E se a voto diventasse obbligatorio? di Alfredo Venturi

E se a voto diventasse obbligatorio? Convegno a Pavia E se a voto diventasse obbligatorio? DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE PAVIA — Il punto più basso, nella vicenda elettorale della Repubblica, è stato toccato alle politiche del '58: nemmeno il nove per cento. Il più alto, lasciando da parte i referendum che sono consultazioni in qualche modo atipiche, alle regionali del 1980: attorno al 17 per cento. E' il partito fantasma di chi per varie ragioni è sordo al richiamo costituzionale (art. 48, il voto come «dovere civico»), e questa sordita manifesta o lasciando bianca la scheda, o annullandola volontariamente, o più semplicemente disertando il seggio elettorale. Di questo fenomeno, che per essere in ascesa da qualche anno in qua ha assunto le dimensioni di problema, fra giovedì e ieri ha discusso a Pavia un gruppo di studiosi provenuti da vari Paesi d'Europa. La dimensione internazionale del convegno, organizzato dalla società italiana di studi elettorali e dalla rivista /{Politico, è servita se non altro a ridurre l'impatto delle statistiche italiane. Da una parte infatti viene confermato che la partecipazione al voto dalle nostre parti resta fra le più alte: basti pensare che alle presidenziali americane non prende mai parte molto più della metà degli elettori potenziali. D'altra parte la comparazione del fenomeno permette di stabilire che la tendenza recente, l'aumento cioè del partito fantasma di chi si sottrae al rito elettorale è fenomeno internazionale. Il problema è stato affrontato da vari punti di vista. Intanto gli statistici hanno cercato di correggere il significato che viene generalmente attribuito alle cifre ufficiali del l'astensione. Queste cifre comprendono infatti una •astensione involontaria, e una 'impossibilità di votare*: se il calcolo percentuale dei voti comunque non espressi fosse fatto soltanto sul numero di elettori potenziali che hanno effettivamente ricevuto il certificato elettorale, dicono gli statistici, saremmo di fronte a un fenomeno vistosamente ridimensionato. Ma resterebbe la tendenza ascensionale. Qui bisogna intendersi sulle ragioni dell'astensione individuale, di quella vera e volontaria. Disinteresse, stanchezza, persuasione che «tanto non serve a nulla»? Questo, rispondono gli esperti, ma non soltanto questo. C'è anche un'astensione «positiva» intesa cioè come scelta, come atto politico, come segnale destinato al mondo politico. C'è un evidente astensionismo giovanile. Qualcuno chiama in causa le continue interruzioni di legislatura. Altri l'esempio trascinante di un altro assenteismo, quello dei parlamentari che disertano in gran numero i lavori delle Camere. Altri in fine il sistema politico bloccato da trentacinque anni. Si parla delle proposte, più volte avanzate, di rendere il voto effettivamente obbliga torio. La Costituzione parla non già di obbligo, ma di una specie di dovere etico-sociale. Le sanzioni per chi non vota, se cosi vogliamo chiamarle, sono puramente simboliche, e non di rado nemmeno applicate: si tratta della pubblica RpociaP2TaAldeald'mzicoprconomgatinticoasttebsScrsmsdv.zione dei nomi di chi risulta non votante senza giustifica zioni. Nullo l'effetto pratico. C'è chi parla dunque di vere e proprie sanzioni, a carattere pecuniario. Ma è facile controbattere su due piani, e cosi è avvenuto nell'aula foscoliana dell'università pavese. Fri-1 ma di tutto c'è di mezzo una I riduzione degli spazi di libertà personale. E poi a che servirebbe costringere la gente al voto? Certo a nient'altro j che trasferire le astensioni vere e proprie (chi non va al seggio), in schede bianche, o rabbiosamente nulle. Per cui 11 numero complessivo di astensioni come è generalmente inteso, che comprende le bianche e le nulle, resterebbe tale e quale, e probabilmente aumenterebbe. Dopo le relazioni di storici statistici e giuristi, la parola èpassata ai politici, che ieri hanno concluso il convegno con una tavola rotonda. Era rappresentato l'arco costituzionale al gran completo: de (Granelli), pei (Colonna), psi (Spini), psdi (Romita), pri (Del Pennino), pli (Biondi), n dibattito ha confermato le analisi degli studiosi, osculanti fra un tranquillo prendere atto del fenomeno (l'astensionslmo come sintomo non preoccupante di quella che si può chiamare «stabilità, politica»), e l'allarmata indicazione di un vero e proprio «pericolo per la democrazia». E' importante, tutti ne hanno convenuto, comprendere le motivazioni nella loro complessità. In particolare i rappresentanti dei partiti minori Insorgono contro le ricorrenti tentazioni di una legge eletto- rale da correggersi in senso maggioritario. Alfredo Venturi

Persone citate: Biondi, Colonna, Del Pennino, Romita

Luoghi citati: Europa, Pavia