Fermate De Gaulle marcia su Torino

Fermate De Gaulle marcia su Torino RETROSCENA D'UNA MANCATA ANNESSIONE Fermate De Gaulle marcia su Torino A metà settembre del 1944, il nostro ministro a Berna, Magistrati, comunicò, per il tramite della legazione degli Stati Uniti, che correvano voci circa l'annessione da parte francese dell'Isola d'Elba e della Val d'Aosta. Sul foglio del telegramma il sottosegretario agli Esteri del governo Bonomi, Giovanni Viscond Venosta, annotò: «Sciocchezze». Un quasi contemporaneo telegramma di Magistrati, giunto per lo stesso tramite, informava delle apprensioni del Cln di Torino per la situazione della Val d'Aosta «dove tendenza autonoma sta gradualmente sboccando in movimento per annessione alla Francia». Si temeva, tra l'altro, l'occupazione delle vallate da parte delle truppe francesi e si chiedeva un intervento della Commissione alleata, affinché la Val d'Aosta fosse liberata dalle truppe della VII Armata americana. Nuova annotazione di Viscond Venosta: «Non bisogna dare importanza né prendere sul serio isterismi locali». Il segretario generale del ministero degli Esteri, Renato Prunas, riassunse i due telegrammi in un appunto in cui si diceva che «ad evitare il ripetersi degli incidenti già verificatisi nell'isola d'Elba e le inevitabili sfavorevoli ripercussioni presso il Movimento italiano di Resistenza», convenisse interessare la Commissione alleata, affinché la Val d'Aosta fosse occupata dagli americani. Sull'appunto c'è un vistoso «sì» a matita rossa, probabilmente di Bonomi. Prunas tradusse la sostanza dell'appunto in due lettere identiche che fece pervenire all'ambasciatore degli Stati Uniti, Alexander Kirk ed a quello britannico Sir Noel Charles. Entrambi assicurarono che ne avrebbero informato i loro governi e il Comando alleato. L'ottimismo di Giovanni Visconti, figlio del grande Emilio, non era giustificato. Ben al contrario! Lo storico francese Pierre Guillen, che ha potuto consultare sia gli archivi del ministero francese della Difesa, sia quello dell'ambasciatore René Massigli, che fu il primo commissario agli Esteri del governo d'Algeri, ha scoperto che sin dal novembre del 1943 col memorandum «Misure da far valere nei confronti dell'Italia», redatto secondo le direttive del generale De Gaulle, era stato accolto il principio di una pace punitiva: disarmo militare navale, riparazioni, liquidazione della colonia italiana di Tunisia, annessione del Fezzan, smilitarizzazione della" Tripolitania, della Sardegna e della Sicilia, annessione delle vallate alpine in cui «si parla. il francese o il franco-provenzale», tra cui Val d'Aosta, vallata brianqonnese ed in particolare le vallate d'Oulx e del Sestriere sino a Susa e Fenestrelle... L'isola d'Elba non faceva parte delle rivendicazioni francesi. Ma ci vollero ripetuti e decisi interventi di Visconti Venosta e di Prunas presso la Commissione, prima che il capo di questa, amm. G.W. Stone, fosse in grado di rispondere che l'isola sarebbe stata inclusa, a partire dal 20 settembre, nella provincia di Livorno e quindi sottoposta al governo militare alleato. Le truppe francesi evacuarono l'isola al momento dello sbarco alleato nella Francia meridionale • • Diversa era la situazione della Val d'Aosta. Nonostante gli accordi di collaborazione politica e militare tra il Cvl italiano e il «Maquis» francese conclusi nel maggio a Barcellonette e a Saretto, informazioni giunte da Magistrati e dallo Stato maggiore nel mese di ottobre assicuravano che il Comitato francese di liberazione non riconosceva ai patrioti italiani la qualità di belligeranti. Partigiani della IV Divisione «Garibaldi», costretti dopo duri combattimenti con i tedeschi a rifugiarsi in Francia, dovettero ripassare il confine sotto minaccia di internamento da parte del comandante del «Maquis» di Bourg-St-Maurice, che si rifiutò di dar loro viveri e munizioni. Analoghe informazioni di Parri. Dugoni, Craveri e di altri allarmarono il governo italiano contro le mire francesi. 