Turati e la leggenda di «Critica sociale»

Turati e la leggenda di «Critica sociale» SOCIALISMO, DEMOCRAZIA, RIFORMISMO Turati e la leggenda di «Critica sociale» Fine settembre 1981. Insieme col Presidente della Repubblica, che è di casa, partecipo a Savona alle feste per il centocinquantesimo anniversario della «ideazione» della «Giovine Italia». Non della «fondazione»: collocata sugli scenari dell'esilio di Marsiglia, qualche mese dopo. No: la città ligure rende omaggio al momento in cui, prigioniero sabaudo nel forte di Priamar. il giovane e inquieto avvocato genovese formulò l'idea della associazione destinata a liquidare le sette carbonare e massoniche, nucleo del primo grande partito laico e unitario dell'Italia moderna. Quasi il «concepimento», in senso cattolico. Savona è una città discreta, che ha conservato il culto della discrezione ottocentesca. Le glorie mazziniane sono sentite con eguale intensità da repubblicani e socialisti, da comunisti e democristiani. Non ci sono le spaccature dispettose che accompagnano quasi ogni commemorazione patriottico-risorgimentale in Italia, residuo di antichi rancori, frammento di contrapposizioni secolari o di odi mai spenti. 11 senso corale della città, che si riunisce intorno al primo cittadino della Repubblica, savonese, repubblicano e socialista da sempre, riflette una cadenza quasi mazziniana. Chiedo al Presidente Pertini. in aereo, prima di atterrare all'aeroporto di Genova, un giudizio su Mazzini, sull'influenza che Mazzini ha avuto sulla sua generazione nella lotta antifascista, «f due filoni della democrazia post-risorgimentale, repubblicanesimo e socialismo, ecco la risposta di Pertini. trovano la loro sintesi nella lezione di Carlo Rosselli, il quale, dando alla lotta antifascista un contenuto etico, non poteva non accettare l'insegnamento di Mazzini, come non potevo non accettarlo io». Sullo sfondo di quella Savona partecipe ed entusiasta, il discorso cade sulle testimonianze del passato, sulle origini stesse delle lotte operaie. Difficile in Liguria come in Piemonte segnare i confini fra movimento repubblicano e movimento socialista, definire gli spazi, collocare palizzate rigide. I primi nuclei associazionisti nascono repubblicani e mazziniani, si colorano poi di anarchismo o di operaismo, solo in un terzo tempo diventano socialisti. Savona — lo sottolineo nel mio discorso in municipio — offre l'esempio più calzante di questo intreccio di destini fra movimento repubblicano e movimento socialista: è la parabola di Critica sociale, la rivista del pensiero tura tiano, di quel Filippo Turati che anche Sandro Pertini considera suo maestro, maestro indiscusso. Chi ricorda che proprio a Savona la rivista tanto cara a Turati e alla Kuliscioff nacque, agli albori del 1887, con una testata caratteristica dei due mondi confinanti della democrazia e del socialismo. Cuore e critica? Gennaio 1887, ottobre 1888: quasi due anni del periodico tutti incentrati sullo sfondo di Savona. A Savona insegnava infatti in quegli anni, nel locale liceo, un professore «rivoluzionario», sovversivo rispetto alle istituzioni del tempo, un repubblicano che preferiva Cattaneo a Mazzini, un repubblicano intriso di motivi e di fermenti socialisti o protosocialisti: Arcangelo Ghisleri. 11 futuro grande geografo, il futuro animatore dell'Istituto di arti grafiche di Bergamo, il futuro oppositore silenzioso della dittatura. Ghisleri è il fondatore della Rivista repubblicana, dove Filippo Turati ha pubblicato la sua Morale dei positivisti, un saggio più che autobiografico. E' ancora prima l'animatore del quindicinale II preludio, che avrebbe riunito intorno a sé Alberto Mario e Leonida Bissolati, Gabriele Rosa e Giosuè Carducci (s'intende il Carducci anteriore alla conversione alla monarchia, anteriore alVeterno femminino regale, che non gli sarà mai perdonato da quella generazione). Dopo la cerimonia ufficiale mi reco in via Pia n. 13 al piano secondo per rivedere il luogo, la tipografia Miralta, dove è nata la rivista leggendaria e dove è stata stampata per i primi due anni o quasi di vita. Esiste ancora, nella memoria dei savonesi, l'ombra di quella tipografia, il culto di quella tradizione. lormdFmsipcdvscccDsslontrepq«cqs E' un momento fondamentale nella storia del movimento operaio italiano e lo vogliamo ricordare oggi che ci prepariamo a celebrare i cinquantanni dalla malinconica scomparsa di Filippo Turati a Parigi, il 29 marzo 1932 «Perchè cuore?», si domandava la rivista stessa in quel primo fascicolo, sedici pagine