Terzo Mondo, rivoluzione o riforme? di Aldo Rizzo

Terzo Mondo, rivoluzione o riforme? UN VOLUME ENCICLOPEDICO E UN SAGGIO SU UN PROBLEMA DI GRAVE ATTUALITÀ' Terzo Mondo, rivoluzione o riforme? Le due strade che si aprono ai Paesi in via di sviluppo, strettì tra la fame e la violenza di diversi imperialismi Kitorna un grande tema: per il Terzo Mondo, rivoluzioni o riforme? Vent'anni fa, all'inizio della presidenza Kennedy, mentre i problemi del sottosviluppo andavano rivelando la loro enorme dimensione politica ed economica, la scelta riformistica fu fatta propria dalla massima potenza d'Occidente: l'dAlianza para el progreso» in America Latina, per scindere gli Stati Uniti dalle vecchie oligarchie economiche e militari e legarli alle forze riformatrici; il ritiro dell'appoggio, nello stesso Vietnam, alfa dittatura di Ngo Din Diem, per una politica capace di conquistare la fiducia delle masse e di sottrarle alle pressioni e alle suggestioni della rivoluzione «vietcong». Andò come andò. 11 riformismo latino-americano fini schiacciato tra la reazione delle classi dominanti e la spinta ultraradicale del castrismo e del guevarismo, con beneficio conclusivo della destra. In Vietnam, la caduta di Ngo Din Diem apri le porte al caos interno e al sempre più massiccio, e inutile, coinvolgimento diretto dell'America. Salvo che il comunismo vietnamita, dopo la vittoria, doveva rivelare a sua volta aspetti oppressivi e aggressivi, anche ai danni dei vicini Laos e Cambogia. Ora la questione del Terzo Mondo ritorna di grande e grave attualità per tutto questo e per altro ancora, come la crescente consapevolezza della tragedia della fame e della sotto-alimentazione, e le difficoltà d'impostare nuovi e più equi rapporti di scambio tra mondo sviluppato e mondo in via di sviluppo (il Nord e il Sud della Terra), mentre si fa più serrata la competizione tra le superpotenze, in crisi di rapporto diretto fra loro. Documentarsi diventa, più che mai, necessario. E c'è, appena pubblicato da Mazzotta, e curato da Piero Gamacchio per la Fondazione internazionale Lelio Basso, un grosso e ricco volume, che è una guida utilissima per districarsi tra le varie e molteplici realtà nazionali, che tutte insieme compongono la questione del Terzo Mondo («Per il diritto e la liberazione dei popoli. Le lotte \ in Africa, Asia, America Lati-' na»). Un'autentica enciclopedia del Terzo Mondo, o meglio! del terzomondismo. Senza appello La distinzione serve a dire che, se l'informazione è rie- '■ chissima, essa è anche rigidamente orientata, nel segno dell'appoggio e della fiducia ai movimenti più radicali e della condanna senza appello dell'imperialismo, visto come una caratteristica pressoché esclusiva degli Stati Uniti d'America. La base, diciamo così ideologica, del libro è del resto quella «Dichiarazione universale dei diritti dei popoli», che si volle stilare ad Algeri il 4 luglio 1976, come celebrazione polemica e contestativa della Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti, approvata a Filadelfia lo stesso giorno di due secoli prima. lgsmsVi11!■ '■ a a i L'introduzione a questo volume, che lui stesso aveva progettato dopo Algeri, Lelio Basso la scrisse nel 1978, pochi mesi prima di morire, e cosi essa ignora che, di li a poco, il Vietnam liberato avrebbe invaso la Cambogia, e la Cina avrebbe attaccato, per rappresaglia, il Vietnam. Di queste cose si parla in un saggio successivo di Francois Houtart, ma brevemente, rispetto alla mole del volume, e in modo ambiguo, mentre Basso può ancora spiegare la guerra americana in Vietnam come un episodio d'imperialismo classico (poiché «una volta libero, il