmente le basi greche, è già pronto un piano per la loro redistribuzione tra Turchia e Italia, con l'apertura di nuove stazioni in Egitto e a Cipro. Dietro questo scambio di messaggi cifrati c'è in effetti la richiesta di Atene d'avere due assicurazioni: una garanzia americana contro ogni minaccia di Ankara, e una fornitura di aiuti militari che attenui lo squilibrio tra le forze armate greche e quelle turche. Fino all'anno scorso la richiesta avrebbe avuto una buona capacità di presa, perché la politica statunitense assegnava «uguale importanza strategica alle basi turche e a quelle greche: le prime sono utilizzate passivamente, per raccolta di dati e forza deter¬ rente, mentre le seconde in generale danno un apporto attivo, come s'è visto nello sgombero dell'Iran del febbraio 79(testo d'un documento del Senato americano). Dopo l'aggravamento della crisi iraniana e la morte di Sadat, la Turchia sembra però diventata elemento essenziale della strategia atlantica nel Medio Oriente, assai più della Grecia, alla quale una grave crisi economica non consente neppure troppi colpi di testa. In questi ultimi giorni Papandreu ha moderato il tono e l'intransigenza delle sue dichiarazioni, tanto che Giolitti ha potuto trovare in un colloquio di due giorni fa -la piena solidarietà occidentale del governo greco-. Il leader ateniese resta uomo imprevedibile, e probabilmente i negoziati sulle basi avranno ancora momenti bruschi, anche al limite della rottura: ma le grandi promesse di ottobre finiranno un po' come le bandiere del Pasok, che in quei giorni sventolavano al sole di Creta e oggi se ne stanno zuppe e stinte sotto la pioggia che cade. Mimmo Candito NEW DELHI — Centotrentasette criminali comuni in attesa di essere giustiziati dal novembre scorso verranno impiccati in India, scaglionati in giorni e in luoghi diversi, a partire dal 31 gennaio. I primi saranno due assassini accusati di aver torturato e ucciso nel 1978 i due figli di un ufficiale di marina. Le esecuzioni capitali in India erano state sospese il 9 novembre per ordine della Corte suprema, cui uno dei due assassini aveva presentato ricorso lamentando che il presidente della repubblica aveva respinto la grazia. Il 20 gennaio la corte ha sancito la legittimità della decisione del presidente e ha stabilito che la richiesta di un assassino non è motivo sufficiente per dare l'avvio ad una revisione dei poteri della suprema carica politica del Paese. Perciò le esecuzioni capitali in sospeso sono state nuovamente autorizzate. Riprendono in India esecuzioni capitali Creta. Tra militari greci e americani poche possibilità d'incontro: si cerca di evitare occasioni di frizione tra governi