smilze, senza copertina, con un sottotitolo rivelatore dell'eclettismo positivista: «Rivista mensile di studi e discussioni di vario argomento pubblicata da alcuni scrittori eccentrici è solitari». Due piccolissime cornici punteggiate sui fianchi. Da una parte: letteratura, filosofia, storia. Dall'altra parte: scienze penali, economia sociale, varietà. Periodicità mensile; ogni fascicolo una lira, abbonamento annuo 7,50, per gli altri Paesi 10 lire. «Perchè cuore?». A taluno è parso insolito e strano l'accoppiamento della parola «critica» nel titolo di questo periodico con quella di «cuore». * ★ Ghisleri non è stato tenero con De Amicis, l'anno prima, quando il successo di Cuore ha sconvolto l'Italia. Ma egli deve oggi constatare che quel «cuore» è un termine lanciato da «un libro recente d'autore in voga, libro soverchiamente celebrato dagli uni, acerbamente censurato dagli altri»: comunque riflesso di un approccio ai problemi sociali che non può essere ignorato, che rifugge dai lacci del determinismo e del fatalismo. lacci che Ghisleri sente dietro il marxismo sia pure ancora poco penetrato e poco approfondito. Proprio in quello stesso fascicolo domina un articolo di Filippo Turati. Il suo titolo è «Socialismo e scienza». Dovrebbe, quello scritto, consacrare il passaggio dalla fase del socialismo epidermico, rabdomantico, inconfessato del primo decennio di vita di Turati alla fase di un socialismo consapevole, orgoglioso, tutelato dalle sue scientifiche certezze. «Dalle sfere sideree dei vecchi sognatori per entrare in labora torio» (suona il linguaggio immaginoso di Turati). Per arrivare a questo approdo ancora ombreggiato la via era stata lunga. Nel '78 Turati aveva scritto a Ghisleri: «Tu credi alla rivoluzione, io non ci credo se non come a momento, a sprone, a spauracchio che acce Ieri la soluzione graduale. La perequazione è un mito, o è l'avvilimento universale. Bisogna rassegnarsi alla preparazione educativa». Solo da un anno si è consumata la rottura di Turati con la democrazia radicale. E' stato l'incontro del 1885 con Anna Kuliscioff a cambiare in tutti i sensi la vita del pensatore democratico di sinistra, ancora oscillante fra repubblicanesimo e radicalismo, reduce da un periodo di nevrosi consumato in continui, inutili viaggi all'estero (a Parigi si era trovato proprio nei giorni della morte di Garibaldi nel giugno '82 e aveva inviato una corrispondenza alla milanese Farfalla sulie onoranze al generale dei Mille, corrispondenza piena di acredine e di risentimenti verso Carducci, celebratore in patria dell'eroe nizzardo). La vita di Turati ha rispecchiato in quegli anni l'evoluzione della democrazia italiana dopo il 1870. Tutta con Garibaldi prima, anche nelle frange socialiste e internazionaliste, nei gruppi che avevano condiviso gli slanci e gli ardori e i furori della Comune parigina; destinata dopo la lega della democrazia, cioè dopo il 1879-1880, a differenziarsi in filoni più articolati, il partito operaio che era nato nel Nord, con tutto l'orgoglio di quella testata quasi laborista, i nuclei di antico anarchismo bakuniniano che resistevano nel Sud intorno a Caf iero. Turati è diventato il leader del partito socialista in via di formazione perché sta a Milano, perché a Milano a un certo punto del 1891 raccoglie l'eredità di Cuore e critica, cambia la testata di quella rivista, la chiama la Critica sociale, amputandola di quella porzione di «cuore», cioè di romanticismo rivoluzionario che ancora fermentava nello spirito di Ghisleri. ★ * Un anno dopo nascerà il partito socialista dei lavoratori italiani: determinante sarà l'influenza di Turati nella sua genesi e nei suoi primi passi. Tre anni più tardi si costituirà in modo formale e ufficiale il par tito repubblicano italiano, uscendo dalle catacombe del l'opposizione istituzionale alla monarchia, dal voto di castità politico, dal non possumus ver so il regime liberale e borghese scaturito dal compromesso monarchico del Risorgimento (rispetto al quale Mazzini, di pas saggio a Roma dopo il 20 settembre, si era «vestito l'anima a bruno», cioè a lutto). Destini diversi, storie diverse: ma accomunate da un filo interiore. Ci volle la lotta alla dittatura fascista per riportare tutti quegli uomini, non importa se di estrazione repubbli' cana o socialista, al culto dei valori risorgimentali, cioè dei valori di libertà. Negli ultimi anni della sua solitudine pari gina, Filippo Turati ripensava con nostalgia non solo ad Arcangelo Ghisleri ma anche a Giovanni Giolitti. Giovanni Spadolini