Viaggio alla ricerca del vero tortellino

I simboli gastronomici del Natale I simboli gastronomici del Natale Viaggio alla ricerca del vero tortellino IL campanilismo sfrenato degli italiani, quando si parla di cucina, trova senza dubbio un vertice nelle paste ripiene: centinaia di variazioni sui temi classici degli anolini, degli agnolotti, dei tortellini, dei cappelletti, dei ravioli, ravlolini, ravioloni, e guai a far confusione, si perde la faccia: senza contare ancora cappellacci e calzonicchi, cannelloni, gli stessi paccheri e maccheroni farciti, i casùnsel, i pansoti.i marublni, e cosi avanti. Sicuramente avrò dimenticato qualche caposaldo paesano o regionale. Anche nella disputa sulle origini — poiché il trecentesco fra Sallmbene da Parma parlò, nelle sue cronache, non di una particolare pasta ripiena, ma del ripieno stesso, lasciando quindi, per induzione, immaginare che ci fosse anche un involucro —come orientarci? In ogni caso, la fierlssima rivendicazione parmigiana riguarda un primato non tanto cronologico, quanto di raffinatezza. Per cui, se vi trovate a Parma, non sarà 11 caso di porre dubbi, perché potreste trovarvi anche costretti a darvela a gambe. Mentre i bolognesi, da parte loro, hanno depositato legalmente la formula del tortellino (dopo aver fatto lo stesso per la tagliatelle di cui la «misura aurea» è depositata legalmente) e i modenesi sorridono, a questi discorsi, invocando la primogenitura del cappelletto, modellato secondo gli estri del Tassoni sull'ombelico di Venere; una Venere di stupenda, è ovvio, formosità emiliana. Né, per questo, intendo dire che il discorso, sul plano storico, sia solo o precipuamente emiliano. C'è a Gavi — ligure di nome ma piemontese ancora di circoscrizione — il patronimico Ravioli; di una famiglia che in età altomedloevale accoglieva i romei diretti a Roma, con locanda e taverna' in cui si mangiava una pasta ripiena: la prima, dicono sul posto, mai esistita; e che da quella brava gente prese nome. Ci sono tortelli o altre paste ripiene, ancora, in Liguria, in Piemonte, nel Vene' to, dappertutto; anche — scendendo verso Sud — in Toscana, che ci ha tramandato ricette di tortelli in cui ' non era ancora avvenuta la scissione — che oggi appare 0 altro, tritato finemente. E poi anche le forme contano. Da dove verrà, realmente, la forma divertente del cappelletto, con due punte a combaciare, facendo della terza veramente la cuspide di un minuscolo tricorno? Quanto ai tortellini di matrice bolognese, c'è la formula raccolta dall'Artusi, che per molti è vangelo per altri no: perché l'Artusi era «forestiero», essendo romagnolo, lo sapete. Allora, la ricetta depositata alla Camera di commercio dopo attenti studi e ricerche da parte dell'Accademia italiana della cucina e della Dotta confraternita del tortellino, richiede: lombo di maiale, prima rosolato nel burro, prosciutto, mortadella bolognese (vera!, dice l'atto notarile); parmigiano, uova (di gallina, impone l'atto, e per di più montanara, che le fa più grandi — ma ci sarà tolleranza almeno per questo dettaglio?), noce moscata, sale, pepe. Proseguiamo 11 viaggio con quel tortelli ripieni di pasta di patate oppure di pasta di castagne, che si trovano sull'Appennino tosco-emiliano, e ci riportano con viscerale delizia ai tempi della grande fame dell'Alto Medioevo; e i tortelli famosi, con ripieno di zucca, che si discute — poteva essere diversamente? — siano proprio di origine mantovana, o abbiano altre nascite, o siano addirittura di importazione mitteleuropea. Accostandoci a coste marine, e scendendo verso Sud, ci sono ancora tante variazioni: per esempio con mostarda, nel ripieno; oppure con polpe varie di pesce; lardo, pecorino, bottarga, cervella, scamorza, come in quelli napoletani. Quando si parla di anolini, cappelletti, tortellini, che richiedono sfoglie delicate, quasi veli, e ripieni parimenti raffinati, come accennavo man mano, l'unica ' niànterà di cuòcerli'e di servirli è nel