Vietnam non avrebbe aperto le frontiere al capitale americano») e concludere che «mondo libero», nell'accezione americana, «è sinonimo di mondo schiavo dell'imperialismo». Basso fu un autorevole studioso del marxismo degli Anni Venti e in particolare di Rosa Luxemburg; e a quegli anni, e anche a prima, se si pensa al saggio di Hobson, che prece cccdette quelli di Lenin e" della1i stessa Luxemburg, risale la concezione dell'imperialismo I1 come di una caratteristica 1 esclusiva delle potenze capita-! listiche, costrette da un'insuffi-■ cienza di domanda interna a' esportare i capitali e a conqui- stare con la forza nuovi merca- ti. soggiogando popoli e Paesi. i E Lenin aggiungeva che era ! anche un modo di addormen- tare la rivoluzione interna, ta- citando con benefici economici indiretti le «aristocrazie operaie». Ma ormai da decenni, ac- canto a queste forme d'imperialismo, certamente esistite e che ancora oggi, dove possono, cercano di sopravvivere, attraverso il neocolonialismo, altre se ne sono manifestate, con motivazioni non necessariamente economiche, ma geopolitiche e militari: dal nazismo fino alla teoria e alla pratica sovietica della «sovranità limitata» dei Paesi comunisti: imperialismo definito in dottrina «sociologico» per distinguerlo da quello strettamente «economico» (a parte il fatto che motivazioni economiche possono sempre coesistere, anche in questo caso, con quelle politico-territoriali). Rivalità locali La storia del Terzo Mondo è dunque percorsa da imperialismi di vario genere (si pensi all'Afghanistan) e anche da imperialismi «locali» o subimperialismi (il Vietnam e l'Indocina) oltre che da una miriade di rivalità e gelosie tra un Paese e iNastalrq\ 1 l'altro, mentre è vero che il problema di fondo resta quello I di promuovere o favorire uno | sviluppo autonomo del «Sud ! della Terra», in termini politici j ed economici, e di risolverne i ! problemi più urgenti ed acuti.1 j come la sotto-alimentazione. \ C'è un altro contributo al di- I battito italiano su questi temi, a ed è di un altro socialista, di ben diversa scuola. Paolo Sylos - Labini. E' la voce «Sottosvii luppo» della «Enciclopedia del - '9ÒÓ», di cui Io stesso Sylos La bini ha riassunto il senso su «Mondoperaio» di dicembre. in una discussione con Calchi Novali. Molti dati vengono rivisti e aggiornati, da quelli sull'espansione demografica, che tende a rallentare in rapporto alla crescita economica, a quelli sulla crescita stessa, che interessa in forme significative una quarantina di Paesi del Terzo Mondo e quasi due miliardi di persone. Benché resti grave, in aree rilevanti, il problema alimentare, ne escono smentite in generale, secondo Sylos Labini, le teorie del «catastrofismo» e quelle, più o meno collegate, della «necessità» delle rivoluzioni, come scorciatoie disperate, che poi finiscono per provocare, di norma, contraccolpi reazionari e militari, e comunque per innescare interferenze esterne. Escono invece rafforzate le teorie riformiste e gradualiste, nel segno della complessità delle situazioni reali: a condizione, naturalmente, che le ri\ forme siano vere e incisive (da quella agraria a quella dell'istruzione) e che gradualismo non voglia dire rinvio. Di grande importanza, dice Sylos Labini, è il «messaggio» che i democratici e gli intellettuali oc- 1 «dentali, e in primo luogo eu \ ™Re,> devono inviare ai gruppi 1 dirigenti dei Paesi nuovi: un i messaggio che li aiuti a percori| rere la strada dello sviluppo s l u . «attraverso le riforme e altra verso le istituzioni»; una strada «lunga, dolorosa, piena di trabocchetti, ma senza alternative e senza scorciatoie». Aldo Rizzo