Cooper, tre adulti tra i fantasmi dell'infanzia Sofocle con Castri diventa un dramma borghese

Cooper, tre adulti tra i fantasmi dell'infanzia Sofocle con Castri diventa un dramma borghese Teatro: al Carignano «Una famiglia felice» della Compagnia dell'Atto, air Adua «Traditole» Cooper, tre adulti tra i fantasmi dell'infanzia Sofocle con Castri diventa un dramma borghese TORINO — Immesso a viva forza nel cartellone del Teatro Carignano in sostituzione de I ragazzi irresistibili di Neil Simon (rinviato per ragioni di salute d'uno dei due protagonisti, Luciano Salce), Una famiglia felice di Gilles Cooper della Compagnia dell'Atto non è affatto lo spettacolo digestivo-tappabuchi, che le malaugurate circostanze potevano lasciar presagire. E' un allestimento di buona professionalità: ed è soprattutto l'occasione per il pubblico torinese per accostarsi all'opera di un singolare commediografo inglese del tutto ignoto in Italia. Dopo aver scritto varie decine di 'arginali radiofonici, televisivi e teatrali, il 2 dicevi tre 1966 Gilles Cooper, allora quarantottenne, decise di buttarsi giù da un treno in corsa, nei pressi di Surbiton, nella cintura urbana londinese, quel suburbio piccolo-borghese e perbenista che era stato protagonista del suo più, prestigioso successo, Everythlng in the Garden, messo in scena nel marzo '62 dalla Royal Shakespeare Company (in ricordo di Cooper, Edward Albee riprese e riadattò la commedia per il pubblico americano e fu un altro successo, purtroppo postumo). Una famiglia felice non Ita la spietatezza di quel piccolo capolavoro: ma è lo stesso una commedia acre e disperata, sotto l'apparente vernice di festosa superficialità tipica delle conversation pieces inglesi. E' la storia di una tripli ce regressione infantile, quella di due sorelle e un fratello, die, benché abbiano raggiun- to la trentina e più. s'ostinano a vivere la loro vita di fanciulli: la vita d'un tempo insomma, protettiva, dolceamara e inutile. Piomba tra costoro un quarto incomodo, un commesso di drogheria, mezzo tonto mezzo lestofante, pretendente alla mano d'una delle due «ragazze-: e quel fragile equilibrio a tre, fatto di trepidanti convenzioni e smanierose finzioni, è sconvolto: il sesso vi fa capolino, vi serpeggia inattesa la violenza, l'odio non tarda a farsi sentire. Ma è tempesta in un bicchier d'acqua: lo «straniero- verrà espulso, il terzetto tornerà a rinchiudersi nella gabbia dorata della stanza dei giochi. Nella casino di campagna rosa e verde ideata da Stefano Pace, gremita di pupazzi e ninnoli, i quattro attori della Compagnia dell'Atto si muovono e parlano, sulle buffe cadenze della traduzione di Angelo Dallaglacoma, con l'impettita e un poco stordita goffaggine da deformi figurine alla Lewis Carroll. Oidi Perego mette tutto l'inorridito canonicato d'una stagionata zitella nella sua troneggiantc Susan, con quei bruschi cambi di voce e di passo che ne fanno l'attrice di carattere che tutti apprezziamo: Renata Zamengo spinge sul pedale d'una spassosa (ma al tempo stesso inquietante) follia la sua verginale (e tentata) Deborah: Renato Campese è un commesso squisitamente provinciale, con le sue fragili incertezze e, a risvolto prevedibile, le pesanti volgarità e virulenze; ma l'attore che ci ha più persuasi (e che non conoscevamo è Roberto Antonelli (cui si deve anche la regia) nella aspra, isterica caratterizzazione del fratello Paul, il vero bambino malvagio di tutta la storia. Pubblico dapprima sconcertato, poi divertito e plaudente. Guido Davico Bonino Oidi Perego e Paola Mannoni, due protagoniste a confronto per Cooper e Sofocle a Torino

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