Cieca macchina di guerra di Guido Ceronetti

Cieca macchina di guerra LA SOCIETÀ' SOVIETICA NELL'ANALISI DI CASTORIADIS Cieca macchina di guerra PARIGI — Kostas Papayoannou — apparve su «La Stampa» del 22 dicembre 1979 una mia conversazione con lui — è morto, il 17 novembre 1981, per cancro, a cinquantasei anni. A Parigi, dove era un privilegio rendergli visita e ascoltarlo, mi manca adesso questo appiglio sicuro, per la conoscenza della realtà contemporanea. Era uno di quegli amici della verità, di cui la verità ha bisogno, per rinviare i suoi propositi suicidi nei momenti di più crudele depressione: Kostas la risollevava, la rallegrava con la sua intelligenza e la sua fedeltà Le Roy-Ladufie ne ha parlato come di un Socrate: un Socrate della critica politica, uno che ti redimeva dalla confusione mentale. Dall'anima raggiunta dal suo bisturi, la crosta dell'impostura si staccava morta, senza dolore. Grande marxologo, non perdonò ai marxisti nessun falso, nessun errore. Come ogni spirito veramente lucido, era profondamente anticomunista. Grazie, Kostas, per tanti sofismi dissipati. Ma a Parigi c'è un altro greco che vale la pena d'incontrare, un fratello ideale di Kostas, un altro emigrato levantino del 1945 dagli occhi terribilmente aperti, partito come lui dalla Grecia per trasformare in ideali Termopili queste linee sfondate dentro cui prospera la decomposizione politica dell'Occidente: Cornelius Castoriadis, Crepiamo almeno a occhi aperti! L'ultimo saggio di Ca storiadis Deva ut la guerre è un bagno di energia e di frescura per chi vuole adoperarli per vedere, per chi rifiuta di farseli sigillare dall'illusione. «Gli effetti della volontà di non vede re sono prodigiosi»: special mente quando si va diritti verso qualche voragine U non-vedere occidentale su cui batte Castoriadis nei fortissimi saggi che compongono il suo libro (recentemente edito da Fayard; in Francia se n'è parlato molto) è la realtà del f enome no militare sovietico. Il nostro non-vedere non significa propriamente ignorare: si sa quasi tutto, eppure non si vuole vedere niente. Ci sono, a fare da schermo, dei concetti inade guati, e qui la volontà non c'entra, c'è difetto nel concepire; se però qualcuno suggerisce di emendare il concetto difettoso, la volontà trascina subito le mani a coprire la faccia perché gli occhi non vedano. Così qualsiasi chiarezza intellettuale si trova impacciata da un'insuperabile barriera psicologica E non sono queste le frontiere della fatalità? «I cieli — scrive va Machiavelli al Guicciardini, da chiaro a chiaro — quando vogliono colorire i disegni loro, conducono gli uomini in termine che non possono pigliare alcun partito sicuro». Mi pare d'aver capito che ìa radice greca immemorabile e l'abito di scienziato contemporaneo tormentino internameli te quest'uomo lucido e appas sionato: come greco è spinto a essere pessimista e a riconoscere l'onnipotenza del fato, in cui s'iscrìve la questione pace o guerra che la tragicità della storia ci impone; come scrittore politico si sforza di salvare dal naufragio qualche possibilità estrema di soluzioni diverse, di interventi della ragione nel buio della storia. Eppure è lui stesso a dirmi: — 11 nostro razionalismo, quello del secolo XVIII e dei successivi, non ha niente a che fare col logos greco antico. Il nostro è un razio nalismo disumano, una fabbri ca di robots e nient'altro... L'idea che la Ragione possa esse re meccanizzata, che l'uomo possa essere una macchina, e la natura, e tutto, è catastrofica La cibernetica ci sta spappolando la mente! — * * Detto da Leopardi con infal libile parola: c'è una ragione che incendia il mondo e una che lo illumina. Ed è la ragione incendiaria quella che nega la fatalità degli eventi che incom bono, è la ragione illuminatri ce (il logos greco!) a spiegarci, impassibile, che il male e la rovina sono inevitabili. Quando Henri Kissinger dice «Sta a noi decidere in quale mondo vogliamo abitare» ripete un luogo comune della ragione robo tica e incendiaria. Guardiamo più lontano: la testa mirabile del Logos dei Greci fa cenno di no, di no; Qualcuno ha già deciso per noi tutto. Dice Castoriadis: — E' veramente disastroso che nessun politico occidentale accetti l'idea che la Russia attuale sia un animale politico del tutto nuovo. Là