Jaruzelski scrive a Spadolini «Abbiamo bisogno di aiuti » di Paolo Galimberti

Jaruzelski serbe a Spadolini «Abbiamo bisogno ai aiuti » Offensiva diplomatica di Varsavia rivolta all'Italia e alla Cee Jaruzelski serbe a Spadolini «Abbiamo bisogno ai aiuti » Il premier polacco tenta di giustificare il colpo di Stato, «doloroso ma necessario» Tra le righe le pressioni sovietiche e il timore del peggio - Assediato dai «duri»? ROMA — Il generale Jaruzelski ha scritto a Giovanni Spadolini e agli altri capi di governo della Comunità Europea. La lettera al presidente del Consiglio italiano, datata 7 gennaio, è lunga due fitte pagine: il tono è molto amichevole, a tratti perfino accorato. Dopo la missione del vicepremier Rakowski a Bonn, mentre la Cee è ancora incerta sulla risposta concreta da dare ai fatti polacchi, questa pioggia di lettere sulle capitali europee è la prima massiccia offensiva diplomatica della •giunta» di Varsavia nel tentativo di riallacciare le fila del dialogo con l'Occidente. L'alibi, cui Jaruzelski si ag¬ grappa invocando la comprensione dell'Occidente, è l'aver agito in stato di assoluta necessità: è stato, scrive, un «doloroso, ma necessario passo» per 'prevenire la minaccia della guerra civile, la degradazione dello Stato e la completa crisi economica». Jaruzelski. a credere alle sue parole, è convinto di aver agito nel bene supremo non soltanto della Polonia, ma anche dell'Europa intera e dei rapporti Est-Ovest: 'Avevamo la piena consapevolezza che il crollo della Polonia potesse avere delle conseguenze imprevedibili per la situazione internazionale (...). Non potevamo permettere che la Po- Ionia, costituente un importante elemento dell'ordine e del dialogo distensivo in Europa, si trasformasse in una causa di pericolo della confrontazione internazionale: Tra le righe della lettera si può anche intravedere una confessione di aver subito pesantissime pressioni sovietiche: è la tesi che gli è stata più volte attribuita, secondo la quale se la Polonia non si fosse «auto-occupata» sarebbe stata invasa dai russi. Insomma, oltre che un alibi Jaruzelski avanza anche un'attenuante, promettendo comunque che «la limitazione delle libertà civili» ha «carattere transitorio» e che «io scopo principale che guida tutti i nostri sforzi è il rinnovamento socialista e democratico della Polonia». Un altro riferimento, più o meno implicito, ai condizionamenti sovietici è nella seconda pagina della lettera, dove Jaruzelski afferma di voler uscire 'dalle nostre attuali difficoltà» soprattutto grazie allo 'Sforzo dei polacchi stessi» e invoca, al tempo stesso, l'aiuto economico dell'Occidente: 'Contiamo sulla comprensione da parte degli altri Stati, in ciò anche sulla sem pre amica Italia, per i nostri sforzi per ripristinare la stabi lizzazione e il rafforzamento della Polonia». Esplicito è. subito dopo, il riferimento all'ipotesi di sanzioni, denunciate come 'Strumento di pressione politica». Chiudendo la sua lettera con gli auguri per il nuovo anno, Jaruzelski fa cenno alla visita che Spadolini avrebbe dovuto fare a Varsavia (era già stata fissata la data del 4 gennaio) e che fu ovviamente cancellata, augurandosi che «i contatti con Lei già progettati potranno essere realizzati in data conveniente, realmente presto». La prima impressione degli osservatori, basata anche su informazioni di fonte diplomatica giunte da Varsavia, è che Jaruzelski stia disperatamente cercando di costruirsi una credibilità su due fronti. Su quello interno, dove pare che egli si sia rivolto a.11'in telligencija annunciando come imminente un programma di riforme e di bonifica politico-economica. Sul fronte esterno, dove Jaruzelski, con queste lettere e con la missione Rakowski, cerca di convincere i suoi interlocutori che egli è quantomeno il male minore e comunque un patriota polacco e non un Quisling. Sono tentativi difficili, contraddetti anche dalle confuse notizie che giungono dalla Polonia; e anche drammatici, perché molti osservatori hanno l'impressione che Jaruzelski combatta una battaglia contro il tempo, premuto ogni giorno dai più intransigenti. Paolo Galimberti