Raffaello re di Francia

Raffaello re di Francia A PARIGI UNA MOSTRA SULLA SUA INFLUENZA OLTR'ALPE Raffaello re di Francia PARIGI — 17n amore duralo quattro secoli, mai spento, nonostante i momenti di incertezza, le tentazioni dell'oblio, i rifiuti rabbiosi durati un istante. Dagli anonimi incisori del Cinquecento a Picasso (la sua Italiana, del 1919, è sorella ideale di Maddalena Doni, o della Donna velata^ l'arte francese ha cercato Raffaello. Una dipendenza, quasi, un legame sottile, sotterraneo, di linguaggio e di pensiero. Una lenta galleria di immagini, luoghi pittorici, un itinerario affascinante, che una delle quattro mostre organizzate a Parigi per il quinto centenario della nascita del pittore italiano («Raffaello e l'arte francese», al Grand Palais, fino al 13 febbraio 19S4) indaga con curiosità e pazienza, rico- ! Intendo gli episodi principali di una straordinaria storia. Nell'immaginazione artistifu francese — dimostra l'esposizione parigina — le tracce, i segni, i motivi della pittura di Raffaello sono dovunque, sparsi cerne i semi di un 'intelligenza universale: in Poussin, le Sueur, Ingres, i più «raffaelleschi» artisti d'oltralpe forse. Ma anche in Fragonord, Delacroix. Cézannc. Immagini dotte e popolari, religiose e laiclie. Particolari — soprattutto volti femminili — e insiemi, episodi interi talcun i. come la Storia di Psiche, li si ritrova in pitture, arazzi, vetrate, statue). Un omaggio ininterrotto, che corre su tele e incisioni, una generazione dopo l'altra (qualche nome, ma qualcuno soltanto: Mignard, Le Bruti, Géricault. Baudry, David). Fino a Dali, nel quale le variazioni sul terna Raffaello si avviano negli Anni Venti, ma si fanno numerose soprattutto più tardi, negli Anni Cinquanta. E a Mirò, die nel '29, con La Fomarina, gli ha reso l'omaggio più poetico del nostro secolo. Imitatori affascinati, semplici amanuensi delle sue forme vaste e colme, artigiani timidi e det'oli, creatori austeri e orgogliosi: la mostra parigina li affianca, tanti volti di una stessa, ideale ispirazione. Eppure, la storia di questo 'legame comincia in sordina. Niente, all'inizio, sembra annunciare i prossimi favori. La gloria di Raffaello in Francia resta per quasi un secolo mal definita, senza predilezioni particolari. Solo alla metà del Seicento, Raffaello è il model¬ lo insuperato, il .genio della pittura». Quadri e disegni sono, allora, la sorpresa più preziosa delle collezioni. E stimolano curiosità, inducono a viaggi in Italia. In pochi anni, Raffaello diventa, per i francesi colti, il «principe della pittura». Il culto si organizza, cerca, e trova, i giusti sostegni teorici (Raffaello exiuilibrio tra natura e idee, ad esempio). Negli anni dei due Napoleone, la sua gloria traborda gli argini nei quali il Settecento l'aveva avviata. E tale è l'entusiasmo per la sua pittura che anche lui, il pittore, diventa oggetto, è dipinto (molti, allora, lo immaginano con la Fornarina o solo, il volto raccolto in una burba leggera, gli occhi abbassati o sognanti, ispirali, e alle spalle magari qualcuno dei suoi quadri più noti). L'Ottocento scorre tra le devozioni di Ingres, le attenzioni dei romantici, le allegorie «civili». E nel Novecento il suo esempio è presente nei rivoluzionari e nei tradizionalisti, nei cubisti La Fresnaye e Maria Blanchard (le sue maternità sono madonne) e in Derain («Solo Raffaello è divino...»;, in Max Errist e Ma tisse. Raffaello, insomma, signore dell'arte francese?, Una conclusione forse eccessiva. Ma, come riconosce JeanPierre Cuzin nel catalogo della mostra, nell'arte di questo paese bisogna riconoscere un «ramo solido e robusto» germoglialo dal grande italiano: «Forse gli artisti francesi hanno meditato più di altri la sua lezione: la pittura è un linguaggio ambizioso, con il quale si può dire tutto dell'uomo» e. n.

Luoghi citati: Francia, Italia, Parigi