Terracini, il comunismo difficile di Paolo Garimberti
Terracini, il comunismo difficile S DALLA FONDAZIONE DEL PCI NEL '21 ALLO «STRAPPO» DALL'URSS Terracini, il comunismo difficile S Fondò stituente personaggio Una mattina di primavera del 1978, in quel - buco., tanto dignitoso nella sua modestia, a ridosso di piazza del Popolo a Roma, die é la sede di Amnesty International, si teneva una conferenza stampa di Vladimir Bukovskij e di un altro, ma quasi sconosciuto, dissidente sovietico in esilio, tal Nikolaev. Il senatore Umberto Terracini comparve quasi all'improvviso, dal buio corridoio-ingresso, quando. Bukovskij non aveva ancora terminato di rispondere alla prima domanda. Ci fu un grande affanno per trovargli una sedia, una palese emozione degli organizzatori e una curiosila ancora più.pales'e dei giornalisti, solleciti inviti da parte di tutti affinché si accomodasse in prima fila, ma egli li respinse con fermezza. Bukovskij, die non aveva capito chi fosse l'anziano signore e che era molto disturbato dalla generale distrazione nel suoi confronti, riprese a parlare. Ma tutti noi continuammo a chiederci perché uno del capi storici del pei avesse voluto presenziare alla conferenza stampa di un dissidente, per giunta così ferocemente antisovietico. Trovai la risposta neppure una settimana dopo, leggendo (Intervista sul comunismo difficile, che Laterza aveva appena pubblicato nel la sua fortunata collana. Il dissenso, vi affermava Terracini, «si manifesta Innanzi tutto come rivendicazione a manifestarsi, indipendente mente dal suo contenuto di merito». £' «il problema delle libertà, e in quanto tale il diritto al dissenso è irrinunciabile». Ma, aggiungeva Terracini, «non si può non chiedere al dissenso per che cosa esso si batta (...). Io voglio sa¬ perlo perché, a mia volta, rivendico la liberta di contrastarlo, quel pensiero, se non corrisponde al mio (...). In conclusione, io sono per 11 diritto di tutti a dissentire, salvo 11 mio diritto di essere d'accordo con qualcuno, e non con altri». Questo è stato il «comunismo difficile» di Umberto Terracini: il diritto-dovere della sincerità, dell'onestà politica e intellettuale fino in fondo, costi quel che costi, la forza delle proprie convinzioni e la forza di sostenerle sempre. Sono del resto i connotati traedanti della biografia politica dell'avvocato Umberto Terracini, genovese di nascita (27 luglio 1895), piemontese di famiglia e di educazione, compagno di Gramsci e Tasca al ginnasio a Torino, fondatore, con Gramsd e Togliatti, di Ordine Nuovo, estensore della piattaformaprogrammatica del partito comunista nato dalla scissione del "21, presidente dell'Internazionale comunista, a Mosca, dal 1921 al'25. ■ La sincerità e la forza delle proprie convinzioni non l'abbandonarono mai, neppure nelle carceri fasciste (vi passò complessivamente quasi diciassette anni, tra Santo Stefano, San Gimignano, Castelfranco Emilia, Civitavecchia, Regina Codi e, infine, Ponza e Ventatene), neppure, soprattutto, nei confronti del suoi compagni di partito. Storica fu la sua lite con Scoccimarro, scoppiata nel 1934, sull'interpretazione da dare alla nuova politica dei fronti popolati. Una lite, per dirla con le parole di un settimanale del primo dopoguerra, che «sussultò in tutte le carceri italiane: 1 comunisti che uscivano e quelli che entravano nelle carceri faceva¬ no da intermediari tra i due capi in lotta». Terracini fu sconfitto, ma, scrisse ancora un suo biografo, «l'ostinazione nel difendere le sue posizioni fu tanta, che da allora fu considerato fuori del partito». Ufficialmente fuori del partito fu messo più tardi, dopo il patto russo-tedesco del 1939, che egli giudicò inaccettabile mentre «i compagni accettaI rono, senza subire alcuna crisi (...), anzi cercarono di scoprire in ogni modo una qualche giustificazione e in ciò si spinsero — sono parole dello stesso Terracini — teorizzandone la bontà certo al di là delle stesse intenzioni di Stalin». Un «comunista difficile» egli fu andie sul piano più. strettamente personale. Non a caso fu protagonista, nel 1947, di uno -scandalo' chemise a rumore il mondo politico romano. Terracini, allora presidente dell'Assemblea' Costituente, viveva con una bella signora bionda, Maria Laura, che tutti consideravano sua moglie. Poiché il Presidènte della Repubblica, De Nicola, era scapolo, il titolo di «prima signora della Repubblica» spettava ufficialmente alla signora Terracini. Poi si scopri che non erano sposati. Fu uno scandalo, per allora, clamoroso. Gli altri dirigenti