San Giorgio, l'isola della cultura di Luciano Curino

 San Giorgia Pisola della cultura DA TRENTANNI LA FONDAZIONE CINI SVOLGE UN RUOLO INTERNAZIONALE San Giorgia Pisola della cultura Uno dei più bei posti del mondo, per un secolo e mezzo era stato depredato e devastato - Il conte Cini l'ha riscattata e ricostruita com'era, in memoria del figlio morto in un incidente aereo - Luogo d'incontro di capi di Stato e centro mondiale d'arte e di studi - II presidente Visentini: «E' questo il mio amore senile» - Tra i molti programmi, una mostra dei primitivi toscani DAL NOSTRO INVIATO VENEZIA — II 31 agosto 1949, a Saint-Cassien sulla Costa Azzurra, il conte Giorgio Cini si abbassò con il suo piccolo aereo per salutare la donna che amava, l'attrice Merle Oberon, precipitò e mori. Aveva trenfannl, unico figlio di Vittorio Cini conte di Monselice, massimo finanziere italiano e chiamato •ultimo Doge- di una Venezia che viveva di metafore. Il padre ne fu colpito a fondo. Pensò al modo migliore per celebrare la memoria del figlio perduto, e decise: non un monumento, ma un'isola addirittura gli dedicò e vi creò la Fondazione Giorgio Cini, una delle piii importanti istituzioni culturali italiane. «La Fondazione ha lo scopo di promuovere 11 ripristino del complesso monumentale dell'Isola di San Giorgio Maggiore e di favorire la costituzione e lo sviluppo, nel territorio di essa, di istituzioni educative, sociali, culturali ed artistiche», si legge nello Statuto. Per prima cosa, dunque, un'impresa ardita: risol¬ levare lisola dall'abiezione all'antico splendore. Dominata dalla solenne architettura di una chiesa palladiana, l'Isola di San Giorgio sta davanti la riva di San Marco. Per quasi mille anni monastero benedettino, ha ospitato papi, sovrani, artisti. Alla meta del Cinquecento è. cominciata la trasformaziom ideata dal Palladio e lisola è' diventata uno dei posti più belli del mondo. Ma con la caduta della Repubblica sono cominciate le spoliazioni e le devastazioni. E' questa una storia di barbarie e, come la racconta l'avvocato Rosso Mazzlnghi, veterano della Fondazione, sarebbe incredibile se non ci fossero le fotografie a confermarne l'autenticità: Immagini dove la bella Isola appare disfatta. Cominciano i francesi di Bonaparte. Cacciano i frati e vi mettono una guarnigione, fanno dei giardini un campo trincerato, si portano via le Nozze di Cana del Veronese e altre opere d'arte, saccheggiano la biblioteca. Ai francesi seguono gli austriaci che tramutano un settore del convento in caserma. Lisola passa al Demanio militare che vi insedia il comando d'artiglle-. ria, piazza cannoni con le bocche rivolte verso la Riva degli Schiavonl. Il castello Quasi un secolo e mezzo di spietatezze e di disastri. Disperse le preziose raccolte bibliografiche e del manoscritti, la biblioteca, stupendo salone rinascimentale progettato e costruito dal Longhena, è adibita a contenere le . rastrelliereper le armi. Nel refettorio palladiano si abbattono muri e volte, si costruiscono rozze tramezze e soppalchi: nel piano inferiore si impianta una segheria meccanica, in quello sopra si installa un teatrino per filodrammatici. I chiostri in sfacelo. Il pianterreno del noviziato convertito in magazzini , che si sgretolano. Il grandioso dormitorio del Buora dall'aerea architettura diventa caimerata per la truppa che non ha riguardi, la chiesa deposi- to di palloni aerostatici. Orride baracche, tettoie, capannoni sorgono senza rispetto e senza alcun ordine a ridosso dei monumenti e al posto dei pergolati cinquecenteschi. E, via gli austriaci, non è che le cose migliorino, ma il tempo lutto aggrava. A cancellare un destino che sembrava ormai irrevocabile è intervenuto II conte Cini dopo la tragedia di SaintCassten. Nel nome del figlio ha riscattato l'isola per farne un regalo alla città e alla cultura. Dal ministero delle Finanze l'lia avuta in concessione per 29 anni, rinnovabili: un canone simbolico di mille lire. Dal 1951 al '53 il restauro. •E' costato allora tre miliardi, quasi venti miliardi di oggi», dice il ministro Visentini, attuale presidente della Fondazione. «Negli anni successivi, per integrare e mantenere San Giorgio, il conte Cini ha versato altri tre miliardi e mezzo, con valore di moneta naturalmente diversa Ha donato alla Fondazione il castello di Monselice, importanti collezioni di libri, di incunaboli, di disegni antichi». Lisola è ritornata qual era: un complesso architettonico che ha pochi uguali. Con un parco, dove sono stati costruiti un teatro chiuso e un anfiteatro all'aperto per duemila spettatori. ' I centri sociali della Fondazione sono la Scuola Arti e Mestieri per 500 allievi e il Centro Marinaro per educare reclute alla marina mercantile. Ma