Tassan Din interrogato per ore sul mistero delle registrazioni di Ruggero Conteduca

Tassan Din interrogato per ore sul mistero delle registrazioni Primo incontro davanti alla commissione parlamentare P2 Tassan Din interrogato per ore sul mistero delle registrazioni L'avvocato del dirìgente sostiene che la bobina gli è caduta dalla tasca del cappotto - «Celli parlava per conto di Piccoli e Craxi» - Rizzoli e il direttore generale dalgiudice per la vecchia accusa di falso in bilancio - Risolto per ora il caso Riccardelli ROMA — Ore e ore di interrogatorio non sono state sufficienti per chiarire del tutto la fumosa vicenda delle bobine con le minacce di Gelli e Ortolani al direttore generale del gruppo Rizzoli, Bruno Tassar» Din. Quasi certamente l'audizione di quest'ultimo da parte della commissione P2 continuerà stamani. Quella di Tasoan Din è la testimonianza più importante, ma l'avvocato Gaetano Pecorella avrebbe fornito ai commissari una nuova versione sul ritrovamento di una delle bobine: la teneva nella tasca del cappotto, che aveva appoggiato su di una poltrona nell'ufficio del viceprefetto di Milano, Lerro. La bobina sarebbe scivolata dalla tasca. All'avvocato Pecorella uno dei commissari ha chiesto per conto di chi Gelli e Ortolani parlavano a Tassan Din. Il legale avrebbe risposto: «Per con to di Piccoli e Craxi». I lavori della commissione, ripresi nel pomeriggio, sono proseguiti fino a notte. li primo ad essere ascoltato è stato il viceprefetto di Milano, adetto ai rapporti con i sinda cati, che trovò una delle tre bobine nel suo ufficio il 18 di cembre scorso. Tassan Din ed il suo legale Pecorella hanno atteso per ore in una saletta attigua all'aula delle audizioni che Lerro spiegasse anche nei particolari il giallo del ri' travamento. Dopo di lui è toccato all'avvocato. Solo a tarda sera ha avuto inizio l'interrogatorio del direttore generale del gruppo, ma, pare, non sia terminato. Non è escluso che stamani i tre vengano sottoposti a confronti. Le domande, che secondo il regolamento sono state rivol te agli interrogati dal presi dente Tina Anse Imi, erano state discusse e approvate dai commissari nel corso della mattinata. La prima parte della seduta era stata dedica ta al caso Riccardelli e alla presunta incompatibilità del senatore della sinistra indipendente con il ruolo di commissario. Riccardelli, già consulente del gruppo Rizzoli era stato contattato a metà dicembre dall'avvocato Pecorella, il quale gli aveva fatto ascoltare in anteprima uno dei nastri attualmente all'esame della magistratura e della stessa commissione. A sollevare il caso, martedì scorso, erano stati i socialisti e. soprattutto, il senatore democristiano Calarco. Per oltre un'ora Riccardelli ha parlato per spiegare la sua posizione, concludendo con la volontà di rimettere ogni decisione nelle mani del presidente del Senato Aminto re Fanfani. •Esporrò a lui, che mi ha nominato commissario — ha detto Riccardelli conversando con i giornalisti — la mia situazione ed aspetterò il suo giudizio». Comunque, nonostante le insistenze del solo Calarco, che ha chiesto che i verbali della seduta vengano trasmessi in copia oltre che a Fanfani anche al presidente della Repubblica, il «caso Riccardelli» può ritenersi chiuso. Ciò anche grazie all'atteggiamento dei parlamentari socialisti che ieri non hanno insistito oltre nel loro primitivo atteggiamento, ti socialisti non porranno una questione di dimissioni — ha dichiarato l'on. Mauro Seppia —, il problema esiste e lo affidiamo per intero alla sensibilità del senatore Riccardelli». 'Perché — ha spiegato ancora Seppia — il psi non desidera in alcun modo offrire alibi a quanti vogliono bloccare i lavori della commissione, per allontanare la ricerca della verità». Su questo stesso tema si è soffermato il senatore comunista Franco Calamandrei, vice presidente della commissione, il quale ha dichiarato: .Credo che sarebbe grave se, in un modo o in un altro, il caso Riccardelli divenisse motivo per ritardare l'indagine sulla P2». L'«incidente» che ha coin volto il senatore della sinistra indipendente è servito in ogni caso a ricostruire in maniera più organica e completa la prima fase legata al «giallo delle bobine». Secondo la versione fornita da Riccardelli infatti, le cose andarono nel modo seguente. Un primo incontro, sollecitato da Tassan Din attraverso il deputato democristiano Mazzarrino (responsabile del settore stampa e propaganda del partito), avvenne in una sala di Palazzo Madama il 16 dicembre scorso: i tre parlarono della situazione sindacale del Corriere della Sera. Il giorno successivo l'avvocato Gaetano Pecorella si recò, a Milano, nell'ufficio del vice prefetto Domenico Lerro, un funzionario addetto ai rapporti con i sindacati, per discutere con lui sull'occupazione del palazzo di via Solferino. Per quanto riguarda i rapporti avuti con il Corriere della Sera e Panorama, Riccardelli ha fornito altre spiegazioni, in risposta soprattutto alle insinuazioni del senatore Calarco e del senatore socialista Spano, che avevano adombrato la possibilità che fosse stato lo stesso Riccardelli a passare al settimanale la notizia dell'esistenza del nastro registrato. 'Invito i miei due colleghi — ha detto Riccardelli — a ripetere fuori dalla Commissione queste accuse, in modo tale da darmi la possibilità di querela». Mattinata piena anche per Tassan Din e Angelo Rizzoli, trattenuti sino alle 14,30 a palazzo di Giustizia dal consigliere istruttore Ernesto Cudillo. titolare dell'inchiesta sulla P2. L'editore e il direttore generale, accompagnati dagli avvocati professor Franco Coppi e Michele Strina, sono stati ascoltati in duplice veste. Come parte lesa per le presunte pressioni di Gelli e Ortolani a proposito della vendita del Corriere della Sera, e come indiziati di reato, per falso in bilancio, nella vicenda della Finriz (la finanziaria della Rizzoli). I due avevano ricevuto una comunicazione giudiziaria dai magistrati milanesi dopo il ritrovamento, nella villa di Lido Gelli, di documenti sulla P2. Ruggero Conteduca

Luoghi citati: Milano, Roma