A Madrid il golpe della Befana

A Madrid il golpe della Befana Continua la manovra dei militari per destabilizzare la democrazia in Spagna A Madrid il golpe della Befana Insistenti voci di un «putsch» progettato per il 6 gennaio - Probabilmente è un'operazione propagandistica per screditare Juan Carlos Si vuol far pagare al re la condanna del colpo di Stato tentato da Tejero - Oggi però il pericolo non viene dai generali ma dagli ufficiali di grado medio -1 «capitani» sono una casta chiusa e frustrata -1 pericolosi «dossier» lasciati in eredità dall'ammiraglio Carrero Bianco DAL N03TR0 INVIATO SPECIALE MADRID — Buoni conoscitori delle tecniche sottili della comunicazione di massa, i militari golpisti hanno già fatto trapelare la data del loro prossimo assalto al Palazzo: è mercoledì 6, giorno innocuo della Befana per la gente in pantofole ma fiera festa della Pascua militar per gli eserciti di Spagna. La notizia è stata fatta filtrare prima sui giornali e ora è spruzzata a vernice sui muri dr' centro, non solo qui a Madrid ma in ogni angolo di paese dove si trova qualcuno disposto ancora a credere che el honor de la Patria si difende anche con una bomboletta di spray usata in missione notturna. Che cosa faranno esattamente il 6 gennaio questi golpisti nessuno lo sa, ma come negli annunci pubblicitari che solleticano la curiosità del lettore e lo rimandano di giorno in giorno lasciandolo insoddisfatto e tenendolo sulla corda, cosi il giochino della «soffiata» maliziosa va conquistando l'attenzione degli spagnoli, che sembrano sostituirlo ora alla grande lotteria del gordo che ha già consegnato i suoi milioni di pesetas al fortunato di Natale. Magari poi finirà tutto in una bolla di sapone. Ma intanto si sarà riaffermata la convinzione che il putsch fa parte della vita quotidiana, e la sfrontatezza con cui l'intera operazione è stata pilotata fin qui guadagna nuovo credito al campo dei golpisti. Gli spagnoli stanno a guardare come se la faccenda non li riguardasse. Già il golpe di Tejero trasmesso in diretta alla radio e alla tv aveva trasformato i cittadini in spettatori, aprendo ai sociologi nuovi campi di speculazione sullo Stato elettronico e sulla società dello spettacolo; la partecipazione alla vita politica è ormai inesistente, e le delusioni della democrazia hanno sfoltito in poco tempo non solo le file serrate dei militanti comuni- sti (calati a poche decine di migliaia e per di più «in erisi di democratite», come dice Carrillo) ma la stessa schiera dei 200 mila iscritti al psoe e alle sue pratiche di sottogoverno. Cosi la difesa della Costituzione è una partita a due, tra l'esercito e il re, con i politici che si agitano ma non contano granché e con la gente della strada che pensa solo ai fatti suoi. Le illusioni si stanno consumando a una a una, ormai non vale più nemmeno l'immagine della «spada di Damocle» che fino a qualche mese fa si vedeva appesa sul futuro del sistema democratico. A questo punto l'obiettivo è l'eliminazione di Juan Carlos: una sua rimozione se possibile, o altrimenti la vera e propria soppressione fisica. Abitudini antiche di sudditanza e un senso ancora incerto dei limiti della libertà rendono tabù questa minaccia, che tutti ormai immaginano ma che nessuno osa confessare in pubblico; eppure lo si sa, a giugno per esempio si stava preparando un attentato che doveva far precipitare l'elicottero del re. Un incidente può sempre succedere, e il principino Felipe avrebbe allora bisogno d'un reggente che non è pensabile possa essere eletto fuori dalle caserme* Se il re oggi è nel mirino la spiegazione sta tutta nel suo comportamento la notte del 23 febbraio, quando scelse di stare contro Tejero e condannò al fallimento le manovre di Milans del Bosch. Nella trattativa drammatica di quelle ore, Juan Carlos in qualche modo riuscì a trovare una formula di compromesso con la gran parte dei generali; si può anche dire che scattò una sorta di alleanza con la più alta gerarchia militare propensa a trovare un'intesa che gli garantisse il mantenimento dei privilegi sociali ed economici guadagnati con i gra¬ di della lunga carriera. Oggi c'è ancora qualche generale golpista e qualcun altro può anche sentire rinnovarsi il richiamo dell'onore