è superato anche il concetto di totalitarismo, quando ancora molti esitano ad usarlo per la Russia di Lenin e di Sta¬ linmopasmmvegumtapapipai pcadchcaomelleesgetrcoesambsosecpnRcimpdvcRorsctsIndbbecbiLBdsqatlmzngdmfdf o a e e è o o a o a ol e a e a m i i, odo oi ooo mo le di eaun 'iun ondo lo a¬ lin! Ma i loro tempi sono già molto lontani. E i cinesi che parlano di zarismo... Né zarismo né totalitarismo... Il regime russo, dopo il 65, evolve verso la stratocrazia, va configurandosi come pura società militare, sostenuta da una fantastica industria di guerra. Il partito è passato in secondo piano: chiunque, alla testa del partito, cercasse di contrastare i piani militari o si urtasse coi capi strategici, cadrebbe immediatamente. Questo significa che la società civile esiste unicamente come una società di ombre. Da tempo il partito ha eliminato tutto quel che è vera legalità o moralità (la legge esiste soltanto per fini contingenti e subordinati, la morale è travolta dalla menzogna più completa): da questo vuoto è emersa una macchina tenebrosa che tende alla conquista del mondo, che non ha altra possibilità, necessariamente, come società militare, di conservarsi se non espandendosi. E questa espansione non si può neppure chiamare imperialismo, altra parola che confonde le idee: non abbiamo di fronte una Russia imperiale che cerca di consolidare e di allargare un impero. Per voler creare un impero ci vuole un fondamento di principi], il senso storico del valore della propria conquista, come avevano Alessandro, Romani, gli Inglesi, Napoleone o la Terza Repubblica. Non tiriamo fuori il panslavismo del secolo XIX, e neppure — non c'è niente di più morto e sepol to — il socialismo o il comunismo, l'ideologia, l'ideocrazia! In quella macchina non c'è niente: è Forza Bruta riempita di forza bruta, mossa da forza bruta, per fini di pura forza bruta, dominare per dominare, espandersi per espandersi, vincere per vincere... — 1 due principali saggi del li bro di Castoriadis s'intitolano infatti La stratocratie russe La Force Brute pour la Force Brute. La loro densità ne renderebbe squallidissimo un semplice riassunto. Ne ricaverò qualche citazione, di rincalzo al discorso diretto che ho tratto dalla mia conversazione con l'autore, mescolandole libera mente: «La retorica della direzione russa attuale non ha niente a vedere con una ideologia. Stupisce di vedere a volte dei buoni conoscitori del regime russo che continuano ad affermare che è guidato dall'ideologia comunista e dalla credenza in certe leggi della storia che assicurerebbero la vittoria finale del comunismo... Si tratta dell'impossibilità di concepire, di accettare, che la Forza Bruta possa tenere insieme una società che non è una curiosità etnografica, ma pesa duramen te sul destino dell'umanità i l'orientamento della storia.. Non sono le caste dominanti : ad aver creato questo aspetto del mondo sociale storico, come campo di rapporti di forza, né sono le prime ad averlo scoperto. Ma sono bel lanterne le prime, almeno su questa scala, e con tali chances storiche, ad averne fatto il principio unico ed esclusivo del loro comportamento e del la loro stessa esistenza, ad avei scartato ogni altra preoccupazione e sopratutto ogni limite dalla visione del mondo come semplice campo di forze e ad una attività che non si regola che in conseguenza di questo. Non s'era mai vista una società istituita esclusivamente sui rap porti di forza... una società sen za fede né legge, e senza alcun altro valore che la Forza... In verità, parlare di ideocrazia proposito del regime russo partecipare della stessa impresa di corruzione radicale del linguaggio su cui il comunismo vive, farsene complici... Comu nismo è, con ogni evidenza, tutto il contrario: è il regno dell'assenza totale di ogni idea La sola idea che ci si può trova re è la tendenza alla domina zione universale per mezzo della forza bruta... Conoscevamo delle società di una ingiustizia e crudeltà quasi illimitate: nessuna però che non avesse prodotto cose belle. Non se ne conosceva nessuna che non abbia prodotto che della Bruttezza positiva: è il caso della Russia burocratica... Una società che niente tiene insieme, in cui i membri della classe dominante vivono in una guerra permanente di tutti contro tutti, senza fede né legge, è possibile? Una tale società è possibile perché è reale. Ed è là: è la parte visibile, facilmente osservabile, della Russia... 