la «Cini» ha fama internazionale soprattutto per il Centro di Cultura e Civiltà, che opera attraverso quattro istituti a carattere post-universitario: quello di Storia dell'Arte; di Lettere, Musica e Teatro: di Storia della Società e dello Stato Veneziano; l'Istituto Venezia e l'Oriente. Qualche cifra del Centro culturale: una biblioteca di storia dell'arte con quasi 60 mila opere; una biblioteca orientalìstica di 30 mila volumi e che possiede anche la riproduzione microfilmica della biblioteca imperiale di Pechino; una fototeca d'arte con 700 mila fotografie; una collezione di 35 mila libretti d'opera, unica al mondo; un archivio lessicale veneto di 90 mila schede; una collezione di 325 fogli miniati dal XII al XVI secolo; la più ricca raccolta di libri illustrati italiani del Rinascimento: circa duemila volumi. Vengono accolte a San |Gioraio tutte quelle iniziative culturali che possano contribuire a un avvicinamento e a una reciproca comprensione fra popoli e gruppi di persone di provenienza o formazione diversa, sul piano individuale come su quello collet- tivo, sul plano scientifico come su quello umano; e questo anche a livello di organizzazioni pubbliche o di istituzioni internazionali. Tutti i grandi organismi soprannazionali - dall'Onu alla Cee, dal Parlamento europeo all' Unesco e alla Ceca - si sono dati convegno a San Giorgio per tenervi le proprie assise. E'anche luogo di incontri diplomatici ad alto livello, come quello recente italofrancese, o il 'summit* di tre anni fa tra capi di Stato e di governo delle sette nazioni più industrializzate. «La televisione trasmette al mondo le immagini di questa ospitalità e si pensa che San Giorgio sia questo: un luogo d'Incontro», dice il professor Vittore Branca, che con Lino Sartori è vicepresidente della Fondazione e da sempre segretario generale. «Invece è soprattutto un luogo di cultura, non d'incontro, perché questo è soltanto un'immagine che dà la televisione. Se il Papa riceve gente nelle Logge di Raffaello, mica si dice che le Logge sono un luogo d' incontro». Per Venezia La Fondazione ha un bilancio annuale di due miliardi e mezzo circa. Non è molto, se si considerano la manutenzione dell'isola monumentale e l'attività che vi si svolge. «Visentini, prima di diventare presidente, si stupiva che si potesse fare tanto con cosi poco», dice Rosso Mazzlnghi. Alla Fondazione lavorano una trentina di persone, operai compresi. E'stato approvato i giorni scorsi il programma del 1984: una quindicina di congressi e manifestazioni culturali, il seminario internazìo-. naie sulla Storia del melodramma in Italia e in Europa, un corso per la formazione di librai e addetti alla diffusione del libro, i corsi di aggiornamento e di perfezionamento post-universitari, la pubblicodione del grande catalogo di libretti per melodramma della collezione mRolandi*. si S a inizeranno i lavori per una Storia di Venezia in quindici volumi. Nelle sale di Palazzo Cini sarà esposta la collezione di primitivi toscani della donazione Alitata. Bruno Visentini è presidente della Fondazione dall'inizio del 1977, nominato da Vittorio Cini, che morì poi in settembre. Aveva 92 anni il conte e la sua vita era ancora fervida. «La funzione del presidente è di assicurare l'assoluta indipendenza della Fondazione: non deve dipendere da nessuno, né pubblico né privato», dice Visentini. «La Fondazione è dunque assolutamente e rigorosamente privata. Ha 11 compito di conservare questa stupenda Isola monumentale e di organizzare mostre e iniziative culturali. La parte culturale la segue Branca, con il quale andiamo d'accordo. Io mi occupo di indirizzi generali e della gestione anche amministrativa della Fondazione. Che vive di mezzi propri. Ha due o tre iniziative dalle quali reperisce anche dei mezzi, sui quali viviamo». La 'Cini* ha problemi particolari? «I problemi ci sono, ma 11 risolviamo. La Fondazione viene gestita con una parsimonia esemplare, per la grande dedizione di chi ci lavora, e credo che anche la mìa vigilanza sia importante. Tutto sommato, siamo abbastanza tranquilli». Il presidente non ha mal ricevuto una lira dalla Fondazione e non la riceverà mai. Non ha neanche i rimborsi spese. Dice Bruno Visentini: «E' giusto che sia cosi. Di fronte a quest' uomo, Vittorio Cini, che ha profuso miliardi e ha donato tesori, che ha creato questa cosa sublime, il minimo dovere di un presidente é di donare la propria attività e quel tanto di spese che di volta In volta affronta. Sarebbe Impensabile diversamente». V incarico è pesante? «Qualche volta lo è, ma mi fa piacere. Amo molto la Fondazione e può essere che sia questo il mio amore senile». Luciano Curino

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