La mappa del terrore a Napoli di Francesco Santini

La mappa del terrore a Napoli Nell'anno appena trascorso consumati 247 delitti: la città invoca l'inchiesta parlamentare La mappa del terrore a Napoli «Siamo in grande difficoltà» ammette il questore Walter Scott Locci - Denuncia il regime di violenza diffusa con i giovani criminali che vogliono tutto e subito e finiscono con l'ammazzarsi in una guerra senza quartiere e senza valori - La lotta fra le bande si estende dal capoluogo alle ultime propaggini dell'Agro Nocerino Sarnese, fino a Eboli e Battipaglia - Il cimitero della camorra si confonde con quello del gangsterismo DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE NAPOLI — Il golfo splendido ribolle di sangue e di rabbia. All'ombra del Vesuvio, nell'anno appena trascorso, si sono consumati 247 omicidi e la città, sgomenta, invoca l'inchiesta parlamentare. La lotta delle bande allarga la mappa del terrore. La geografia incerta del crimine comprende tutta Napoli e il suo hinterland: dal capoluogo si estende alle ultime propaggini dell'Agro Nocerino Sarnese, fino ad Eboli e Battipaglia. Il cimitero della camorra si confonde con quello del gangsterismo, in confini ormai irriconoscibili e Francesco Compagna, dalla Presidenza del Consiglio, suggerisce, di guardare, sempre più alla de linquenza come » fenomeno patologico» della società industriale e -sempre meno alla camorra». Giovedì prossimo le archi tetture normanne di Castel capuano ospiteranno il processo d'appello contro Raffaele Cutolo e la nuova camorra organizzata. Venticinque imputati, con al centro il loro elegantissimo capo, -Don Rafele» che da Poggioreale presiede il tribunale della camorra. E', questo di Cutolo. il clan più battagliero, sempre pronto ad impugnare le armi a difendere il territorio meridionale della città e la sua provincia sconfinata. «JVon si processa la nuova camorra organizsata — minacciò Cutolo l'anno passato in tribunale —. Ho con me settecento uomini». Cutolo torna a Castelca puano. ma in questi mesi la sua gang si è assottigliata. Al tri personaggi si fanno strada in città. Avanzano a colpi di mitra, per un intero anno la loro marcia è stata dissemi nata di morte. 'Siamo in grande difficoltà» ammette il questore di Napoli. Walter Scott Locchi, che denuncia «il regime dì violenza diffusa» con le nuove generazioni di criminali «che finiranno con l'ammassarsi fino all'ultimo uomo, in una guerra sensa quartiere e sensa valori». Il questore Locchi descrive una delinquenza feroce «con t giovani che vogliono tutto i subito e non rispettano le gerarchie e le sone di caccia riservate». La nuova generazione dei gangsters si ribella alla «tangente» che i più anziani impongono sui loro colpi. «Quando su dieci milioni rapinati o estorti debbono versarne tre, allora — dice il que store — cominciano a sparare». Raffaele Cutolo. che dice di amministrare il tribunale del la camorra, in realtà non riuscito a imporre la sua legge. « Una crisi di valori e di gerarchie — afferma il questore — ha investito anche la criminalità». Di qui la lotta spietata per la supremazia, di qui la Napoli violenta che ad ogni sgarro risponde con un morto. Sono finiti i tempi del colpo di rasoio al volto, con il guappo segnato per sempre sulle gote. «Viviamo in una società industriale — dice il questore Locchi — dove il mitra si impugna con leggeressa». Sull'inchiesta parlamentare si dividono le forze politiche. Francesco Compagna teme «l'enfasi della preoccupatone», e intravede il pericolo del «polverone», con risultati non diversi dall'inchiesta sulla mafia. Suggerisce, piuttosto, una ripresa d'autorità da parte dello Stato. Per il questore, il compito di decidere l'indagine parlamentare spetta alla classe politica. «Quanto a noi — dice — abbiamo il compito di penetrare di nuovo nella società, di conquistarne la fiducia, di rinvigorire il flusso delle informasioni». Non esistono più confidenti la paura e la mancanza di ogni vantaggio economico rendono muta ogni bocca. Cutolo non impone la sua volontà. A giudizio del dirigente della polizia giudiziaria, Vecchi. «Don Rafele» non avrebbe lo spessore di un vero capo. «Cosa nostra» non lo ritiene un interlocutore capace non lo riconosce come «capo¬ fasArcNcvdcdcc famiglia». Ad insidiargli le posizioni c'è da qualche tempo Antonio Bardellino. un superricercato violento e spietato che controlla la zona Nord di Napoli in direzione di Caserta con il suo entroterra ricco e vastissimo. I suoi uomini si dedicano all'estorsione. Michele Zaza, 37 anni, chiamato dal popolo «'o passo» e dai contrabbandieri di Santa Lucia « 'o re» controlla invece il traffico delle sigarette che sembra, in questi mesi, alleato della «Nuova famiglia» dei Giuliano «una schiatta vastissima — dice il dirigente della polizia giudiziaria Vecchi — che io ricordo quando ero alla Squadra Mobile, quindici anni fa ai suoi esordi a Forcella». Michele Zaza. boss riconosciuto degli scafisti di Santa Lucia, se ne sta. in questi giorni, ricoverato al Secondo Policlinico. Evita il carcere denunciando il mal di cuore. «Quando era sottoposto al soggiorno obbligato — dice il dottor Vecchi — voleva il passaporto per farsi operare a Houston negli Stati Uniti». Sempre Zaza ha temuto di essere ucciso dagli uomini di Cutolo. La primavera dell'anno scorso lasciò la sua villa di Posillipo. E' stato arrestato a Roma il 19 giugno. Aveva in una «ventiquattr'ore» un mi liardo e 300 milioni in contan ti. Agli agenti disse: «Non chiamatemi contrabbandiere, io le sigarette le compro dal tabaccaio». Ora se ne sta in ospedale, in attesa di processo, guardato a vista da dieci poliziotti. In attesa di processo c'è anche Antonio Spavone. « 'o malommo», vero interlocutore di «Cosa nostra» secondo la polizia. Spavone è rientrato da pochi mesi dagli Stati Uniti dove si è fatto ricostruire il volto. Vive tra la sua villa di Ischia e l'America da quando nel '67 fu graziato per atti di eroismo compiuti durante l'alluvione di Firenze. L'eroe delle Murate era in carcere per omicidio. Cutolo e Bardellino sono impegnati in una lotta senza frontiere. Per tutto il 1981 si sono scambiati i cadaveri quasi ogni giorno. Zaza e Giuliano si alternano in alleanze «fluttuanti». Soltanto « 'o malommo» sembra stare a guardare. Lui. esponente della vecchia camorra, dal suo letto d'ospedale legge i giornali e aspetta. «Alla fine — dicono in questura — tornerà a prevalere e, allora, forse Na poli non avrà più il primato odioso della morte». Francesco Santini