Prato, la paura dietro l'angolo di Remo Lugli

Proto, la paura dietro Pungolo Viaggio nella crisi che ha colpito l'industria tessile italiana Proto, la paura dietro Pungolo Per ora la «capitale degli stracci» ha reagito bene al momento difficile: qualche azienda chiude, ma altre aprono e la disoccupazione non è allarmante - Restano i timori del futuro: la crisi impoverisce le imprese, diminuisce lo spazio per gli investimenti - Il presidente degli industriali: «La nostra immagine è cresciuta nel mondo, ma siamo preoccupati dell'incapacità del governo a prendere decisioni per risolvere i nostri problemi» DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PRATO — Al cruccio di Prato per non essere provincia, si contrappone la fierezza di sapersi, riconosciuta, la capitale mondiale della produzione dei cardati di lana. Se si volessero ricordare le tradizioni, si dovrebbe risalire al 1300 con la 'Compagnia dell'arte della lana» di Francesco Datini, che aveva filatrici dislocate in 96 località circostanti Prato. Poi, a meta del secolo scorso, nasce l'industria vera e propria e s'inizia l'utilizzazione, come materia prima, degli scarti dei tessuti e delle maglie provenienti dalla lavorazione degli stracci. Il binomio «lana di Prato - stracci* dà l'immagine preminente di quest'area industriale negli anni dell'ultimo dopoguerra. Ma da tempo ormai la Prato tessile cambia. SI, si vedono ancora per le strade circolare camion di stracci, una certa base di questo approvvigionamento resta, sostanzialmente però il prodotto è cambiato, migliorato. Si è accresciuto l'apporto della lana vergine e di fibre sintetiche. Il cardato, pur restando il tipo di produzione preminente, non è più l'unico, la gamma si estende ai pettinati, alla maglieria. Quindi non si producono più solo coperte e tappeti e tessuti femminili di bassa qualità (che erano il cavallo di battaglia dei venditori -porta a porta; magliari napoletani del dopoguerra), ma articoli fini, pettinati per l'alta moda, tessuti per l'abbigliamento di tipo tradizionale e tessuti di tipo nuovo come il jersey, la similpelle, la finta pellicceria, velluti, moquettes ecc. Un'immagine diversa, dunque, un nuovo segno della vitalità, dell'iniziativa, della creatività degli imprenditori pratesi, per rimanese aggiornati coi tempi, per vincere le concorrenze estere, per cercare nuovi sbocchi. Una forza, quella del tessile pratese, che si traduce in cifre di grande rispetto: 55 mila addetti di cui 20 mila artigiani, in un'area di 700 chilometri quadrati comprendente 13 Comuni e una popolazione di 300 mila abitanti; un'esportazione, nell'Ol, di circa 1500 miliardi; e si esporta il 55% della produzione. Come reagisce il settore tessile di Prato alla crisi? Per ora bene: con una grande flessibilità e mobilità. Ci sono aziende che chiudono, ma altre se ne aprono, le grandi si frazionano in piccole, abbandonano lavorazioni multiple per concentrarsi su una sola. • Questi processi di decentramento e riduzione di personale — dice Ivo Meoni, segretario del sindacato unitario tessili — hanno interessato migliaia di operai delle 8 mila aziende di cui 1700 industriali e le rimanenti artigiane. Alla fine le aziende sono aumentate di 15 unità, con una riduzione di 400 dipendenti, per lo più donne. Il dato di disoccupazione non è allarmante: 1700 disoccupati, circa il doppio della quota fisiologica». Le ristrutturazioni, lo ammette anche Meoni, hanno dato esiti positivi: nei primi nove mesi dell'81 le eportazio- nt4npsdsdcnmpnnmcndazt ni sono aumentate in quantità dell'1,4% nella lana e del 4,1% nelle fibre sintetiche, nonostante che nello stesso periodo di tempo le ore di cassa integrazione siano passate da 214 mila