del pel criticarono aspramente la «leggerezza» di Terracini, che fu invitato a «mettersi in regola» il più rapidamente possibile. Terracini aveva sposato, durante il suo soggiorno a Mosca, una bellissima lettone di Riga, Alma Leks. Ma nel 1926il giovane avvocato «sovversivo- fu incarcerato. Alma lo attese alcuni mesi, poi, stanca di aspettare, tornò in Russia e di lei non si è mai saputo più nulla. Liberato dal carcere nel '43, Terracini si rifugiò in Svizzera, prima di unirsi alla lotta partigiana in Valdossola, dove conobbe Maria Laura Gaino, consorte separata di un ufficiale carrista. Dopo la liberazione vennero insieme a Roma, dove tutti li consideravano marito e moglie. Dopo lo -scandaloregolarizzarono la loro posizione (si sposarono a Bologna), dopo aver ottenuto l'annullamento dei precedenti matrimoni. Ci si può chiedere se questo '^comunismo difficile- sia stato anche un comunismo scomodo per il partito di via delle Botteghe Oscure. E certo lo è stato, in molti momenti anche del più recente passato, per un partito che nulla vuole rinnegare di sé, neppure l momenti peggiori, e che si aggrappa ogni giorno al mito artificioso della -continuità-. Ma questo -comunista scomodo- è stato anche un esempio senza pari di fedeltà al partito, di disciplina interiore ed esteriore. Lo dimostra lo stesso modo discreto, sommesso col quale si reinseri nel partito, nel lavoro organizzativo, fino a riprendere un ruolo di primo piano. Raccontò lo stesso Terracini: «Mi ero recato in Via Nazionale, dove ia direzione del partito si era alloggiata In un appartamento d'affitto (...). Notai che a una porta, prima di entrare, bussavano. Bussai anch'Io e entrai. A una scrivania sedeva Togliatti, che alzò 11 capo e riconosciutomi disse: "Ciao! Siediti. Sono subito da te". Come se ci fossimo visti la sere prima. Là nostra conversazione fu breve, cordiale. SI. c'è molto lavoro. SI, torna domani. E l'indomani mi propose di mettere su l'ufficio elettorale: "Tu non sei mal stato astensionista", buttò là. Fu, ricordo, 11 solo accenno al passato. Era ti 28 maggio 1945: è una delle poche cose che ho annotato giorni... Per Terracini non c'era contraddizione tra la fiera indipendenza di spirito e di giudizio e il rispetto, altrettanto illimitato, della disdplina di partito, anche se a un militante tutto d'un pezzo come lui deve essere stato molto disagevole accettare la strategia compromissoria del partito di Berlinguer. Del resto non fece mai mistero della sua avversione per il -compromesso storico-, sia perché, .disse, la de è sì un grande partito di massa, ma che organizza le sue masse in qualità di «partito della borghesia»; sia perché il compromesso è «molto pericoloso in 'un Paese, in uno Stato organizzato democraticamente 'su una base rappresentatila», dove «la mancanza di luna forza la quale si assuma 11 compito di esprimere le opposizioni, mal soffocabill a lungo, apre la strada a manifestazioni che, valicando i limiti istituzionali, creano quella situazione di irrequietezza, di disordine e di illegalismo che si è manifestata ad esempio nel corso di questi ultimi tempi nel nostro Paese». Ma a Tcrradni non è max piaciuto neppure il processo di revisione dottrinarla che il pei sta conducendo da anni. E non certo per ragioni ideo-' logiche (fieramente si è sempre vantato di essere stato i uno dei primi comunisti che si ^permisero di criticare l'Urss, .sulla cui natura sodo-politica ha espresso più volte giudizi tanto severi quanto ludd' i. ^ensi per ragioni me-. todolb. he. Ecco la sua critica: «Su questa strada, si prenda ad esempio il giudizio sulla società sovietica, si va avanti in modo incerto, fra cautele e diplomazie, dicendo e non dicendo. Con ciò si assommano Idue mail. Si tolgono al partito elementi di certezza che bene o male ne hanno nutrito l'esistenza, senza dargliene altri, alimentando cosi un'impressione di sbandamento e di precarietà. Lo stesso si può dire per l'opera di revisione ideologica. La si fa nel concreto, ma senza vedere chiaro In che direzione andiamo. Col risultato di affidarci a una pratica quotidiana, nella quale si rischia di smarrire anche quei punti di orientamento che Invece bisogna tenere ben fermi». E' un giudizio del 1978. Col senno di poi, si può davvero concludere die la biografia politica dell'avvocato Umberto Terracini può essere racdiiusa, in uno sforzo di sintesi estrema, nello slogan: dalla scissione (dal socialisti) allo strapipo (daWUrss). Paolo Garimberti 'u'sllu1lq
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