brodo, perché altri accompagnamenti si sovrapporrebbero al sapori interni. Mi sembra ovvio che la stessa aggiunta di parmigiano grattugiato al brodo — quando già l'abbiamo messo in giusta dose nel ripieno — altera il meraviglioso equilibrio di quéste formule secolari. Vincenzo Buonassisi ovvia e invece a mio avviso non lo è—fra tortelli di magro e tortelli di grasso. Poiché il ripieno, in questo caso, comprende ricotta, biete (poi spinaci) e minuzzoli di polpa di maiale appena rosolati prlma.;Cl sono tortelli o altre paste ripiene di tradizione romana, napoletana, certo, siciliana, e via dicendo. Lasciamo, comunque, le dispute sulle origini, abbiamo già tanti motivi, oggi, di confronto e di disputa. Tutti rivendicano la superiorità ' locale; ma certo, dicevo, la passione che anima i parmigiani su questo terreno raggiunge davvero un parossismo. Sapete com'è l'autentica ricetta, per loro, degli anoli- ni? Il punto sta nel cuocere lo stracotto per ore, magari per giorni, tanto che la carne ceda fin l'ultima stilla di umore al sugo. E poi il ripieno si fa solo con sugo e parmigiano; la carne ormai sfruttata si può anche buttare o adoperare per meno nobili piatti. Questo è il punto principale. Una cottura di questo genere richiede — attenzione — il coperchio sul tegame, però voltato alla rovescia; cioè con la parte concava in su, In modo da poterci mettere un pò di vino rosso, giovane e brillante, che venga evaporando e cosi formi una atmosfera speciale tutt'intorno allo stesso tegame, e al contenuto. Ancora, sarebbe richiesto che gli anolini siano preparati — ' sfoglia é rlpìeiib —'là anticipo, anche un giorno prima, perché si : nnunci una sorta di macerazione interna, da cui l'estrema vertigine di un sapore perfetto, celestiale. Naturalmente altri combattono — a prudente distanza — queste idee. Vogliono la carne nel ripieno, dicono che questo ripieno .risulta superiore se c'è dentro prosciutto o mortadella. I simboli gastronomici del Natale I simboli gastronomici del Natale Viaggio alla ricerca del vero tortellino IL campanilismo sfrenato degli italiani, quando si parla di cucina, trova senza dubbio un vertice nelle paste ripiene: centinaia di variazioni sui temi classici degli anolini, degli agnolotti, dei tortellini, dei cappelletti, dei ravioli, ravlolini, ravioloni, e guai a far confusione, si perde la faccia: senza contare ancora cappellacci e calzonicchi, cannelloni, gli stessi paccheri e maccheroni farciti, i casùnsel, i pansoti.i marublni, e cosi avanti. Sicuramente avrò dimenticato qualche caposaldo paesano o regionale. Anche nella disputa sulle origini — poiché il trecentesco fra Sallmbene da Parma parlò, nelle sue cronache, non di una particolare pasta ripiena, ma del ripieno stesso, lasciando quindi, per induzione, immaginare che ci fosse anche un involucro —come orientarci? In ogni caso, la fierlssima rivendicazione parmigiana riguarda un primato non tanto cronologico, quanto di raffinatezza. Per cui, se vi trovate a Parma, non sarà 11 caso di porre dubbi, perché potreste trovarvi anche costretti a darvela a gambe. Mentre i bolognesi, da parte loro, hanno depositato legalmente la formula del tortellino (dopo aver fatto lo stesso per la tagliatelle di cui la «misura aurea» è depositata legalmente) e i modenesi sorridono, a questi discorsi, invocando la primogenitura del cappelletto, modellato secondo gli estri del Tassoni sull'ombelico di Venere; una Venere di stupenda, è ovvio, formosità emiliana. Né, per questo, intendo dire che il discorso, sul plano storico, sia solo o precipuamente emiliano. C'è a Gavi — ligure di nome ma piemontese ancora di circoscrizione — il patronimico Ravioli; di una famiglia che in età altomedloevale accoglieva i romei diretti a Roma, con locanda e taverna' in cui si mangiava una pasta ripiena: la prima, dicono sul posto, mai esistita; e che da quella brava gente prese nome. Ci sono tortelli o altre paste ripiene, ancora, in Liguria, in Piemonte, nel