a 800 mila. In sostanza è aumentata la produttività grazie, dice il sindacalista, all'introduzione di nuove macchine, e a una maggiore attenzione degli imprenditori nell'organizzazione del lavoro. . Afa—dice ancora Meoni — noi giudichiamo negativamente il decentramento, perché le aziende troppo frazionate non saranno poi in grado di adeguare i propri impianti alle esigenze della specializzazione. Bisognerà che le strutture affrontino sforzi di quali¬ ficazione e di riaggregazione in consorzi di aziende per affrontare insieme la ricerca, i problemi dell'inquinamento, del finanziamento, del mercato'. E gli imprenditori? Sentiamo Paolo Cecchi di Calenzano. Nel '58 era un disegnatore dipendente, con la liquidazione e un prestito, associato a un amico, impiantò un piccolo lanificio. Ora ha un gruppo di aziende, pochi dipendenti, ma alta tecnologia. «La crisi sta impoverendo le imprese — dice —, i margini sono scarsi, non c'è spazio per gli investimenti e c'è, cosa ancora più. grave, una pericolosa aria di disimpegno fra tutti gli imprenditori. Siamo in una società deteriorata: rapimenti. terrorismo, mancanza di sicurezza e di fiducia, sono tutti elementi che non consentono di andare avanti con le idee e lo slancio di cui è ampiamente dotata la nostra gente. E poi noi imprenditori non abbiamo alcuna forza per quanto riguarda la capacità decisionale sui problemi finanziari. Siamo tenuti fuori dalla politica finanziaria, con danno dell'economia'. Antonio Lucchesi, presidente dell'Unione industriale pratese, sottolinea la mancanza di decisione a livello politico. -La struttura della Prato tessile è efficiente, la sua immagine nel mondo è cresciuta, si è collocata nella fascia medio-alta della produzione. Abbiamo le carte in re- gola per affrontare i tempi difficili del mercato, anche tenendo conto della concorrenza dei Paesi emergenti. Ma siamo preoccupati dell'incapacità governativa di prendere decisioni e ancora più del pericolo di una crisi di governo che congelerebbe ulteriormente la soluzione dei problemi'. Lucchesi elenca le sofferenze e i mali che minano la vita dell'industria tessile: l'aumento costante dei costi interni dovuti all'inflazione, che si scontrano sul piano internazionale con costi minori, creando mancanza di competitività; riduzione del credito e altissimi tassi d'interesse portano tutto il sistema e in primo luogo le piccole aziende nell'impossibilità di nuovi investimenti. «Già da un po' si investe in misura inferiore al necessario, quindi si incomincia a segnare il passo e, di conseguenza, a perdere posizioni'. Il presidente degli industriali (l'80% dsgli iscritti all'Unione sono tessili) ricorda i principali problemi che andrebbero subito affrontati dagli organi di governo: la scala mobile: il progetto di legge Formica per fare ammortamenti aziendali su costi reali anziché su costi storici; scelta energetica per evitare che entro breve tempo il costo dell'energia venga ad essere il più alto rispetto agli altri Paesi e ci si trovi anche a dover fermare a turno le fabbriche. •Si diceva che Prato era un'isola felice — commenta amaramente Lucchesi — con occupazione, ricchezza, inventiva, ma non può più continuare ad esserlo perché vive in un contesto malato, irrazionale, di sprechi, di inefficienza'. Previsioni? «Sono pessimista perché vedo scorrere tempo prezioso senza che i grandi nodi del Paese siano affronta ti. E sono ottimista per quanto riguarda le capacità locali intrinseche di Prato, come di tanti altri centri, e vedo che c'è ancora la volontà e la capaci tà di superare la crisi'. Remo Lugli Ads

Persone citate: Antonio Lucchesi, Datini, Ivo Meoni, Meoni, Paolo Cecchi, Proto

Luoghi citati: Calenzano, Prato