Cara nonna Rosselli

Cara nonna Rosselli LA TRAGEDIA DI UNA FAMIGLIA ITALIANA Cara nonna Rosselli 1 larvare), 31 dicembre 19-13. Gaetano Salvemini salve una lunga, amara lettera ad Amelia' Rosselli, che ha trovato come lui rifugio in esilio negli Stati Uniti, ma dopo l'assassinio dei figli Carlo e Nello, di poco precedente l'aberrazione delle leggi razziali: là in una vecchia casetta di stile «americano», al numero 9 di Clark Court a Larchmont. L'anno che si chiude ha visto la caduta di Mussolini, la svolta che Salvemini ha atteso e invocato per un ventennio. Eppure il grande storico non ha accolto, nel luglio, la notizia del «colpo di Stato»- della monarchia, che ha abbattuto il «duce», con particolare gioia o entusiasmo: due sentimenti che, dopo la'tragedia del terremoto di Messina, gli erano rimasti sconosciuti. «Gioire per la caduta di Mussolini? — si è chiesto il 28 luglio, confidandosi già con Amelia —. Mi è impossibile, quando penso che migliaia di donne, bambini, vecchi, uomini innocenti, dovevano essere ridotti in poltiglia dai bombardamenti aerei perché quest'uomo, sparisse». Ma se il passato, specchio e immagine della sua stessa vita, lo tattrista, e il futuro del «povero paese» che è l'Italia preoccuparlo, quasi ad angosciarlo. Intanto l'unità che esisteva una volta nel mondo an tifascista («quando non c'era speranza di salvezza per nessuno») si è rapidamente dissolta. Si leva potente una «destra» nel paese, pronta ad accettare rutto quello che viene da inglesi e americani: è soprattutto in America che si decidono i destini dell'Italia e soprattutto è a Roosevelt che. spetta «l'ultima parola)). E qui il pessimismo di Salvemini si accentua: «Se qualcosa'si potrà ottenere... bisognerà strapparlo a Roose-' velt... ma è come assalire una parete dell'Himalaya con uno stuzzicadenti». La lettera indirizzata da Salvemini ad Amelia, tratta dal l'intenso .carteggio, appare og.gi, nelle, pagine del libro che Aldo Rosselli, il figlio di Nel lo, ha dedicato a La Famiglia Rosselli ■ una tragedia italiana (Bompiani). Non è un libro di storia, non pretende di esserlo. E' il libro di uno scrittore indipendente e. con una vena di malinconia mai elegiaca; è un libro di trasfigurazione autobiografica di una storia vera, che coincide per tanta parte con la storia della moderna coscienza italiana. Aldo Rosselli aveva tre an ni quando il padre Nello, lo storico di Mazzini e Bakounin, lo storico di Carlo Pisacane e di Giuseppe Montanell fu assassinato a Bagnoles - de - L'Ome dalla «cagoulc» fasci sta di Francia, armata e ispirata dal governo di Mussolini («la tenebrosa e perversa cagou le», ricorda il presidente Petti ni nella commossa prefs zione). ud Nello viveva a Firenze, in una villa dove si rifletteva il decoro di una delle grandi famiglie di quella borghesia ebraica toscana, con ascendenze livornesi o pisane, che coincideva con una delle più civili aristocrazie del post-risorgimento. Era un antifascista domestico, militante nella severità del suo impegno di storico, quanto Carlo, il fratello maggiore di un anno (l'uno nato, nel 1900, l'altro nel 1899), era antifascista «leader» dell'emigrazione politica, combattente in Francia e in Spagna secondo il tracciato del f'uoiiuscitismo risorgimentale. A tre anni l'assassinio del padre; a quattro l'esilio. La nonna, appunto Amelia, con le nuore, con i figli di Carlo e Nello, riparata negli Stati Uniti d'America, ricongiunta agli amici del fondatore e realizzatore di «Giustizia e libertà»: quell'America degli Sforza, dei Tarchiani, dei Max Ascoli, dei Lionello Venturi, dei Salvemini, della «Mazzini Society» (e non a caso Amelia Rosselli, figlia di un ministro