Vene' to, dappertutto; anche — scendendo verso Sud — in Toscana, che ci ha tramandato ricette di tortelli in cui ' non era ancora avvenuta la scissione — che oggi appare 0 altro, tritato finemente. E poi anche le forme contano. Da dove verrà, realmente, la forma divertente del cappelletto, con due punte a combaciare, facendo della terza veramente la cuspide di un minuscolo tricorno? Quanto ai tortellini di matrice bolognese, c'è la formula raccolta dall'Artusi, che per molti è vangelo per altri no: perché l'Artusi era «forestiero», essendo romagnolo, lo sapete. Allora, la ricetta depositata alla Camera di commercio dopo attenti studi e ricerche da parte dell'Accademia italiana della cucina e della Dotta confraternita del tortellino, richiede: lombo di maiale, prima rosolato nel burro, prosciutto, mortadella bolognese (vera!, dice l'atto notarile); parmigiano, uova (di gallina, impone l'atto, e per di più montanara, che le fa più grandi — ma ci sarà tolleranza almeno per questo dettaglio?), noce moscata, sale, pepe. Proseguiamo 11 viaggio con quel tortelli ripieni di pasta di patate oppure di pasta di castagne, che si trovano sull'Appennino tosco-emiliano, e ci riportano con viscerale delizia ai tempi della grande fame dell'Alto Medioevo; e i tortelli famosi, con ripieno di zucca, che si discute — poteva essere diversamente? — siano proprio di origine mantovana, o abbiano altre nascite, o siano addirittura di importazione mitteleuropea. Accostandoci a coste marine, e scendendo verso Sud, ci sono ancora tante variazioni: per esempio con mostarda, nel ripieno; oppure con polpe varie di pesce; lardo, pecorino, bottarga, cervella, scamorza, come in quelli napoletani. Quando si parla di anolini, cappelletti, tortellini, che richiedono sfoglie delicate, quasi veli, e ripieni parimenti raffinati, come accennavo man mano, l'unica ' niànterà di cuòcerli'e di servirli è nel brodo, perché altri accompagnamenti si sovrapporrebbero al sapori interni. Mi sembra ovvio che la stessa aggiunta di parmigiano grattugiato al brodo — quando già l'abbiamo messo in giusta dose nel ripieno — altera il meraviglioso equilibrio di quéste formule secolari. Vincenzo Buonassisi ovvia e invece a mio avviso non lo è—fra tortelli di magro e tortelli di grasso. Poiché il ripieno, in questo caso, comprende ricotta, biete (poi spinaci) e minuzzoli di polpa di maiale appena rosolati prlma.;Cl sono tortelli o altre paste ripiene di tradizione romana, napoletana, certo, siciliana, e via dicendo. Lasciamo, comunque, le dispute sulle origini, abbiamo già tanti motivi, oggi, di confronto e di disputa. Tutti rivendicano la superiorità ' locale; ma certo, dicevo, la passione che anima i parmigiani su questo terreno raggiunge davvero un parossismo. Sapete com'è l'autentica ricetta, per loro, degli anoli- ni? Il punto sta nel cuocere lo stracotto per ore, magari per giorni, tanto che la carne ceda fin l'ultima stilla di umore al sugo. E poi il ripieno si fa solo con sugo e parmigiano; la carne ormai sfruttata si può anche buttare o adoperare per meno nobili piatti. Questo è il punto principale. Una cottura di questo genere richiede — attenzione — il coperchio sul tegame, però voltato alla rovescia; cioè con la parte concava in su, In modo da poterci mettere un pò di vino rosso, giovane e brillante, che venga evaporando e cosi formi una atmosfera speciale tutt'intorno allo stesso tegame, e al contenuto. Ancora, sarebbe richiesto che gli anolini siano preparati — ' sfoglia é rlpìeiib —'là anticipo, anche un giorno prima, perché si : nnunci una sorta di macerazione interna, da cui l'estrema vertigine di un sapore perfetto, celestiale. Naturalmente altri combattono — a prudente distanza — queste idee. Vogliono la carne nel ripieno, dicono che questo ripieno .risulta superiore se c'è dentro prosciutto o mortadella.

Persone citate: Artusi, Ravioli, Tassoni, Vincenzo Buonassisi

Luoghi citati: Gavi, Liguria, Parma, Piemonte, Roma, Toscana