11 3 febbraio 1945 il servizio informazioni dello Stato mag- gjore segnalò che la Francia stava compiendo un grosso concentramento di truppe, tra cui le famigerate formazioni marocchine, con l'intenzione di occupare la Val d'Aosta e le altre valli piemontesi. Sappiamo ora che l'informazione era esatta. 11 gen. De Gaulle aveva nominato il gen. Doyen a capo di un'armata delle Alpi, comprendente parecchie divisioni, allo scopo di occupare un vasto territorio in Italia. Le direttive di De Gaulle erano che l'operazione dovesse avere, agli occhi degli alleati anglo-americani, un carattere tecnico, con il fine «segreto» dell'annessione definitiva della Val d'Aosta, della regione dei Sei Comuni, sino al Colle di Tenda compreso, e di quella del basso Roia sino a Ventimiglia inclusa. Il ministro degli Esteri De Gasperi (Visconti Venosta si era dimesso in dicembre) indirizzò al capo della Commissione alleata, amm. Stone, una lettera in cui lo metteva al corrente delle voci di un'imminente operazione francese nell'Italia settentrionale pregandolo «nel caso che tali notizie risultino esatte, di voler interporre i suoi buoni uffici per decisamente sconsigliare l'eventuale attuazione di operazioni del genere». Avendo ricevuto nuove allarmate notizie dalla Val d'Aosta, dallo Stato maggiore, dall'ambasciata di Washington e dalla legazione di Berna, il presidente Bonomi ne parlò il 28 marzo sia con l'amm. Stone, sia con l'ambasciatore francese Couve de Murville, sia infine col delegato britan¬ nico MacMillan. Lo stesso giorno anche De Gasperi conferì con Couve de Murville, rinnovandogli le «serie preoccupazioni» del governo italiano e le «spiacevoli ripercussioni» che una tale azione avrebbe avuto. L'ambasciatore francese si limitò a mettere in dubbio la veridicità delle informazioni, e ad aggiungere che solo ragioni di natura strategica avrebbero potuto indurre le truppe francesi a varcare il confine. In realtà il confine venne varcato alla fine di aprile dalle truppe francesi, che alla vigilia erano state ispezionate e arringate dallo stesso gen. De Gaulle. Esse occuparono tra l'altro la Val d'Aosta sino a Ponte S. Martino, Briga, Tenda e altre località. Mentre il gen. Juin veniva nominato comandante della zona di occupazione francese in Italia, sulla stampa transalpina apparvero ripetute notizie di imminenti annessioni territoriali. L'azione della nostra diplomazia, che poteva disporre finalmente degli ambasciatori Saragat a Parigi, Carandini a Londra, Tarchiani a Washington, oltreché di Quaroni a Mosca, fu quanto mai sollecita e efficace. Il Comando anglo-americano impartì a quello francese l'ordine di ritirare le sue truppe al di là della frontiera. Ma De Gaulle, che cercava in Italia quella vittoria che gli era sfuggita altrove, si rifiutò di tenerne conto e ordinò al gen. Doyen, secondo i documenti citati dal Guillen, di continuare l'avanzata sino a entrare a Torino. Il mar. Alexander, che aveva già dato ripetute assicurazioni al nostro governo, lo informò di aver dato ordine alla V Armata di costringere, se necessario, le truppe francesi a ritirarsi. De Gaulle minacciò di resistere con la forza. Ma il 7 giugno il presidente Truman gli indirizzò un ultimatum: se le truppe francesi non avessero ripassato la frontiera italiana, gli Stati Uniti avrebbero sospeso immediatamente tutte le loro forniture. Quattro giorni dopo venne concluso a Caserta un accordo sul ritiro delle truppe francesi dal territorio italiano. Enrico Serra De Gaulle visto da Levine (CopyrlghtN.Y.RevlewofBrooks. Opera Mundi e per l'Italia «La Stampa»)