La commissione P2 esaminerà l'archivio di Gelli in Uruguay di Ruggero Conteduca

La commissione P2 esaminerà l'archivio di Celli in Uruguay Per l'ispezione è però necessaria l'autorizzazione di Montevideo La commissione P2 esaminerà l'archivio di Celli in Uruguay Ancora poco chiara la vicenda della vendita «forzata» del 6% delle azioni Ambrosiano da parte della famiglia Rizzoli a quattro società panamensi - Tre di queste, secondo alcuni, di proprietà di Calvi (che avrebbe suggerito l'operazione), Gelli e Ortolani ROMA — L'inchiesta è appena agli inizi. Ancora non è stato deciso se le indagini sulla loggia di Licio Gelli avranno un seguito con gli interrogatori di persone apparse sulle liste della P 2 o con le audizioni di persone legate alla vicenda del Corriere della Sera: c'è già, però, una parte cospicua di commissari decisa a insistere per mettere le mani sull'archivio del maestro venerabile rinvenuto e sequestrato dalla polizia uruguaiana nella villa di Gelli a Carrasco, il quartiere più esclusivo di Montevideo. Fallito il tentativo di acquisire agli atti le carte trovate in Uruguay a causa di difficoltà burocratiche incontrate dal nostro ministero degli Esteri, ora, la commissione P 2 ha intenzione di avanzare una nuova richiesta: l'autorizzazione a inviare una delegazione a Montevideo per prendere visione dei documenti. Sembra che le pratiche per ottenere il consenso delle autorità sudamericane siano già state avviate dall'ufficio di presidenza della commissione. «Questo esigenza — spiega un commissario — nasce da una duplice serie di motivi, primo perché siamo convinti che la maggior parte della documentazione più, promettente Gelli l'abbia portata con sé e nascosta nella sua residenza di Montevideo; in secondo luogo perché esiste l'esigenza di reperire carte che, nonostante le ripetute richieste, ancora non ci sono pervenute. Mi riferisco, per esempio, ai verbali di interrogatorio e a tutti gli altri atti istruttori in possesso della magistratura romana e di quella bolognese sull'eversione nera, che, in de finitiva, costituiscono, assie me, la parte più importante dell'inchiesta a noi affidata.. L'Uruguay, comunque, e la possibilità che la richiesta venga accolta in tempi brevi, è di là da venire: per il momento, e nonostante le dichiarazioni distensive del senatore comunista Calamandrei, all'interno della commissione esiste, quantomeno, una disparità di vedute sul programma immediato che martedì prossimo dovrà essere fissato. I socialisti, per esempio, insistono nel voler affrontare i risolvere, una volta per tutte il caso Corriere. I rappresentanti del pei preferiscono invece convocare i generali e i militari coinvolti nella P specie quelli che facevano parte dei servizi segreti e che ne sono stati allontanati. Fra di loro, un terzo gruppo di commissari, il più numeroso, che, in linea anche con la volontà del presidente Tina Anselmi, non mostra preferenze limitandosi ad attenersi ai primitivi progetti che erano quelli di indagare sull'origine, la consistenza e i fini della P 2 non trascurando nel contempo argomenti (come quello legato al Corriere della Sera) che, di volta in volta, sarebbero venuti a porsi all'attenzione della commissione. Certo, l'indagine non è delle più facili, considerate anche le difficoltà sia di procedura sia di contenuti. Proprio per questo motivo l'ufficio di presidenza ha chiesto al Consiglio Superiore della magistratura la nomina di alcuni consulenti ai quali poter ricorrere nel casi di maggiore difficoltà. Uno, in particolare, è rappresentato dal carattere quasi esclusivamente tecnico-economico, specie per quanto riguarda le vicende legate al gruppo Rizzoli. Le audizioni sino a questo momento rese da Tassan Dm, Calvi e Angelo Rizzoli non hanno sciolto i dubbi iniziali dei commissari. Riuscire a capire negli esatti termini il perché di tante transazioni d'affari e, soprattutto, se vi è stata in passato una certa dipendenza di Rizzoli da Calvi o da Gelli o da Ortolani oppure, meglio ancora, da tutti e tre, significherebbe aver condotto l'indagine su un binario utile. Un argomento capace di poter aprire uno spiraglio promettente è quello che si riferisce alla vendita «forzata» del 6 per cento delle azioni del Banco Ambrosiano da parte della famiglia Rizzoli a quattro società panamensi. C'è chi attribuisce la proprietà di tre di esse a Ortolani, Gelli e Calvi, anche se in materia non esistono prove certe. La deposizione di Rizzoli dinanzi alla Commissione ha fatto intendere, anche se solo in parte, la verità su quell'episodio. Quando i Rizzoli si rivolsero al Banco Ambrosiano per ottenere finanziamenti a favore del gruppo editoriale in difficoltà, Calvi suggerì ad Andrea Rizzoli, che all'epoca faceva parte del consiglio di amministrazione dell'Ambrosiano, di vendere il 6 per cento di sua proprietà altrimenti non avrebbe potuto, nella sua qualità di azionista del Banco, godere dei crediti richiesti. «Vi dirò io — aggiunse in quell'occasione Calvi — a chi vendere». La trattativa, av viata con le società panamen si assistite da funzionari del Banco Ambrosiano, fu condotta da Ortolani che, per la sua intermediazione, riscosse una commissione di 7 milioni di dollari. Ruggero Conteduca

Luoghi citati: Montevideo, Roma, Uruguay