Pesenti assediato di Renato Cantoni

Pesentì assediato Può salvarsi dai debiti vendendo i «gioielli» Pesentì assediato Nelle ultime settimane la Borsa ha nuovamente vissuto momenti di tensione dovuti a una serie di voci incontrollate sullo stato di salute di un impero che per anni ha dominato le scene finanziarie c che all'apice del boom del 1980-1981 aveva rappresentato uno dei maggiori poli di attrazione della speculazione. Si tratta della costellazione Italmobiliare controllata da Carlo Pesenti. Il chiasso è stato notevole ma, a dire la verità, nulla di nuovo è stato possibile rilevare. Ciononostante una pioggia di piccoli realizzi e qualche iniziativa al ribasso sono pesate su di un mercato povero di affari e in balia di se stesso da diversi mesi. In questo modo, pur senza speciali novità, la posizione del cementiere bergamasco si è fatta realmente precaria. Spesso in Borsa sono sufficienti impalpabili sensazioni per far nascere dei fatti. Ora l'attenzione degli analisti è ancora una volta puntata sul bilancio deU'Italmobiliare. una società finanziaria che raggruppa da alcuni decenni una serie di partecipazioni di grande immagine, fra le quali spiccano la Ras, seconda compagnia di assicurazione italiana, l'italcementi, la Franco Tosi (una delle poche industrie della grande meccanica ancora vitali), la Banca Provinciale Lombarda, solido istituto di credito operante principalmente in Lombardia e soprattutto in provincia di Bergamo. Il problema non è congiunturale: queste società guadagnano bene e non danno prcocupazioni per l'avvenire. Ben diversa è la posizione della capogruppo. La filosofia che in un primo momento si è dimostrata vincente per Carlo Pesenti era assai semplice: lo sviluppo industriale e la politica sociale in Italia non potevano continuare a lungo senza provocare un deterioramen¬ to del potere d'acquisto della moneta. Bastava perciò il controllo di banche, compagnie di assicurazione, buone imprese industriali, accen-' dendo grossi debiti, per possederle effettivamente per effetto dell'inflazione. «Carletto pigliatutto», com'era chiamato Pesenti al momento del suo massimo fulgore, non aveva però fatto i conti con gli interventi di carattere politico e monetario che in un grande Paese come l'Italia vengono sempre adottati dai governi per impedire la bancarotta pubblica. E' capitato così che il valore borsistico e commerciale delle sue «perle» c aumentato meno del costo dei finanziamenti, cui si e aggiunto il peso di una lunga recessione che non lascia ini travedere una inversione di tendenza a breve termine. Quando nell'Italmobiliare vi erano altre due grosse banche, il Credito Commerciale e l'Istituto Bancario Italiano, non mancavano gli aspiranti a impadronirsi di un appetitosissimo centro di potere e fra questi primeggiava Roberto Calvi, capo incontrastato del Banco Ambrosiano; questi, per meti in prima linea nel caso ai un cambiamento al vertice, non aveva lesinato i crediti a Pesenti. La dipendenza indiretta di questi aumentò a mano a mano che il tempo passava e i debiti crescevano, sicché, quando Calvi si trovò costretto a trovare un rifugio per «parcheggiare» grossi pacchetti di azioni Ambrosiano derivanti da aumenti di capitale o da acquisti per sostenere quotazioni traballanti, Pesenti non si sa se di buona o cattiva voglia, li inserì a diverse riprese nella propria holding per oltre 110 miliardi. La bancarotta del vecchio istituto milanese fu per lui un doppio disastro: i 110 miliardi si volatilizzarono in un sol colpo mentre occorreva trovare un sostituto del gruppo Ambrosiano quale grande e tranquillo finanziatore. Già in precedenza Pesenti con grande dolore, aveva dovuto alienare il Credito Commerciale. Ora anche l'Ibi se ne andava ma il sacrificio dava solo una boccata d'ossigeno al troppo audace finanziere. I debiti sono tuttora eccessivi e non c possibile compensarli a termini di bilancio rivalutando le partecipazioni all'infinito. Questo non è sfuggito agli operatori borsistici più attenti e pronti a cogliere qualsiasi occasione per fare fruttuose incursioni speculative. Il ragionamento è semplice. Se Pesenti non si affretta a vendere almeno due dei suoi gioielli — e precisamente la Banca Provinciale Lombarda e la Ras — alla chiusura dei conti il 31 marzo l'Italmobiliare non avrà possibilità di fare rivalutazioni di portafoglio per compensare i 140-150 miliardi di perdita dovuti agli interessi passivi. Se vende una sola partecipazione e la situazione generale del Paese e della Borsa non muta, l'ultima spiaggia è fissata al 31 marzo dell'anno seguente. Ce n'è più che a sufficienza per ritenere l'Italmobiliare sopravvalutata. Da qui realizzi e vendite al ribasso con relativo appesantimento degli altri valori del gruppo. Si è così innescata una reazione perversa che non può che accelerare la spirale distruttiva. Pesenti, però, ha ancora alcune possibilità di salvezza purché agisca in fretta. Conoscendo le sue grandi qualità di manovratore finanziario una sorpresa è possibile. Si contrappone la sua caparbia ostinazione a resistere fino all'ultimo, soprattutto quando deve forzatamente distaccarsi da qualcuna delle sue predilette creature. In ogni caso qualche novità è più che probabile a breve scadenza. Renato Cantoni

Persone citate: Carlo Pesenti, Franco Tosi, Pesenti, Roberto Calvi

Luoghi citati: Bergamo, Italia, Lombardia