Alla Scala anche Turandot diventa bella

Alla Scala anche Turandot diventa bella ! Splendido allestimento dell'opera di Puccini diretta da Maazel, con la regìa di Zeffirelli Alla Scala anche Turandot diventa bella DAL NOSTRO INVIATO MILANO — L'ultima opera di Puccini, condotta avanti con fatica in un clima di perenne incertezza e di sfiducia, testimonia una fase di dolorosa crisi creativa in cui era giunta allo spasimo la famosa «ricerco del libretto», suo perenne tormento dopo ch'ebbe perduto la provvidenziale coppia lllica e Giacosa. Fu proprio uno dei nuovi librettisti, il Simoni, a suggerire lo sciagurato ricorso a una delle stupide fiabe di Carlo Gozzi, col proposito, manco a dirlo, di .umanizzarla:' assunto assurdo, come dimostrò poi la tragica impotenza del compositore a concretare il grande duetto finale, che avrebbe dovuto essere la chiave di volta dell'opera. E l'altro librettista, l'Adami, provvide ad infiorate il testo di versi cànzonettistici (.Nei giardini sussurran le rose E tintinnan campanule d'or.) o rivlstaioli' (.A godermi il lago blu Tutto cinto di bambù.), che non potevano non contribuire alla prostituzione della vena melodica di Puccini. ì Nell'assenza di reale contenuto drammatico, quale avrebbe dovuto essere la trasformazione della .principessa di ghiaccio, in donna inno-morata (. Tu dei baci già senti l'aroma, Tu sei doma, sei tutta languori.), il color locale, elemento collaterale di cui Puccini si era sempre giovato con abilità, divenne l'alfa e l'omega dell'opera, inzuppandola in un insopportabile orientalismo da bazar: esotismo domestico da carillon, trovato alla buona sui tasti neri del pianoforte. | Tutto ciò non riguarda, ben: inteso, la parte di LiU. la quale sta li come pietra del parago¬ ne per mostrare che cosa era Puccini. Negli altri personaggi, con qualche rara e benvenuta eccezione per il tenore, it '-fiore della melodia si estingue, vuoi perché esaurito dalla condizione fisica del compositore, già crudelmente attanagliato dal male che l'avrebbe stroncato nella clinica di Bruxelles, vuoi per un'infelice convinzione che bisognasse scrivere dei drammi musicali alla maniera di Pizzetti per sembrare-moderno.. Ne viene all'opera, pur con tutto il suo sfarzo esteriore, un lugubre gelo, una freddez- za intima che la fa parere l'elaborato scrupoloso d'un Cherubini del ventesimo secolo e le conquista la stima non lusinghiera dei patiti d'un veteroclassìeismo, non riscattato dalla setn tllla dell'ironia. Quanto all'entusiasmo popolare che l'opera continua a destare e che — diciamo subito — ha raggiunto vette eccezionali in quest'occasione, esso è scatenato inizialmente dalla grandiosità dello spettacolo e dalla magniloquenza sonora della scena iniziale, dove affiora liano a Roma tradotto in cinese. Poi si alimenta delle poche briciole di melodia affidate a. Calaf e a Liti, e dalla tensione drammatica della scena degli 'enigmi, dove Puccini rinnova l'abile 'Suspense, della partita a carte di Minnie con Jack Rance. Il cattivo gusto, massimo cornuti denominatore del¬ la democrazia artistica, tocca il culmine nello spaventoso brìcà-brac esotico del Trio PingPong-Pang, dove le infauste maschere della commedia dell'arte, di erudita e accademica memoria, si camuffano da bonzi cinesi, essendo il .pittoresco, il dichiarato traguardo prefissosi dai librettisti ed imposto all'innocente compositore. Il quale, in mancanza di genuine invenzioni per quei tre ridicoli fantocci, non trova di meglio che affidargli il lirismo smanceroso della Frugola nel Tabarro (.Ho una casa nell'Honan. •Ho sognato una casetta.). L'esecuzione della Scala i stata bellissima, sia sotto l'aspetto scenico che sotto l'aspetto musicale. Se l'opera Massimo Mila (Contìnua a pagina 2 In seconda colonna)

Luoghi citati: Milano, Roma