per come lo si sventola nelle caserme, ma la grande turbolenza che si va preparando contro Juan Carlos trova la sua forza e la sua diffusione soprattutto nella grande massa frustrata degli ufficiali di grado medio. Se ci sarà, il prossimo potrebbe essere il golpe dei capitani. L'esercito spagnolo è un esercito vecchio, che dal '98 si è chiuso in patria a curarsi in un isolamento orgoglioso e separatista le ferite dell'impero perduto; non ha fatto guerre che non fossero interne, le sue celebrazioni hanno ancora il gusto teatrale di altri tempi. E' una società orilpmftcpcen omogenea, separata dal resto del paese, appartata in una condizione di privilegio che la democrazia più non ammette. L'ottanta per cento dei militari di carriera sono figli di militari, il cinquanta per cento sposa figlie di compagni di corso; si perpetuano riti sociali e codici di comportamento esclusivi, che la crisi economica degli ultimi anni accentua costringendo l'ufficiale e la sua famiglia a frequentare solo i circoli e gli spacci militari, dove i costi restano bassi e le abitudini hanno una misura comune. Se Juan Carlos non fosse stato un Borbone ma il suo cognome suonasse più semplicemente come Gomez Hortiguera. o Martin Alonso, o Davila, Varela, YagUe, o qualunque altro dei suoi compagni di corso all'Accademia di Saragozza, oggi sarebbe anche lui un capitano con una vita di caserma senza grandi prospettive e la difficoltà di tenere un livello di relazioni dignitoso. In Spagna si diventa capitani già vecchi, dopo 11 anni di servizio, e ci si resta per altri 17 anni; i generali si guadagnano il grado all'età in cui i loro colleghi europei vanno in pensione. E' una carriera frustrante, che fino a qualche anno fa s'inorgogliva almeno nel risarcimento ideale d'una «missione» —la difesa del regime e dell'autorità — che tutti rispettavano. La formazione dei militari ha continuato ad essere quella voluta da Franco, con istruttori gli stessi generali che combatterono la guerra civile da capitani e con un'ideologia che disprezza la debolezza della politica, si ritrova inutile in una società che ha altri ideali e altri interessi. Il «manifesto» che cento ufficiali e sottufficiali firmarono un mese fa ha creato tanto trambusto non perché fosse poi chissà quale minaccia di rivolta, che anzi era un mode¬ sto foglietto di risentimenti pretoriani; ma solo perché portava alla luce quello che in Spagna nessuno oggi se la sente di dire. I fantasmi accompagnano sempre la vita pubblica di questo paese, e sono fantasmi di sangue e di paura; è costume nazionale viverci insieme senza protesta, né orrore. L'esercito soprattutto si sente il difensore di questa storia nazionale, che comunq'ie interpreta e custodisce a suo modo; e i «capitani» si mostrano oggi come l'espressione più fedele e conservatrice di questa ideoi. .,.«*. Lo strumento concreto della loro azione è un'associazione segreta, la Union Militar Espanda, che riprende la sigla e le funzioni della vecchia Urne che sostenne il levantamiento di Franco. Non ne fa parte nessun generale, come nel '36, e come a quel tempo il suo motto è «Salvare la Spagna». Si muovono con spregiudicatezza all'interno delle caserme, in un reticolo di collegamenti che non vuole forse molti iscritti ma che certo trova appoggi morali e adesioni. E poi hanno in mano i dossier che l'ammiraglio Carrero Bianco (uno fissato con le schedature, che non si lasciava sfuggire neanche un giovanotto allora senza grandi poteri come Adolfo Suarez) aveva raccolto su tutti quelli che in qualche modo contavano nella vita pubblica del regime. Questi dossier gli assicurano alleanze e coperture insospettabili, finanziamenti senza limiti, minacce di ricatti. E' una manovra che sta tra le vecchie pratiche del Sifar e i recenti imbrogli della P2, e su questa opera di «intossicazione» della fragile democrazia spagnola potrebbe alla lunga contare. Si dice che gli manchi però un leader, ma è un'obiezione di poco peso; il suo unico vero ostacolo è in Juan Carlos, che, un po' come il Pertini degl'italiani, ha il rispetto di tutti- Mimmo Candito Madrid. Manifestazione fascista davanti alla Cortes: I quadri intermedi dell'esercito contano sull'appoggio dei «nostalgici»

Luoghi citati: Madrid, Spagna