della Repubblica di DanieleManin nella Venezia del J849, discendeva dal nucleo familiare intimamente intrecciato alla «storia sacra» del mazzinianesimo, per l'ospitalità accordata al morente profeta dell'unità, sotto nome inglese, sullo sfondo dei lungarni di Pisa). Un'adolescenza difficile, con quel richiamo costante al «padre» e allo «zio» assassinati. Un'educazione di tipo rigido, tradizionale, pur nell'apertura politica ad una democrazia moderna: con una nonna. Amelia, che era il centro di tutto, nella casa di Larchmont non meno che di quella fiorentina dove la liberazione consentirà ad Aldo, undicenne, di tornare, frequentatore poi del liceo, come il babbo, sulle rive dell'Arno. E tutta questa esperienza ri vissuta sul filo della memoria: una memoria più favolosa che storica, ma con l'uso, singolare innesto che si presterà a discussioni ed anche a dissensi, di documenti autentici, di inediti effettivi, di frammenti di epistolari di casa. Utili solo allo scrittore per rievocare quel mondo, quell'umanità, quella a o , e , a civiltà tutta fondata su saldi valori nazionali c su un'etica familiare che potremmo definire, coi costumi di oggi, implacabile. Il maggiore dei figli di. Amelia, Aldo, era morto nel 1916 in guerra. Una famiglia, come quasi tutte le famiglie israclite, di accesi sentimenti patriottici, con qualche vibrazione nazionalista: ma riscattata dalla supcriore religione della tolleranza e dell'umanità. Un confine, quello fra patriottismo e fascismo, fissato subito, e senza equivoci, da quella prodigiosa nonna, che c al centro di questo volume (sia nel primo capitolo, «Una corrispondenza d'amore», sia nel penultimo, «L'esilio»). La vena di Aldo Rosselli non è mai agiografica. Non c'è mai, nella sua pagina, superbia (il cugino di Carlo e di Nello, Alberto Moravia, che ha scritto la prefazione, è arrivato a dissacrare addirittura, a forza di rifiutare la superbia, la tradizione libcral-dcmocratica della borghesia risorgimentale, chiamandola tutta «nazionalista»: perdoniamo al grande scrittore ed amico, daremo zero allo storico). Quel mondo è rivissuto con pudore, con discrezione, come un mondo irrisolto. Ma era, il mondo di Amelia Rosselli, un mondo di certezze: quelle evocate nelle pagine di Stefan Zweig o di Thomas Mann. Dalla mia biblioteca di Pian dei Giullari, leggendo questo libro, mi è venuta voglia di tirar fuori un libricino minuscolo, quasi un breviario, in tutto 120 pagine, edito da Bemporad, a Firenze, nel novembre 1920. Si intitola Fratelli minori. Autrice: Amelia Rosselli, appunto. E il titolo spiega tutto: «Fratelli minori», Carlo e Nello soprawissu ti ad Aldo caduto al fronte. E' un libretto di pensieri, di appunti, di capitoletti agili veloci: pagine già intrise di ombre e di fantasmi, già percorse da oscuri presagi. Si pensi alla fiaba della nonna, che affonda le radici nel tem po, risale alle grandi battaglie risorgimentali, per l'unità nazionale. Una fiaba che la nonna racconta malvolentieri: «Sbatte l'aria l'ala del primo sogno per l'unità d'Italia. Fremono le prime aspirazioni che sembrano follie, persecuzioni, inquisizioni, aspirazioni, oml>ra, silenzio. Il sogno si tramanda all'altra generazione... Mani tese nell'ombra ad afferrarlo, le anime piccoline se ne nutriscono». Quelle «anime piccoline» erano allora Nello e Carlo; più tardi sarebbero stati i figli dei figli, e poi... E poi... «Un binocolo rovesciato (1945)»: è il titolo della parte conclusiva del libro. Un balzo indietro nel tempo, un ritorno «Ila pri ma infanzia, un «sogno ad occhi aperti», animato e popolato da figure scomparse. Ma quante volte la storia non «un sogno ad occhi aperti»? Giovanni Spadolini