Cantieristica: Europa travolta dall'Asia (e adesso la Corea attacca il Giappone)

Cantieristica: Europa travolta dall'Asia (e adesso la Corea attacca il Giappone) Nei primi sei mesi dell'anno il 78% degli ordini di nuove navi è andato in Oriente Cantieristica: Europa travolta dall'Asia (e adesso la Corea attacca il Giappone) | DAL NOSTRO CORRISPONDENTE TOKYO — Su ogni cinque navi da trasporto che saranno lanciate quest'anno nel mondo, quattro scenderanno nelle acque del Mar del Giappone, fabbricate da un cantiere nipponico o coreano. E per la prima volta nella storia della navigazione, dal primo ; tronco galleggiante a oggi, meno di un bastimento su I dieci sarà invece fabbricato in {Europa, n dominio della cantieristica orientale, del Giappone e della Corea del Sud, sta passando dall'essere schiacciante al monopolio assoluto e la lettura degli ultimi dati diffusi dalla «Associazione dei cantieri nipponici» è, per un europeo e un non specialista, agghiacciante. Nel primi sei mesi di quest'anno 1983, il 78,3% di tutti 1 nuovi ordini navali (è esclusa naturalmente la produzione militare) sono arrivati a produttori giapponesi o coreani. Ma questa cifra ancora non dice tutto: se si prende In esame la seconda metà del semestre, 1 tre mesi da aprile a giù gno, la quota orientale è addirittura più alta e tocca il totale di 85.7 ordini su 100. Il risultato, per quanto ci riguarda, è avere spinto la percentuale di produzione affidata alla cantieristica europea occidentale al minimo storico dell'll,l% nei primi sei mesi dell'83, e ancora più bassa, a un misero 9,6% nel trimestre aprile-giugno. : L'elemento che ha spinto tanto drammaticamente in {avanti la quota orientale (nell'82 Corea e Giappone {avevano raccolto insieme «solo» il 57,4% degli ordini) è sta ; la una improvvisa, e massiccia, ripresa delle ordinazioni «Molti armatori, in tutto il i mondo, sono arrivati contemtporaneamente alia concludo ' ne che il presso delle navi aveva raggiunto il fondo, all'inizio dell'83, e non sarebbe disceso ulteriormente», mi dicono alla «Japan Shlp Exporters Assoclation » di Tokyo. DI qui, un flusso di richieste interne e internazionali che so no andate a quasi esclusivo beneficio di giapponesi e coreani. Cioè dei meglio attrezzati per raccogliere 1 frutti della ripresa. Anche in Oriente, tra la fine degli Anni 70 e l'inizio degli 80, la crisi mondiale della cantieristica aveva morso, e fatto male. Se guardiamo i bilanci delle maggiori società nipponiche del settore vediamo che alla «Mitsui Engineering» la quota di fatturato derivante dal cantieri navali è scesa dal 57% del '78 al 35% attuale, trascinando con sé la profittabilità dell'Intero gruppo. Alla «Kawasaki Heavy Industryy» (famosa nel mondo per le motociclette) la caduta degli ordini navali è stata ancora più drastica, e gli utili netti dell'azienda sono tornati, dopo un periodo di «rosso», appena a un quarto di quelli segnati nel '78. Situazioni slmili si registrano alla «Hitachi Zoseri», alla «.Mitsubishi Heavy», e praticamente in tutte le so¬ cietà con interessi nella prò duzlone navale. Ma come accade puntualmente In Giappone, la crisi è stata vissuta da tutte le componenti interessate — management, sindacati, banche, società affiliate — come occasione per riorganizzare con le proprie forze il lavoro e mettersi in condizione di trar vantaggio da una ripresa di ordini, oggi arrivata. L'occupazione complessiva è scesa del 15-20%, attraverso pensionamenti anticipati, dimissioni favorite da forti liquidazioni e offerte di corsi di aggiornamento, trasferimenti ad altre aziende del gruppo (è accaduto alla «Mitsubishi», alla «Kawasaki», alla «Hitachi») 11 management si è autobloccato lo stipendio per 5 anni, creando cosi le condizioni per un congelamento generale delle retribuzioni. Il mercato finanziario, inondato di liquidità a costi, per noi, ridicolmente bassi (7%) lia pompato nuovi fondi destinati — sempre — alla ristrutturazione degli impianti fissi. Non è un caso che 11 maggiore azionista di tutte le maggiori società di cantieristica sia, oggi, una! banca. Risultato: quando, nei mesi scorsi, gli armatori giapponesi, greci, e di «bandiere fantasma» si sono rimessi in campo per fare «shopping», le Industrie nipponiche hanno potuto offrire prezzi — lo dice la associazione degli esportatori — Inferiori di «almeno 11 20% alla media corrente internazionale, considerata, In Europa, la «soglia minima della profittabilità». Farsi fare una nave In Giappone costa oggi 80,000 yen alla tonnellata per un «bulk carrier», un mercantile a carico sfuso, circa 560 mila lire. Nel complesso, coreani e giapponesi hanno cosi ottenuto ordini per 6 milioni e 326 mila tonnellate soltanto nel trimestre aprile-giugno, contro le 707 mila tonnellate ordinate al cantieri delle nazioni europee raccolte nell'«Awes» (Assoclatlon of west european shipbullders). Per 11 momento, nell'accoppiata vincente d'Asia, è ancora 11 Giappone ad avere la testa sopra la Corea del Sud, so prattutto grazie ai massicci ordini per navi da carico sfuso («bulk carriere»). Ma non è affatto escluso che nell'arco del prossimi cinque anni 1 cugini coreani facciano ai giapponesi esatamente quello che 1 giapponesi hanno fatto al l'Europa: taglino loro, a colpi di sconti, l'erba del mercato sotto 1 piedi. Secondo 1 giapponesi, le 2.154.000 tonnellate di ordini ricevute dal coreani nel periodo aprile-giugno sono state strappate a colpi di tagli sul prezzi: come 1 cantieri nipponici fanno pagare almeno il 20% in meno degli europei, cosi 1 coreani avrebbero fatto lo sconto di un altro 20% sul prezzi giapponesi. Amara consolazione, per noi, di vedere Tokyo assaggiare la stessa medicina con cui sta uccidendo la cantieristica europèa: ■ '' "" J ' Vittorio Zucconi In un cantiere navale giapponese due navi in costruzione

Persone citate: Awes, Heavy, Kawasaki, Vittorio Zucconi