Pensioni, un rebus

Pensioni, un rebus Nella ridda di cifre e di ipotesi Pensioni, un rebus E' stato denunciato all'opinione pubblica che l'Inps non sarà in grado di fare fronte ai propri impegni verso i pensionati, se il Parlamento confermerà la richiesta del governo di congelare in 5500 miliardi l'importo delle anticipazioni che potranno essere incassate dall'ente nel 1982. Sulle cifre del «buco» si è fatto un gran polverone e molta confusione. Un chiarimento appare importante, per tranquillizzare milioni di pensionati, preoccupati della continuità delle proprie pensioni, e per definire le dimensioni del possibile sfondamento del tetto fissato dal governo al disavanzo pubblico. Secondo le previsioni di cassa dell'Inps l'equilibrio tra entrate e uscite richiederebbe versamenti dallo Stato per circa 19 mila 300 miliardi. Poiché nelle previsioni del bilancio dello Stato e della Tesorerìa sono state previste erogazioni all'Inps per soli 12 mila 600 miliardi, risulterebbe un «buco» di 6700 miliardi che, peraltro, una revisione tecnica dei dati dell'Inps ridimensiona in circa 4000 miliardi. E' questo, dunque, l'importo che dovrebbe essere coperto con maggiori entrate o minori spese. Il buco delle pensioni deve attirare la nostra attenzione sulla grave crisi strutturale del settore previdenziale e sulle preoccupanti tendenze di ulteriore aggravamento per il futuro. Qualche dato, tratto dal recente rapporto sulla spesa previdenziale della Commissione Castellino, può illustrare la situazione. Nel 1982 la spesa per pensioni dovrebbe raggiungere con 56 mila 653 miliardi il 12,1% del reddito nazionale. In dodici anni il livello della spesa è cresciuto di un terzo (5,3 punti del reddito nazionale). L'incremento «spiega» un terzo dell'aumento dell'intera spesa pubblica salita nello stesso perìodo dal 35,4 al 50,6% del reddito nazionale. Insieme alla crescita della spesa per pensioni è aumentato in misura progressiva, con il disavanzo delle gestioni pensionistiche, l'onere per la Finanza pubblica. Esso è passato' in dodici anni dal 17 al 27% delle pensioni erogate, toccando quest'anno oltre 3 punti del reddito nazionale, pari al 30% dell'intero disavanzo pubblico. Le previsioni per i prossimi 20 anni indicano ulteriori peggioramenti, anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione italiana. Gli ultrasessantenni, che erano il 13,9% della popolazione nel 1960 e il 17,1% nel 1980, saliranno nel 2000 al 22,1%. Senza interventi moderatori, il livello della spesa per pensioni aumenterebbe al 15% del reddito nazionale nel 1990 e al 19% nel 2000. Per mantenere l'equilibrio delle gestioni, i contributi versati dai lavoratori dovrebbero passare dall'attuale 20 al 33% delle retribuzioni. Altrimenti l'onere sulla finanza pubblica dovrebbe triplicarsi in termini reali. Oltre che dall'invecchiamento della popolazione, l'aumento della spesa è stato determinato da decisioni discrezionali del governo e del Parlamento, che hanno allargato il campo di copertura dei programmi, accrescendo tanto il numero (da 5,6 milioni nel 1960 a 13,8 quest'anno), quanto l'importo delle pensioni. Quest'anno la pensione annua media raggiunge oltre 4 milioni di lire, pari a quasi un terzo del salario medio, mentre nel 1970 essa era solo di 422 mila lire e raggiungeva appena un quarto della retribuzione media. Si è assicurato a tutti i pensionati un livello «minimo» di pensione (pari oggi a 245 mila lire il mese per i lavoratori dipendenti), facendo godere circa 8 milioni di pensionati di un consistente trasferimento solidarìstico a carico della collettività. L'aumento del numero dei pensionati non è stato accompagnato da un corrispondente incremento dei contributi degli assicurati, il cui numero è rimasto pressoché costante (intorno a 20 milioni). Ciò spiega la forte crescita del disavanzo. Purtroppo, lo sviluppo delle pensioni, di per sé grande con¬ qdupq quista civile, è avvenuto in modo disordinato, concedendo una mirìade di trattamenti differenziati, tanto nella partecipazione al finanziamento, quanto nel livello delle prestazioni, senza che le sperequazioni fossero giustificate dal rispetto del criterio di eguaglianza di trattamento per tutti i cittadini in eguali condizioni soggettive ed oggettive. Grazie al clientelismo politico, molti gruppi si sono conquistati sul campo privilegi rispetto alla maggior parte dei pensionati. Gravano, quindi, pesantemente sulla collettività oneri non giustificati sotto il profilo dell'equa distribuzione. La Commissione Castellino suggerisce un ampio ventaglio di possibili interventi. Distingue le misure ad effetto immediato da quelle strutturali, che mirano al controllo del flusso di liquidazioni delle nuove pensioni. Vanno da ipotesi di aumenti dei contributi a carico di soggetti che godono di privilegi ingiustificati, a possibili misure in grado di ridune l'importo medio delle pensioni. Queste misure prevedono il divieto del cumulo tra pensioni di invalidità civile e pensioni Inps; l'introduzione di limiti sia al cumulo tra le pensioni e le prestazioni della cassa integrazione, sia all'integrazione al minimo nel caso delle doppie pensioni; la revisione delle forme esistenti di indicizzazioni perverse. Le proposte Castellino meritano l'attenzione del governo e delle forze politiche. E' auspicabile che, risolta la questione urgente della copertura del «buco» per il 1982, il problema di fondo delle pensioni venga affrontato elaborando un vero e proprio progetto di riforma che unifichi ed integri in un solo provvedimento le iniziative di legge all'esame del Parlamento. Franco Reviglio

Persone citate: Castellino, Franco Reviglio