OSSERVATORIO di Renato Proni
L'Europa bela dopo i ruggiti OSSERVATORIO L'Europa bela dopo i ruggiti Europa, Europa: sempre ali ricerca di un ruolo mondiale, ed eternamente impantanata in sterili controversie sul latte e (da sette anni) sui contributi britannici al bilancio comunitario. Alla vigilia della riunione di venerdì dei ministri degli Esteri sulla ristrutturazione delle politiche della Cee, Emilio Colombo aveva solennemente avvertito: «Se non troveremo l'accordo, sarà un segno che l'Europa è entrata in una fase di decadenza». A mezzanotte, la riunione si è conclusa senza una intesa, ma con sostanziali progressi. L'Europa non decade, allora? Occorrerà un'altra verìfica, fissata per il 25 gennaio. Intanto, fuori dal Palazzo d'Egmont (sepolto non solo dalla neve ma da montagne di documenti e di statistiche sulle eccedenze agrìcole) la «Storia» segue il suo corso: in Polonia, nel Medio Oriente, nell'Afghanistan, nel Salvador. Quattro punti devono essere decisi: la riduzione delle spese agrìcole che assorbono il 70 per cento di un bilancio annuo di 27 mila miliardi di lire; gli aiuti all'agricoltura mediterranea; le penalizzazioni delle eccedenze latteo-casearìe; il livello dei contributi inglesi alle casse della Cee. Attualmente, c'è una certa disponibilità a garantire restituzioni finanziarie a Londra per cinque anni. Nel 1980, il Regno Unito ha pagato il 18,4 per cento delle spese comunitarie, ma ha incassato solo il 12,4 per cento delle elargizioni. Avrebbe quindi diritto a una reintegrazione Finanziaria fino al massimo del 6 per cento, ovvero a circa mille miliardi di lire l'anno. L'Irlanda, la Danimarca e l'Olanda, tuttavia, non vogliono che siano riformate le politiche agrìcole dalle quali traggono enormi benefìci. L'Italia, con la Grecia, sollecita più rispetto (e più soldi) per le produzioni agrìcole di tipo mediterraneo. Questa «rifondazione della Cee», come è stata definita, produrrà probabilmente un accordo che non modificherà la struttura delle spese comunitarie: avanti adagio, quasi fermi, è il motto di Bruxelles. Lord Carrìngton (memore del «cri de coeur» della signora Margaret Thatcher «Rivoglio i miei soldi!»), è stato convincente, e commovente, nella riunione di venerdì. All'olandese Van der Stoel che citava i problemi dell'impiego nel suo Paese come ostacolo a ulteriori concessioni all'Inghilterra, il capo del Foreign Office ha detto: «Tu parli di disoccupazione in Olanda. Ti rendi conto della tragedia della disoccupazione nel mio Paese?». Poi si è rivolto a Cheysson, ministro degli Esteri francese: «Claude, dimmi tu, Claude, che cosa sono le difficoltà della vostra industria rispetto alle nostre?». Poteva bastare, ma Lord Carrìngton si appellava anche al buon cuore dei greci: «Nella nostra situazione, quale grida di protesta lancereste voi?». A questo punto, la situazione si è quasi sbloccata: non si poteva dire di no all'Inghilterra che dal ruggito di Churchill era passata al belato di Lord Carrìngton. La signora Thatcher avrà probabilmente i suoi soldi, i produttori di latte usufruiranno di qualche garanzia in meno per le loro eccedenze, olivicoltori e inscatolatoli di pomodori del meridione continueranno a ricevere qualche sovvenzione, le spese agrìcole saranno relativamente contenute. Ma l'Europa non decade davvero? Renato Proni
Persone citate: Churchill, Emilio Colombo, Margaret Thatcher, Thatcher
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