11 partito è pietrificato, e pietrificata la società a suo carico — la società non militare... 11 partito non è più il centro o l'anima del potere... Ma che cos'è que¬ stziniqulavidpcasiemcachstitochst1nflrtrvsepndrmcImatncdrsntufnpmnsmvdQ sto nazionalismo, e questa Nazione? Sono vuoti, non sono niente L'unità sovietica è quella di un magma, non quella di un insieme... C'è stata una visione del mondo e un modo di vivere russi: non esistono più.. Tutto quel che c'è è un campo di concentramento che si stende su un sesto delle terre emerse 270 milioni di esseri calpestati dallo stesso potere, che subiscono il medesimo destino senz'anima e senza volto... Grande Nazione nel senso che Stalin avrebbe dato a questo termine: una Nazione di 175 divisioni e di 6000 testate nucleari». ★ ★ Ora, questo magma a cui il filosofo neogreco nega la qualifica di nazione, e a maggior ragione di patria russa (la patria russa non è morta, tuttavia: e sono gli eroi della resistenza intellettuale, eroi di un eroismo così mirabile così superbo, da testimoniare ancora, nonostante tutto, per la grandezza, dietro quell'orribile muro, dell'uomo, i suoi cittadini) in lento, cauto, formidabile movimento, sul fronte europeo come in Africa e sull'Oceano Indiano. — Visto che questo mostro siamo noi a nutrirlo, alimentandone incessantemente anche l'unica attività funzionante l'industria di guerra, è come se ci fossimo già arresi — dice Castoriadis. Certo, come il regime sovietico è oggi qualcosa di nuovo sotto il sole così non s'era mai visto tanto zelo, tanto masochismo, da parte di un mondo ricco e potente per fare più forti i denti intenzionati a divorarlo, e sempre più perfetti gli ingranaggi della macchina che ha la sola funzione di stritolarlo Se però leggiamo meglio la storia, vedremo che il movimento di questo Nemico senza volto, di questo Golem armato di clava non è cominciato nel 1965, e neppure nel 1939. Quando Lenin diede a Trotzki l'ordine di cedere tutto, I Brest-Litovsk, in quel momento, dietro l'apparente ritirarsi e contrarsi, proprio allora ssgnuscrninciò la spinta contraria, il Drang nach Westen della NonNazione, del Non-Impero uscito dall'uovo leninista. Nel 1982, la nera (non rossa) galassia sovietica è pronta. Una muraglia sterminata di ferro e di fuoco nucleare... Chi ha il potere effettivo, là dentro? Castoriadis risponde: l'Esercito. I politici occidentali, America compresa, eurocomunisti compresi, pensano sia l'oligarchia del Cremlino, i grandi burocrati dell'Ufficio Politico, perché con quelli trattano. L'Esercito, motore nascosto, non manda nessuno agli incontri internazionali: usa i capi del partito e i diplomatici come commessi, pronto a schiacciarli se non lo servono fino in fondo. Parlare di dialogo è veramente, alla latina, insanire: quel signore grigio non è il vero Ministro degli Esteri dell'Urss, il vero Ministro è un enorme fallo a carica nucleare lubrificato con grasso di balene cacciate in tutti i mari senza pietà dalle baleniere sovietiche; e un fallo d'acciaio senza cuore né testa, tutto megaton e contratta distruzione, non è l'interlocutore ideale in un negoziato. Castoriadis insiste fortemente su questo fatto capitale: i rappresentanti dell'Occidente non vogliono sapere con chi hanno a che fare, e ripete quel che Kadar disse al buon Dubcek quando credeva, poveruomo, di andare a discutere: — Non sai con quale gente tratti... — Oggi di fronte all'enormità della Russia stratocratica (della Non-Russia, della clava in marcia) parlano, viaggiano le non-personalità dell'Occidente, come le chiama Castoriadis: «Nixon, Kissinger e Carter — come Reagan, Giscard o Mrs. Thatcher — non sono che dei sintomi della decomposizione accelerata delle società occidentali». Dunque, anche da questa parte, delle negazioni, dei senza volto. Perché non c'è volto senza occhi aperti. E l'altro gran maestro italiano di politica, Guicciardini, scriveva in risposta a Machiavelli: «...non vidi mai nessuno che quando vede venire un mal tempo non cercasse in qualche modo di cuoprirsi, eccetto che noi, che vogliamo aspettarlo in i,.j2zo la strada, scoperti» (26 dicembre 1525). Guido Ceronetti